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A proposito di Uber Italia. Quattro scenari. Progresso, fascismo e deviazioni varie

La vicenda del presunto caporalato a Uber Italia è indicativa. Non è che il progresso coincida con l’avanzata del digitale. Secondo l’accusa, alcuni dipendenti di Uber Italia usavano proprio la tecnologia digitale per operare un terribile sfruttamento ai danni di lavoratori precarissimi e molto bisognosi. Del resto, la tecnologia digitale non ha impedito a Facebook di disinteressarsi tanto della privacy da consentire a Cambridge Analytica di manipolare le elezioni americane manipolando le informazioni a disposizione di milioni di cittadini. In fondo, la propaganda che sfrutta i momenti di debolezza delle persone, favorendo l’odio, la falsità e la banalità, funziona benissimo sul digitale. Insomma, la tecnologia digitale consente servizi meravigliosamente comodi e intelligenti, ma anche crimini meravigliosamente efficienti ed efferati.

Occorre porre bene la questione programmatica, dunque:
1. Il digitale non coincide col progresso. Ma la mancanza di digitale coincide con l’arretratezza.
2. Il digitale è progresso se in un contesto direzionato bene. Certamente aiuta dire che è la tecnologia che abilita, per esempio, una trasformazione verso la sostenibilità
3. La sostenibilità come obiettivo senza tecnologia come strumento non si raggiunge.
4. Le trasformazioni consentite dalle tecnologie non sono mai incardinate in una dinamica rigida: chi dice che oggi il progresso è verde e digitale dimentica la biotecnologia. E la robotica. E le nanotecnologie. E la neuroscienza… e la fisica delle particelle… e l’astrofisica… tutte scienze connesse e abilitate dal digitale ma nello stesso tempo autonome e profondamente abilitanti.
5. La negazione della scienza è oscurantismo. Ma la scienza – delle reti per esempio – può essere messa al servizio dei peggiori programmi oscurantisti.

Insomma. Come si diceva, il progresso richiede innovazione e direzione consapevole e orientata al vantaggio comune. Mentre la mancanza di innovazione e la gestione del potere fine a sé stesso pongono le precondizioni di un nuovo fascismo. D’altra parte, un sistema decisionale che si arroga il diritto di dare una direzione senza sentire il bisogno di adattarsi al cambiamento innovando continuamente finisce col diventare una tecnocrazia burocratica. E un sistema guidato dalla finanza acefala può essere capace di ogni innovazione ma è privo di direzione e tende a diventare una tecno-finanza capitalista dominata da monopoli e parossisticamente polarizzata.

Quale di questi scenari è reso più probabile dalle scelte operate di questi tempi? Non è ancora tempo di rispondere pienamente. Ma è tempo di comprendere che quello che si decide adesso ha la possibilità di condurre in uno scenario piuttosto che in un altro.

Nel pieno della peggiore recessione della storia recente e assistendo alle decisioni di politica economica che muovono più denaro degli ultimi trent’anni, emerge con desolante urgenza il bisogno di capire se il paese ha una direzione e sta innovando per perseguirla o se semplicemente se va alla deriva nel tentativo di conservare un po’ di quello che c’era prima della crisi.

Quello che si decide in questi giorni ha a che fare in modo preciso con lo scenario che si vivrà nel prossimo futuro. Andiamo verso il progresso o il fascismo, oppure la tecnocrazia burocratica o il capitalismo tecno-finanziario?

Si possono fare alcune ipotesi e mi piacerebbe trovare il modo di verificarle con persone che ne sanno più di me. In un contesto relativamente chiuso:
1. Se ci si limita a dare soldi a chi li ha persi nel corso del lockdown senza fare altro, direi, si conserva ma non si innova.
2. Se ci si limita a tagliare le tasse il vantaggio è proporzionale in modo esattamente opposto alla proporzionalità delle tasse attuali.
3. Si investe in educazione, ricerca, economia della conoscenza, infrastrutture abilitanti, si scommette sull’innovazione
4. Se si elabora una spiegazione articolata della direzione da prendere in modo da dimostrare che le misure portano vantaggio a tutti c’è una possibile direzione comune
5. Se si spiegano le misure in modo da dimostrare che accontentano le singole categorie si tende a non avere una direzione ma a dipendere dalle spinte dei poteri esistenti.

Naturalmente in un sistema aperto le cose cambiano leggermente:
1. Dare soldi a chi li ha persi significa innovare poco e consentire la fuga di capitali per chi esporta e comprende che altri paesi hanno una direzione più chiara e un’innovazione più forte
2. Tagliare le tasse significa poter attrarre capitali stranieri ma anche liberare capitali locali per qualunque utilizzo: in assenza di direzione qualunque utilizzo non garantisce che alla fine l’allocazione sia quella giusta (in assenza di un mercato perfetto si può investire in un’Uber che può finire nel caporalato o in un’IIT che genera robotica avanzatissima) ma il potere della finanza supera tutti gli altri portando probabilmente verso la tecno-finanza capitalista autoreferenziale
3. Se si usano le risorse pubbliche per investire si ottengono effetti più ampi e di più lunga durata di quelli che si ottengono con il semplice sostegno al consumo (gli investimenti moltiplicano le risorse di un fattore superiore a uno, i consumi di un fattore inferiore a uno, perché una parte del reddito è sempre risparmiata) ma questo porta i redditi da esportazione a restare nel paese, magari attraendo capitali da fuori
4. Se si elabora una direzione che libera risorse da investire in infrastrutture abilitanti il vantaggio che ne risulta per ampiezza e durata rafforza la direzione stessa verso il progresso e attira capitali dall’esterno
5. Se si lavora categoria per categoria vincono i forti e perdono i non rappresentati, con un effetto distorsivo notevole sul futuro, si rafforzano le rigidità avviando nella migliore delle ipotesi una tecnocrazia, con pochi scambi con l’esterno, rafforzando il potere locale.

Quello che si è visto fin qui è abbastanza chiaro. In Italia si tende a rafforzare un sistema tecnocratico o conservatore, anche se non mancano i richiami verso il progresso: ma la complicazione del sistema è tale che molto dipende dal contesto internazionale. In Europa a livello di Commissione si favorisce una direzione, almeno a parole, che alimenta le probabilità di progresso, mentre a livello di relazioni tra stati la situazione è ancora ambigua. Alcuni paesi stanno scivolando verso forme autoritarie compatibili con un futuro nuovo fascismo, come l’Ungheria. Altri paesi sono concentrati sulla direzione che vogliono dare al loro destino come Francia e Germania. Altri ancora lasciano il potere al capitalismo, come l’Olanda e altri. Infine gli ultimi dipendono dagli altri paesi e dalle logiche che li condurranno alla fine a prendere le decisioni comuni: l’Italia appunto non ha ancora espresso una direzione, il governatore della Banca d’Italia, lo ha chiarito molto bene.

Il punto è che la direzione deve contemporaneamente abilitare l’innovazione e indirizzarla in modo tale da tener conto non solo dell’avanzamento tecnologico ma anche delle sue motivazioni umane: digitale e biotecnologico possono essere strumenti essenziali in una direzione verde e sostenibile, ma possono generare situazioni da incubo se non sono accompagnati da valori e consapevolezza. Se manca una di queste cose si casca in una situazione poco piacevole. Non sappiamo ancora quali siano le probabilità dei singoli scenari, ma possiamo connettere le tendenze alle scelte principali. Prendere la strada del progresso non è poi così difficile: occorre saperla definire e volerla perseguire.

Vedi in questa serie:
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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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