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La storia dell’attacco alla Sony di Fortune è una lettura istruttiva

Si tratta di uno di quei pezzi di bravura giornalistici che ogni tanto riescono soprattutto in America. Peter Elkind ha ricostruito la storia del cyberattacco alla Sony Pictures che nel novembre scorso ha messo in ginocchio la società, poco prima dell’uscita di The Interview, il film farsesco sull’attentato al dittatore della Corea del Nord. Nel corso di quell’attacco, sono state rubati i messaggi di mail dei dipendenti, i film non ancora usciti, i documenti più riservati dell’azienda e poi i computer sono stati svuotati e disattivati. Nei giorni successivi le mail più scandalose sono state rese note e i film sono stati resi pubblici. La Sony Pictures è stata messa in estrema difficoltà. E sulla base di quelle mail più una cinquantina di interviste, Elkind ha ricostruito la vicenda. Scoprendo una realtà che non appariva dai primi resoconti.

La storia è online in tre parti: 1. Sony hack; 2. Sony hack; 3. Sony hack (finale). Inoltre c’è una spiegazione del modo in cui è stata realizzata l’inchiesta durata sei mesi.

Viene fuori un sacco di roba, sulla Sony, sul management di uno studio cinematografico così importante, sulle relazioni con la politica e il resto dei poteri economici e finanziari. Ma soprattutto viene fuori che:

1. L’attribuzione ai nord-coreani della responsabilità dell’attacco da parte dell’Fbi è per lo meno dubbia. Rischia di rivelarsi una buffonata come il film che quegli hacker avrebbero pensato di bloccare.

2. Chiunque l’abbia davvero attaccata, la Sony Pictures non ha fatto troppa resistenze. L’inchiesta mostra disattenzione e trascuratezza oltre che incompetenza e un eccessiva concentrazione sui tagli dei costi a scapito anche della sicurezza.

3. La condizione della Sony Pictures è molto più diffusa di quanto si pensi. Gli attacchi alle imprese sono molto più facili di quanto si voglia ritenere.

L’inchiesta di Elkind va letta.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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