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Programma pro-verità per ecologisti dei media

Nel mondo della post-verità, si diffondono molte notizie false. E parallelamente perdono credibilità le notizie vere. Semplicemente entrano nel grande minestrone. Il punto è che questo rende meno rilevante il lavoro di chi cerca notizie vere e di chi promuove valori autentici.

Stiamo parlando di un problema che comincia ad essere risolto solo quando la società se ne accorge. La vittoria disinformata di Brexit, il blitz bugiardo di Trump, la confusione semantica del RefeRenzi con il no come somma maggioritaria di visioni minoritarie e di punti di vista particolari, sono tutti episodi della democrazia-post-verità. Questo ha fatto in modo che la società si rendesse conto. Mark Zuckerberg di Facebook ha detto di voler prendere provvedimenti algoritmici e di volersi accodare con i factchecker esterni per ridurre la potenza di Fakebook. Twitter ci lavora. Google è più avanti. Ma la soluzione non è algoritmica: fatta una regola hakerato l’inganno.

In questo contesto, chiunque faccia promozione di un’idea autentica, di un prodotto sinceramente ben fatto, di un servizio di valore, troverà i suoi messaggi immersi in un contesto pieno di boiate.

La condizione emergente per l’ecologia dei media non è sostenibile. Per far passare un messaggio si devono mettere in campo risorse sempre più imponenti, persone che passano il tempo a smentire i fake online e i troll nei social, algoritmi che devono tenere sotto controllo il “sentiment”, costi della pubblicità crescenti rispetto al rischio di risultati decrescenti, diffusione di informazioni inaccurate e crisi economica dei sistemi di produzione di informazione accurata.

Una società frammentata in tribù convinte delle loro opinioni e disabituate a verificarle non avrà più la certezza di vivere nella stessa realtà. Le decisioni peggioreranno. Il feedback non sarà immediato. In fondo questa è la prosecuzione della divisione della società fondata sul marketing che ha pensato la società come un insieme di diversi target che non avevano molto in comune e che sono stati sviluppati identitariamente dalle manovre manipolatorie della realtà affinate nell’epoca della televisione commerciale. Da questo punto di vista ciò che si fa sulle piattaforme “social” oggi è più capillare ma simile. Di certo, i problemi delle economie e delle società occidentali non discendono solo da questo. Ma questo rende più difficile risolverli. La correzione dovrebbe avvenire dopo la presa di coscienza del collegamento tra la persistenza dei problemi e la insufficiente qualità dei media sui quali si sviluppano le informazioni in base alle quali i problemi si dovrebbero affrontare. E dunque che fare?

Primo. Connettere la difficoltà di affrontare e risolvere i problemi sociali alla difficoltà di conoscere i fatti. Questa consapevolezza, individuale e sociale, è una premessa di fondo per ogni azione correttiva.

Secondo. Sviluppare una forma di auto-aiuto per le persone immerse nella società della post-verità. Come si riconosce un’informazione accurata? Il libro di Bill Kovach e Tom Rosenstiel, Blur. How to know what’s true in the age of information overload, è un ottimo punto di partenza.

Terzo. Lavorare alla costruzione e diffusione di piattaforme costruite per valorizzare l’autentico e incentivare l’informazione basata su un metodo civico. Sulle piattaforme sociali, il contenuto è la relazione: vale la gratificazione di connettersi e piacersi con il network di persone simili che ci si trovano facilmente. Sulle piattaforme civiche, il valore è nel metodo con il quale si selezionano le informazioni: vale l’utilità delle notizie che vi si diffondono in relazione a una realtà da conoscere empiricamente.

La prossima fase di sviluppo della rete potrebbe essere concentrata sulla soluzione a questo problema. Il discernimento diventerà una skill digitale di pari e più grande valore della capacità di fare coding. Il coding responsabile diventerà un gesto politico ed etico di valore essenziale. La diffusione di una consapevolezza epistemologica sarà il necessario salto di qualità culturale, a fronte dell’insostenibilità di una società che non conosce la realtà, che non distingue ciò che è importante. L’ecologia dei media sarà la nuova frontiera della sostenibilità, premessa per un miglioramento delle decisioni di società che negli ultimi decenni hanno visto le conseguenze di scelte male informate.

Vedi:
The elements of journalism.
Elements of journalism (il libro)

Vedi anche:
For a better curated media environment
Post-truth democracy, politically correctness and other lies
Qualità dell’informazione come progetto
La realtà è una sola. Ma vista dalla mediasfera non sembra. È un problema
Preconcetti, strategie, pratiche: conseguenze di Trump sulla sinistra, la tecnologia, l’Europa

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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