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La libertà di espressione e i veti del “politicamente corretto”: la trappola dell’individualismo

Le fonti di queste considerazioni sono persone che mi hanno raccontato alcune notizie senza peraltro autorizzarmi a citarle. Se vorranno essere citate me lo diranno e io dirò volentieri i loro nomi. Non c’è nulla di scandaloso in quello che mi hanno detto, salvo che qualcuno potrebbe trasformare le cose mi sono state dette in altrettanti motivi di stupida persecuzione online contro quelle fonti.


La libertà di espressione è un diritto essenziale che consente il dibattito più creativo intorno a qualsiasi argomento, generando le condizioni di una continua e profonda evoluzione culturale. Evidentemente meno sono le fonti di pensiero creativo, meno si può immaginare di vedere tale evoluzione culturale. Se tutti dovessero per assurdo conformarsi a un pensiero unico, la creatività verrebbe drasticamente ridotta e con essa la crescita della conoscenza.

Negli Stati Uniti in modo molto accentuato e in Europa in modo meno drastico si va diffondendo una cultura che da un punto di vista progressista si occupa di emendare il linguaggio e il dibattito da qualsiasi argomentazione che possa essere in qualsiasi maniera considerata violenta e offensiva verso qualcuno. Queste nuove norme linguistiche sono fatte valere con forte energia, talvolta violenza, da parte dei sostenitori. Che spesso si trovano nelle élite culturali universitarie.

Intorno a questo argomento riporto alcune osservazioni:

  • Una fonte che si è trovata a contatto con l’entourage di Elon Musk sostiene che la battaglia per la libertà di espressione che viene portata avanti dall’imprenditore sudafricano è proprio concentrata fondamentalmente contro le norme troppo soffocanti del politically correct inteso in modo violento e maniacale.
  • Un critico e grande conoscitore della cultura americana osserva che il politically correct negli Stati Uniti ha creato convenzioni comportamentali molto restrittive ma che soprattutto negli ultimi tempi si è sviluppato nel quadro di una crescente personalizzazione delle norme stesse. In questo senso, per esempio, qualsiasi persona può affermare di essere talmente fluida dal punto di vista del genere da poter cambiare sensibilità e identità più volte nel corso della vita. Quindi può sentirsi offesa e può affermare di aver subito violenza in base ad argomenti molto personali che crede di essere l’unica a poter valutare. Questo significa produrre una individualizzazione sempre più spinta dell’interpretazione dei diritti con una conseguente riduzione dello spazio del dibattito nella comunità: la massima soggettività non fa che generare diritti che sono difesi da gruppi sempre più ristretti.

Questa violenta difesa del “politicamente corretto” accompagnata dall’estremo individualismo in relazione ai diritti da difendere sta mettendo in difficoltà i diritti più “aggreganti” ed emblematici dell’approccio progressista alla politica, come quelli delle donne o quelli degli afroamericani. Se l’approccio progressista si dovesse sgretolare in una miriade di piccoli gruppi il campo della destra non avrebbe che da rallegrarsene. Tanto che secondo alcuni, non sarebbe tanto impensabile che questa individualizzazione dei diritti venga di fatto da una manovra della destra. Naturalmente quest’ultimo aspetto appare totalmente privo di basi se non deduttive. L’unica cosa abbastanza certa è che, come mostra Sara Monaci nel suo libro “Odio Social” (Egea 2022), c’è un’opposizione ideologica forte nella destra estrema americana contro il “politicamente corretto” nella sua versione “aggregante” (pagina 22-23).

D’altra parte, la diffusione di disinformazioni, teorie del complotto, discorsi di odio, sono tutti fenomeni della frammentazione di quella che un tempo si poteva definire “opinione pubblica”. E questa frammentazione, che si sviluppa in un contesto culturale favorevole all’estremizzazione dell’individualismo, si incrocia con alcune caratteristiche degli algoritmi e delle interfacce delle piattaforme sulle quali si sviluppa il dibattito, da Twitter a YouTube, da Facebook a TikTok a altre, che servono a sviluppare proprio i servizi più personalizzati e ad accentuare i caratteri culturali precedentemente apprezzati dagli utenti, con un rischio evidente di polarizzazione e radicalizzazione delle opinioni. La divisività della comunicazione dell’estrema destra e la frammentazione del dibattito progressista in mille rivoli sono andati di pari passo con una sorta di assuefazione alle istanze di principio in generale con la conseguente rinuncia a discernere quelle che posso avere una funzione di modernizzazione e crescita della qualità della convivenza civile.

Nello stesso tempo, alcune questioni di carattere generale, si possono porre soltanto superando l’estremismo individualista: il cambiamento climatico, l’inclusione sociale, la qualità del dibattito civico.

Ebbene.

Che cosa si può immaginare che succeda nel futuro, a partire da queste considerazioni? Ovviamente, la prima idea che che tutto continui come ora, accentuandosi. La seconda idea è che la tendenza cambi, per opera di persone sagge. Sono entrambe idee vagamente improbabili. La soluzione storicamente più probabile è che ci sia una tendenza di fondo piuttosto difficile da cambiare ma con la possibilità di dare una sterzata dal punto di vista della comprensione dei fenomeni, premessa di una rielaborazione delle progettualità strategiche.

Alla luce dell’approccio che si riferisce alla “ecologia dei media” possiamo dire che:

  • L’esperienza che gli umani fanno della vita è sempre più “mediata” da tecnologie coinvolgenti e invasive
  • La mediatizzazione aumenta drasticamente l’importanza strategica della progettazione degli strumenti mediatici
  • Allo stesso modo, la mediatizzazione aumenta drasticamente l’importanza strategica delle motivazioni con le quali si adottano quegli strumenti mediatici, come persone e come imprese
  • La progettazione delle innovazioni mediatiche e le motivazioni dell’adozione di quei media sono fenomeni che avvengono nel quadro delle grandi narrative prevalenti
  • Se l’azione consapevole degli umani ha un valore, la premessa per poter influire sulla qualità della convivenza civile passa per la comprensione dei valori che si trovano implicitamente nelle narrazioni che guidano la progettazione dei media e le motivazioni della loro adozione.

Una delle grandi svolte da sostenere è quella che potrebbe aiutare a superare le narrative basate sull’idea che le persone siano meri individui, posti di fronte alla vita come a una gara nella quale si vince o si perde. Una svolta che con questo superamento aiuti a riconoscere che le persone sono comunità. La pluralità delle dimensioni dell’esperienza umana è storicamente dimostrabile, ma può diventare anche la base per una nuova struttura delle identità che favorisca l’adozione di punti di vista comuni, oltre la monomania dei bisogni personali.

Il cambiamento climatico, la ricomposizione della convivenza civile, l’inclusione sociale, la redistribuzione della conoscenza, sono temi che si pongono soltanto se le menti connesse riescono a pensare insieme, trovando un terreno comune.

Il tema della libertà di espressione si pone in modo diverso, dunque: cioè si contestualizza non in una filosofia individualista ma in una concezione di comunità del dibattito. La libertà di espressione non è assoluta ma relativa al diritto a un metodo di qualità nel dibattito civico. La mediazione diventa la costruzione di piattaforme al servizio di quel metodo. Il che significa che la diversità delle opinioni cessa di essere divisione dei gruppi sociali: grazie al rispetto delle diversità dei punti di vista e al metodo comune per discuterli e trovare una sintesi sensata che conduca alle azioni.

Il futuro è la conseguenza di quelle azioni.


Libri recenti:

  • Cosimo Accoto, Il mondo in sintesi. Cinque brevi lezioni di filosofia della simulazione (con un contributo di Alex “Sandy” Pentland), Egea 2022
  • Frank Rose, Il mare in cui nuotiamo. Lo storytelling strategico in un mondo governato dai dati, Codice 2022
  • Sara Monaci, Odio social. Tecnologie e narrative della comunicazione in rete, Egea 2022

Foto. “FREE SPEECH” by Newtown grafitti is marked with CC BY 2.0.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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