È terminato il lavoro del gruppo che si è occupato per il Governo dell’odio online. Difficile trovare un argomento più emozionante e complesso. Coinvolgono le storie delle persone che subiscono l’odio. Coinvolgono persino le sofferenze che portano a odiare. Qualsiasi sia la policy che poi un sistema politico decide, non si può fare a meno di vedere quanto sia umanamente denso il fenomeno dell’odio anche nella sua declinazione online.
Da quello che ho capito, la libertà di espressione e il diritto a essere protetti dalla violenza, insieme a diversi altri diritti, devono trovare un equilibrio. E aggiustarsi al cambiamento delle condizioni storiche. Giustamente, quindi, è importante studiare l’odio anche per le sue manifestazioni tipiche dell’epoca digitale.
Le raccomandazioni sono orientate a sottolineare come la principale strategia per contenere l’effetto dell’odio sia culturale. La scuola, le famiglie, le aziende, i media, devono essere portati a occuparsi della questione in modo attento e con programmi chiari. Inoltre, ovviamente, occorrono idee giuridicamente corrette. Da questo punto di vista, la Commissione europea sta dettando la linea. Infine, ci possono essere proposte più lungimiranti: favorire la nascita di nuove piattaforme e nuovi modi per usare internet che creino spazi più liberi dalla violenza nella vita quotidiana dell’epoca digitale. Niente di tutto questo è facile. Ma sarebbe molto interessante leggere i commenti al rapporto appena uscito. Perché quel che è certo e che il lavoro sull’odio online non finisce con il rapporto di una commissione di esperti con i quali ho avuto l’onore di collaborare.
Il rapporto
Il rapporto si trova sul sito del ministero. (Questo è il pdf)
Vedi:
L’odio e altre trappole
La discussione sull’odio online
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