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Perché leggere François Taddei sull’apprendimento nel XXI secolo

E la sofferenza soffocante che molti dichiarano di provare quando cercano di seguire l’infinito flusso di frasi del dibattito contemporaneo sui social network è collegata alle qualità tecnica fondamentale dei micropost che si trovano in quei contesti di rete: devono cercare un successo immediato; non possono ricostruire un contesto dunque hanno bisogno di vivere in un sistema di idee precosistituito; il che significa che spesso devono rifarsi a convizioni acquisite, lineari, preconcette; non hanno alcuna efficacia se si pongono come elementi di una ricerca che tiene conto della complessità, aperta, senza certezze.

Nei contesti delle piattaforme prevalenti, resta difficile parlare di complessità. Anche perché bisogna ammettere che la complessità in astratto è meno interessante della complessità applicata: ma per parlare di questa non basta una frase, occorre almeno una microstoria, se non un trattato. Eppure l’adozione di un pensiero consapevole della complessità è la premessa essenziale per qualunque discorso sensato nella contemporaneità.

La scienza della complessità è tanto affascinante quanto poco popolare. Argomenti di cui si parla spesso, dai Big Data all’intelligenza artificiale, dal sistema finanziario al clima, soprattutto al clima, si comprendono soltanto se si pensa la complessità. La serie delle pubblicazioni recenti degli studiosi del Santa Fe Institute dimostra di che cosa stiamo parlando: https://www.santafe.edu/research/results/books. L’evoluzione darwiniana e le sue applicazioni moderne si comprendono soltanto in un approccio alla complessità.

Le banalità di chi sostiene di sapere che una cosa ne causa un’altra e che si leggono ogni giorno sui social network è lontana molti chilometri dalla semplicità di chi cerca di immergersi nella complessità e di emergerne con qualche ipotesi documentata e priva di pregiudizi.

La sola parola che comprendiamo bene e che è fatta essenzialmente di complessità è una parola essenziale per la nostra contemporaneità. Dall’economia alla politica c’è bisogno di pensare tenendo al centro questa parola. Ecologia.

L’ecosistema è il luogo delle dinamiche essenziali oggi. L’ecologia ci aiuta a comprenderlo. Alcune letture sono fondamentali.

La storia delle Annales implicava pionieristicamente un approccio “ecologico”: doveva essere una “histoire totale” per mostrare la complessità delle relazioni tra tutte le dinamiche della vita sociale, in una pluralità di durate che certamente conduceva ad abbandonare il vecchio approccio lineare, cronologico, per indagare pazientemente sulle mille relazioni tra i fenomeni che danno vita e senso alle civiltà (Storia).

Fin dal 1972, gli umani sanno quali sono le conseguenze della crescita lineare che non tiene conto della complessità delle relazioni tra i fenomeni nell’ecosistema: “I limiti dello sviluppo”, il mitico libro del Club di Roma e dell’Mit, ha aperto gli occhi a chi li ha voluti aprire sul rischio globale che li consumo di risorse limitate sul pianeta sta creando. Il riscaldamento globale e il cambiamento climatico sono il frutto della stessa storia che si raccontava già mezzo secolo fa (Limiti dello sviluppo).

Il pensiero ecologico si estende oggi al pensiero filosofico. Luciano Floridi può dire che, nell’infosfera, l’etica è ecologica, perché non esiste un progetto di qualità delle relazioni umane che non tenga conto delle dinamiche complesse per le quali si può arrivare a compiere le sole scelte eticamente sensate: quelle che fanno vincere tutti e non solo qualcuno (Sole 24 Ore).

Media ecology: oggi non si fa che parlare di come si possa contrastare la perdita di qualità del sistema mediatico. Ma è chiaro che il tema non si affronta se non in modo ecologicamente consapevole. Qualcuno può essere tentato di dire che l’ambiente mediatico è un ambiente percepito, non naturale, e dunque un po’ meno che reale. Ma se questa era un’idea discutibile ai tempi di McLuhan e Postman, oggi nel mondo digitale è sempre meno difficile da digerire: in fondo la distinzione tra naturale e artificiale è sempre meno utile, la capacità umana di modificare l’ambiente è enorme, la forza dell’ambiente digitale come protesi e persino parte integrante del corpo umano è dimostrata, la possibilità di una comprensione umana dell’ambiente indipendente dai media che usano per vivere – per essere quello che sono – diventa sempre meno ragionevole… L’ecosistema reale nel quale gli umani vivono è insieme naturale, culturale e digitale. Le nicchie eco-culturali alle quali gli umani si adattano sono fatte di natura, cultura e media. E quando gli umani riescono a modificarle, innovando per crearne di nuove è attraverso i media e la cultura che agiscono. Niente è definitivo e di tutto questo si può discutere più profondamente, ma un fatto è certo: il destino degli umani è legato alla loro comprensione del sistema dei media come ecosistema e alla loro capacità di agire sull’ecosistema in modo intelligente. (Media Ecology).

Ma al di là delle letture occorre una progettazione profonda del sistema con il quale si fa educazione. Il design è la disciplina pratica che più esplicitamente si struttura per tener conto della complessità. Il design dell’educazione sta diventando una disciplina strategica (Scuola della comunità).

L’educazione alla complessità resta un tema da raccontare meglio. Da seguire in proposito il
Complexity Education Project.

Ed è assolutamente da leggere il libro di François Taddei: Apprendre au XXIme siècle, Calmann Lévi 2018. L’autore è un biologo. Si occupa di motivare e progettare concettualmente “la società che sa apprendere” per un “pianeta che sa apprendere”. Parte da buone domande. Si conclude con una serie di risposte che descrivono una cultura della complessità e una pratica dell’apprendimento senza fine, il solo che ha senso. Tra queste risposte: “le verità scientifiche sono transitorie”, “le barriere tra le discipline sono fatte per essere abbattute”, “il bisogno di etica è onnipresente”, “l’intelligenza collettiva è più forte dell’intelligenza artificiale”. Sono i principi pratici di un’umanità che cerca di ritrovarsi. Perché le sfide sono inedite. L’industrializzazione aveva trasformato molto, dalla società all’economia e alla cultura. Ma la tecnologia contemporanea trasforma la biologia.

Sono i temi e i principi per i quali il nuovo sistema educativo da progettare supera le barriere che separano il tempo dell’apprendimento da quello dell’azione. E sono nello stesso momento urgenti e importanti. I robot che si riproducono (magari dotati di stampanti 3D o direttamente per via biologica) sono già più che un progetto, dice Taddei. Le modifiche genetiche ereditabili sono fattibili e casomai è difficile comprenderne tutte le conseguenze. L’etica e l’educazione non si possono pensare in questo contesto senza un approccio evoluzionistico, complesso, scientificamente umanistico, umanisticamente scientifico…

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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