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La prima decisione giusta di Elon Musk su Twitter

E alla fine Elon Musk lascia perdere Twitter (BBC). È una decisione giusta del genere “stop loss”. Musk vuole smettere di perdere risorse inseguendo una chimera. Ma mentre appunto tenta di chiudere il rubinetto delle perdite finanziarie deve prepararsi a recuperare le perdute risorse di credibilità.


Fin dall’inizio, quando si era definito un “assolutista della libertà di espressione”, parlando di Twitter, Musk ha inanellato un’ingenuità dietro l’altra, smentendosi continuamente e dimostrando che Daniel Kahneman ha ragione: il pensiero controllato è raro e anche un vero e proprio genio spesso pensa in modo irrazionale.

Avevo messo in dubbio l’acquisizione fin dall’inizio in questo blog e altrove, come del resto molti altri osservatori. Ma il tema interessante non è tanto questo. Un affare si può condurre in porto o meno. Il tema interessante, a mio parere, erano le motivazioni di Musk. Che dimostravano un modo vistosamente superficiale di vedere le dinamiche dei media.

Non ci può essere un “assolutismo della libertà di espressione” perché quel sacrosanto diritto umano deve essere comunque relativo ad altri diritti umani, come il diritto alla privacy, a conoscere come stanno le cose, a vivere in modo sicuro, e altro ancora. L’assolutismo della libertà di espressione, non equilibrato da una sana consapevolezza su come stanno le cose, diventa facilmente una giustificazione per la diffusione di notizie false, di espressioni di odio, di meccanismi mediatici dannosi o tossici per le persone. Allo stesso modo, non si può essere banali sulla questione della chiusura dell’account di Donald Trump, il presidente accusato di avere istigato il violento assalto al Parlamento americano: in quel caso, le piattaforme private hanno dovuto prendere decisioni pubbliche di grande rilevanza, e probabilmente l’errore di fondo è stato proprio quello (vedi la discussione in questo blog). E infatti alla fine anche Musk ha ammesso che la libertà di espressione deve essere garantita ma solo nel quadro previsto dalle leggi. E a quel punto si è trovato imbrigliato in un altro problema: valgono solo le leggi delle democrazie o anche quelle dei regimi autoritari? Una domanda non peregrina visto che Musk ha esercitato la sua libertà di espressione per protestare contro le leggi sul mercato del lavoro in California ma non ha fatto altrettanto in Cina. Più problematicamente, Musk ha anche dato l’impressione di pensare come una persona di destra e questo – per quanto questa impressione possa essere ingiusta o anche insignificante – non ha giovato alla credibilità del suo progetto di acquisizione di Twitter – che doveva servire a migliorare la discussione pubblica – e neppure ad altri suoi business che sembravano motivati da obiettivi progressisti come il superamento dell’emergenza climatica (vedi la discussione in questo blog).

Il progetto di acquistare Twitter era insomma diventato incoerente nelle motivazioni, partigiano negli obiettivi politici, inconsistente dal punto di vista finanziario. Meglio bloccare le perdite. Giusta decisione. Adesso per Musk si tratta di recuperare la stima degli osservatori non partigiani. Ne ha le capacità. E questo bagno di umiltà, o meglio questa umiliazione, può aiutare a ripartire da un piano più credibile. IMHO.


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Foto: “Elon Musk” by dmoberhaus is licensed under CC BY 2.0.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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