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Qualità dell’informazione come progetto

Con la vicenda Trump il dibattito sulla disinformazione in rete è diventato imponente. In alcuni post precedenti si sono citati diversi autori che se ne occupano. Le osservazioni più frequenti degli analisti più attenti si concentrano sulla tendenza dei social network a dividere il pubblico in gruppi di persone che si assomigliano rendendo più probabile la diffusione di notizie gradite in quei gruppi, indipendentemente dal fatto che siano vere o false. Molti commentatori meno attenti si limitano a lamentare la disinformazione e a prendersela con internet, il web, la dipendenza dal cellulare...

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La realtà è una sola. Ma vista dalla mediasfera non sembra. È un problema

La realtà è una sola. Per definizione. Ma per gli umani invischiati nel labirinto della mediasfera, dove applicano diversi modi per conoscerla, la realtà è un multiverso o, più pragmaticamente, un insieme di frammenti di realtà. Questo post raccoglie alcune letture in materia. I media c’entrano. Marshall McLuhan ha introdotto un libro sulla seduzione subliminale con un testo importante del 1972 nel quale fa comprendere come i media siano parte della costruzione dell’ambiente culturale nel quale viviamo e dunque contribuiscono alla comunicazione in modo subliminale, osservando che...

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“Documentary proof seems to have lost its power” (New York Times)

Invece di mettere insieme i punti di vista per arrivare a una rappresentazione comune della realtà, viviamo in un multiverso di realtà distinte e separate in base ai diversi punti di vista e sistemi di opinioni. Un pezzo di ieri sul New York Times in proposito va letto. Vi si citano le osservazioni empiriche di Quattrociocchi sulle eco-chamber, non mancano gli studi contrastanti, ma soprattutto si va notare la perdita di importanza delle prove documentali: Documentary proof seems to have lost its power. If the Kennedy conspiracies were rooted in an absence of documentary evidence, the 9/11...

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L’asimmetria della trasparenza. La realtà autoritaria dell’ingiustizia informativa

Catherine Taylor vive in Arkansas. La società ChoicePoint che raccoglie dati sulle persone e li rivende sul mercato della reputazione ha erroneamente registrato un’accusa di traffico di metanfetamine a carico di Catherine Taylor. Immediatamente Catherine ha incontrato difficoltà a ottenere un prestito per comprare una lavatrice. Poco dopo ha trovato impossibile ottenere un lavoro. L’errore nella sua scheda si è diffuso su molti database e per Catherine la vita è diventata impossibile. Ha ottenuto la correzione dell’errore, ma a quel punto troppi archivi lo riportavano a loro...

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Ancora sui robot giornalisti

Si sa che l’intelligenza artificiale è usata anche per scrivere articoli giornalistici. Diverse soluzioni software sono già utilizzate da Associated Press, Forbes e altri per fare articoli automaticamente sulla base dei dati disponibili e di una capacità linguistica automatizzata in continua evoluzione. Ne parla in un pezzo da leggere Andrey Miroshnichenko, autore di Human as media. The emancipation of authorship. Comincia con una gara tra un un umano e un robot. Questo ha vinto per velocità e apparente accuratezza, l’umano ci ha messo un po’ più di metafore. La strategia...

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Eurocopyright: può essere una vittoria della lobby editoriale ma non la salverà

La proposta direttiva sul copyright è controversa (Sole). Le sue componenti qualificanti a quanto pare sono: 1. gli editori hanno nuovi diritti da vendere, per esempio il diritto agli snippets (quelle due righe che un aggregatore usa sotto il link a un articolo per spiegare che cosa contiene) 2. i ricercatori e gli educatori possono usare i materiali soggetti a copyright per fare ricerca ed educazione 3. alla lunga i diritti dei prodotti video dovranno avere un mercato unico europeo (ora si devono comprare stato per stato). La questione degli snippets è chiaramente ridicola. Se Google non li...

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Google. Automazione applicata ai titoli di articoli, post, video

A Google studiano l’automazione della scrittura di titoli. Si tratta di fare sommari, estrarre una parte essenziale, astrarne il valore perché sia generalizzato. Gli umani lo fanno, bene o male, da sempre. L’intelligenza artificiale sta imparando, a quanto pare: Rise of the robo-journalists? Google teaches an AI the art of writing a good headline. Intanto, Kuo-Hao Zeng, Tseng-Hung Chen, Juan Carlos Niebles, Min Sun, a Stanford, studiano l’intelligenza artificiale applicata alla scrittura di titoli per video: Title Generation for User Generated Videos. Mentre si fanno...

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Le gabbie dorate dei media digitali e il giornalismo: una storia del futuro

Il mondo digitale è diventato un argomento per i giornali generalisti nei primi anni Ottanta, quando è partito il fenomeno dei personal computer. Ma era un argomento assolutamente marginale. Almeno fino ai primi anni Novanta, in quei giornali, si faticava a ottenere spazio per qualunque articolo, persino un’intervista a Bill Gates. In America c’era qualcosa di più, non moltissimo. In Italia, Franco Carlini e pochi altri. Il genere del giornalismo interessato alla tecnologia digitale si è presto diviso tra i molti articoli per impallinati, con riviste specializzate per tirar fuori...

La disinformazione online e quello che possiamo fare. Quattrociocchi, Pariser, Menczer, Fournier, Quelch, Rietveld

La disinformazione non è nata con internet e tanto meno su Facebook. Gli esempi non mancano. Il caso Boffo è stato costruito sui giornali di carta e da giornalisti che non avevano molte idee sul digitale (Feltri su Repubblica). Il caso Telekom Serbia fu ingigantito dalla televisione posseduta dal capo di un importante partito italiano (Wikipedia). Ma ci sono anche casi più importanti e recenti: se la Brexit è un disastro politico tra le sue cause c’è la disinformazione portata avanti nel tempo dai giornali di carta più popolari in Inghilterra e Galles (questo blog). Il problema non è...

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Che senso ha parlare di politica su Facebook

Una ricerca Atlas pubblicata anche da QZ mostra come si comportano gli utenti di Facebook con i post che riguardano le opinioni politiche di chi li scrive. In pratica, solo una incredibilmente piccola minoranza dice che ha cambiato idea su un argomento politico dopo aver letto un post su Facebook (15% di indipendenti, 8% di democratici, 6% di repubblicani). Queste percentuali si spiegano soltanto in due modi: 1. Su Facebook non si trovano notizie e argomentazioni che illuminano un tema che si conosce poco 2. Su Facebook non si cercano notizie e argomentazioni che illuminano un tema che si...

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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