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Aperto, connesso, confuso e migliorabile

Il sistema delle notizie al momento è molto confuso, dice il 64% gli americani che hanno risposto al sondaggio Pew uscito qualche giorno fa. Il 24% dice che c’è un po’ di confusione. Solo l’11% degli americani dice che non c’è nessun problema: e possono essere i supercompetenti o i superdisinformati. Quindi lo pensano sia gli elettori di Trump che quelli di Clinton. Molti di loro pensano di essere capaci di identificare le notizie false: il problema riguarda gli altri. Un quarto di loro dice di avere comunque creduto a notizie false e di averle condivise online.

La sorgente della confusione è ovviamente nel sistema dei media. Non è facilissimo capire come risolvere.
1. Le testate attendibili sono mescolate con testate inventate che hanno le apparenze di testate attendibili, sia per quanto riguarda l’attualità (come è sempre successo) sia per quanto riguarda la scienza (un fatto un po’ più nuovo).
2. Le fonti attendibili sono mescolate a quelle ideologiche, come si vede nel mondo dei think tank ma non solo. Le notizie promozionali sono mescolate alle notizie analiticamente indipendenti. Gli analisti documentati e che studiano si trovano insieme a venditori di fumo camuffati da analisti.
3. La bravura nel comunicare è indipendente dalla qualità informativa di ciò che si dice, anzi: se per convincere occorre apparire convinti, i veri ricercatori sono un po’ in difficoltà poiché coltivano un dubbio metodologico essenziale, mentre i veri truffatori sono facilitati perché si adattano al bisogno di certezze dell’uditorio
4. Le piattaforme maggiormente utilizzate per la diffusione di notizie non sono fatte per distinguere la qualità dell’informazione e non incentivano la qualità dell’informazione: sono fatte per coltivare relazioni e per sostenere il valore dei brand o dei nomi attraverso la notorietà e le azioni di ingaggio facile come la condivisione.
5. I custodi del metodo che serve a discernere l’informazione di qualità – archivi, biblioteche, musei, università, giornali – sono in netta crisi per non aver saputo rispondere per tempo al cambiamento mediatico e ora sono alla rincorsa: probabilmente dovrebbero fare il salto nella prossima epoca, quella nella quale le persone soffriranno tanto della “confusione” da aver bisogno davvero di conoscere bene il metodo con il quale si estrae informazione di qualità e di poter attingere a un servizio orientato specificamente alla gestione dell’informazione di qualità. Potrebbe essere la prossima grande cosa da fare online per innovare: chi la pensi in funzione di un ritorno al passato sbaglia; chi la pensa come un’innovazione intelligente può farcela.

La ricerca Pew ha il merito di mettere in chiaro un fatto essenziale. La post-truth non è soltanto il problema dovuto al fatto che circolano notizie false. La grossa conseguenza della post-truth è la confusione tra le notizie false e quelle vere, la difficoltà di discernimento, il conseguente abbassamento della credibilità di qualunque notizia, la formazione di sistemi di realtà apparente alternativi e incompatibili, la riduzione o l’abolizione dello spazio pubblico civico, l’impossibilità delle decisioni dei cittadini informati. In un contesto nel quale si confrontano interpretazioni becere del populismo e del tecnocraticismo, una sana innovazione politica ha bisogno di potersi confrontare con fatti accettati. In mancanza di questo si va a caso. La partecipazione sta già aumentando perché i cittadini hanno capito che occorre fare qualcosa. La confusione sistemica è più pericolosa della presenza di qualche menzogna in rete, perché abbatte il valore della ricerca di informazioni fatta bene. E persino della pubblicità leale. La bonifica è urgente. Non sarà fatta dai protagonisti esistenti ma dall’interazione con nuove condizioni incentivanti, introdotte da innovazioni serie. Che tengano conto della straordinaria generatività dell’apertura all’accesso e alla condivisione resa possibile dalla rete, ma recuperi e riconosca il valore del lavoro di analisi critica e di ricerca documentale che serve alla qualità dell’informazione che si condivide e si confronta apertamente. È chiaro che il processo necessario non è banale. Ma il tema è posto e i cittadini lo hanno ben compreso.

Ancora una volta segnalo il libro di Bill Kovach e Tom Rosenstiel, Blur. How to know what’s true in the age of information overload, perché è un lavoro che aiuta a definire una strategia di autodifesa sociale nei confronti dell’inquinamento mediatico. La progettazione delle piattaforme del futuro e dei sistemi di gestione dell’informazione di qualità in un contesto di ecologia dei media ha bisogno di ulteriore riflessione. E di azione.

Vedi:
Innovazione per il giornalismo di interesse pubblico. Anche in Italia

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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