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La cultura fa bene alla salute

Oggi ho conosciuto alcune storie straordinarie. Un’Asl di Alessandria che si occupa sistematicamente di “medicina narrativa”, un’associazione del vercellese, Dedalo, che aiuta ad apprendere abitudini di vita più sana pensando soprattutto alle persone anziane, un centro di ricerca e azione genovese, Casa Paganini, che unisce ingegneria e scienze sociali per sviluppare conoscenza sulla comunicazione non verbale e tutti i suoi significati generativi, tra neuroscienze, arte e “risonanza estetica”… Tutte esperienze avviate da tempo ma che vorrei conoscere meglio. Perché non se ne parla di più? Qual è il problema che ci fa conoscere tanto più probabilmente i disastri della nostra società, mentre queste conquiste vivono sottotraccia?

Le ho incontrate grazie a un’iniziativa sul rapporto tra cultura e sanità della Compagnia di San Paolo, di Torino (faccio parte immeritatamente del comitato scientifico del progetto). Partito da una documentazione scientifica di notevole solidità, che dimostra come l’accesso alla cultura migliori la salute delle persone e sia una forma di cura per chi non sta bene, il progetto ha messo in fila alcune esperienze che sviluppano in pratica il concetto.

E alla fine si resta con la domanda iniziale. Perché non ne parliamo abbastanza? Distrazione, information overload, impreparazione di chi produce i contenuti sui media. E poi preferenza per la polemica, la cattiveria, il pessimismo, nelle storie mediatiche che cercano più di fare click che servizio. Ma c’è anche il fatto che chi si occupa di servire la società, di solito, è impegnato a farlo e non pensa di doverlo far sapere. Invece, questo sarebbe un ulteriore servizio alla società, che scoprirebbe così di non essere bacata come sembra e neppure di essere condannata al declino come si teme.

Non è tanto questione di concentrare gli sforzi per convincere un giornalista o un influencer a scrivere queste storie. Anche perché alla fine un pezzo non cambia la vita di nessuno, di solito. È questione di progettare l’azione socialmente impegnata in modo che tutte le sue componenti comunicanti, comunichino. Si tratta di far vedere quello che si fa, mentre lo si fa. Spettacoli e cultura nel setting dell’ospedale è un’attività curativa, insegna a vivere bene, ma in più è perfettamente comunicante. Fare open days per la medicina narrativa in ospedale, oppure online, è parte integrante del processo curativo avviato ma ha una forza comunicativa notevole. Creare le condizioni per vivere esperienze museali con l’accompagnamento di quanto sviluppato con gli anziani di un’RSA per produrre esperienze di “risonanza estetica” avrebbe un potere magnetico sull’attenzione, probabilmente. Sono storie delle quali ho appreso l’esistenza, ho compreso l’importanza e non racconto per non tagliare la strada alla sorpresa che certamente genereranno: sono storie delle quali viene voglia di sapere di più. Sono storie che curano con la cultura. Hanno un enorme futuro. Vanno ascoltate.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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