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Domenica, 16 dicembre 2007
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La percezione di infelicità in Italia Le responsabilità del sistema televisivo
La felicità percepita in un popolo dipende molto dalla distanza tra i desideri e la convinzione di poterli realizzare. E in Italia questa distanza è massima.
Le dimostrazioni non mancano. In proposito, vale la pena di riprendere un passaggio del recente articolo del New York Times sulla crisi italiana. Per commentare il dato che sembra emergere: gli italiani sono il popolo che si sente meno felice tra i 15 popoli dell'Europa occidentale che sono stati presi in considerazione da una recente ricerca:
Luisa Corrado, an Italian economist, led the research behind the study
at the University of Cambridge that found Italians to be the least
happy of 15 Western European nations. The researchers linked
differences in reported happiness across countries with several
socio-demographic and political factors, including trust in the world
around them, not least in government.
L'articolo del New York Times mette in luce una quantità di fattori che spiegano questa situazione. In molti casi sono sensatissimi. Ma non analizza il meccanismo attraverso il quale si forma la distanza tra i desideri e la convinzione di poterli realizare. In questo meccanismo agiscono contemporaneamente molti fattori: alcuni riguardano la moltiplicazione dei desideri, altri riguardano la formazione dell'opinione in ordine alla prospettiva di poterli realizzare.
Ma se le analisi si concentrano di solito sulla mancanza di sicurezze nella prospettiva di crescita delle risorse, occorre invece approfondire anche il modo attraverso il quale si formano le aspettative e i desideri. I fini vanno reinseriti nell'analisi economica dalla quale erano stati esclusi.
Da entrambi i lati agisce pesantemente il sistema dei media. In particolare la televisione è strutturalmente votata alla moltiplicazione dei desideri. Più che in ogni altro paese dei 15 dell'Europa occidentale, la televisione italiana è commercializzata, votata all'audience, orientata alla raccolta pubblicitaria, dunque al sostegno del desiderio di consumare.
Ma è chiaro che il consumo non offre soddisfazioni se non di breve periodo: il mantenimento dello stesso livello di soddisfazione attraverso l'acquisto di beni materiali richiede un incremento costante del livello di consumo ed è evidente che una prospettiva di questo genere non è credibile in Italia. D'altra parte, se la maggiore fonte di informazione sulle prospettive per il futuro è sempre la televisione, il discorso risulta poco articolato e comunque semplificato se non banalizzato.
La felicità nasce contemporeaneamente da un realistico insieme di desideri e da una buona fiducia in ciò che si può fare per realizzarli. Una riforma del sistema dei media sarebbe molto importante per sostenere gli italiani nel percorso che conduce in questa direzione.
Le soddisfazioni più importanti, quelle che hanno un impatto di più lungo termine, riguardano i "beni relazionali", cioè le relazioni tra le persone. I media fatti di relazioni hanno più probabilità di sostenere la ridefinizione del sistema dei desideri degli italiani, favorendo la loro concentrazione sull'approfondimento e meno sul consumo. Il desiderio di chiacchierare bene con gli amici è più realizzabile del desiderio di aumentare indefinitamente l'acquisto di nuovi oggetti di consumo. L'approfondimento culturale, la sanità dell'ambiente, la disponibilità di tempo per le relazioni hanno a che fare con la felicità più della soddisfazione di aver esaudito un desiderio di consumo materiale. E se si trova il modo di rivalutare questi valori qualitativi, in un periodo in cui le aspettative sul miglioramento dei valori quantitativi appaiono chiaramente - purtroppo - in crisi, la distanza tra desideri e convinzione di realizzarli si può ridurre.
La responsabilità dei media tradizionali e dei leader che più degli altri li usano per i loro scopi è gigantesca. Ma anche la consapevolezza del ruolo storico che stanno giocando i blogger e gli altri costruttori di media fatti di relazioni tra persone, in questa vicenda, non dovrebbe essere sottovalutata.
4:35:54 PM
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Bookblogging L'Italia e gli italiani Rubrica settimanale casuale ma non troppo sui libri che prendo in mano
Settimana conclusa il 16 dicembre 2007
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Sto leggendo
| Alberto M. Banti, La nazione del Risorgimento, Einaudi
| Ho acquistato
| Wallpaper City Guide, Milan, Phaidon
| Ho ricevuto
| Jay Cross, Informal Learning,Pfeiffer
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Le sofferenze che gli italiani sembrano costretti a vivere nella confusione culturale alla quale il potere - mediatico e non - sembra averla condannata dipende anche dalla precisa mancanza di un dibattito sul progetto di lungo termine che ci diamo come popolo.
Eppure di progettualità non manchiamo, come dimostra per esempio il bellissimo documentario di Daniele Vicari, "Il mio paese". Alcuni degli intervistati, come Valdemaro Beccaglia, imprenditore di Prato, o Gianfranco Bettin, scrittore di Venezia, hanno talmente tanto da dire che non si comprende perché neppure una goccia di quello che pensano sembra contagiare la descrizione che dell'Italia offrono i discorsi più diffusi sui grandi media. Gli innovatori italiani, quelli che pensano all'insieme e fanno la loro parte per progettare e realizzare un futuro intelligente, esistono. Ma ancora non emergono. Sono eroi isolati e che si sentono tali.
Ma l'Italia è nata così: un paese diviso e un popolo che si unisce solo quando non ne può fare a meno per realizzare un'impresa improbabile e gigantesca. Come nel Risorgimento. Come nel miracolo economico. Come per entrare nell'euro. Si uniscono per realizzarla e poi subito si lasciano andare alle dispute più "particulari". Al fondo di tutto questo sembra di intravedere una sorta di morfologia mito fondativo italiano.
Per riflettere su questo è bello rileggere il libro di Alberto Banti sull'origine dell'idea di nazione italiana. Un'idea fondamentalmente letteraria che ha condotto tanti rampolli di buona famiglia a rischiare la vita per liberare il paese dagli stranieri e costruire l'Unità.
"Nel suo corso sull'idea di nazione, tenuto all'università di Milano nell'anno accademico 1943-44, Federico Chabod ebbe ad affermare che nell'Ottocento 'tra il movimento nazionale germanico e quello italiano, nonostante talune affinità e somiglianze, c'è, sostanzialmente una assoluta diversità, quando non addirittura opposizione'. Secondo Chabod, nella tradizione risorgimentale italiana l'idea della nazione come frutto di un empito volontaristico, di una scelta consapevole, di un patto collettivo, aveva prevalso sull'idea dell'ascrizione etnica, dell'appartenenza a una comunità di destino, naturalisticamente strutturata dalla terra e dal sangue, tipica, invece del movimento nazionale tedesco".
C'è una sorta di canone del racconto nazionale italiano nella letteratura che lo ha fondato. "In effetti, molti testi del canone contengono la descrizione di un patto di fondazione, sottoscritto da una comunità di eroi in lotta per il riscatto della patria, che sembra trasporre su un piano mitografico la scelta volontaristica che Chabod vede al fondo dell'esperienza risorgimentale".
Siamo lontani da un accordo di questo tipo. Ma certamente abbiamo dimostrato di riuscire ancora a realizzarlo quando siamo entrati nell'euro. Ora la situazione è più complessa, perché non c'è un racconto sintetico del progetto nel quale ci possiamo riconoscere. Ma è di questo che c'è bisogno.
Parafrasando un grande, forse non sarà un progetto per l'Italia, ma per gli italiani.
Le puntate precedenti di questa specie di "rubrica"... La complessità della conoscenza (9 dicembre 2007) L'organizzazione informale (2 dicembre 2007) Il comune senso del capitalismo (4 novembre 2007) Il gioco della matematica (28 ottobre 2007) Numeri da leggere (7 ottobre 2007) Fantadesign da leggere (30 settembre 2007) Vivere una lettura filosofica della politica / 2 (23 settembre 2007) Vivere una lettura filosofica della politica (16 settembre 2007) Leggere il video partecipativo (5 agosto 2007) L'identità delle vittime (29 luglio 2007) La poesia di un amico è il titolo del racconto della tua vita (22 luglio 2007) Leggere l'incomprensione (15 luglio 2007) Il destino di leggere (8 luglio 2007) Leggere la razza padrina (1 luglio 2007) Leggere un incontro di civiltà (24 giugno 2007) Lettura bella e popolare (17 giugno 2007) Ricchezza della lettura in rete (3 giugno 2007) Mutazioni nella lettura (27 maggio 2007) Leggere nel futuro della città (20 maggio 2007) Leggere il segreto di un inventore (13 maggio 2007) L'organizzazione da leggere (6 maggio 2007) La felicità di leggere (29 aprile 2007) La scommessa di leggere (22 aprile 2007) Leggere nel pensiero (15 aprile 2007) Leggere nella mente digitale (8 aprile 2007) Leggere nella rete (1 aprile 2007) Leggere gli effetti dell'autobiografia (25 marzo 2007) Leggere memi (18 marzo 2007) Leggere l'identità del reporter (11 marzo 2007) Leggere gli scenari (4 marzo 2007) Leggere di quelli che lavorano (25 febbraio 2007) Leggere dentro e fuori (18 febbraio 2007) Leggere parole chiave (11 febbraio 2007) Leggere appunti su ciò che non può essere scritto (4 febbraio 2007) Rileggere quello che va riletto (28 gennaio 2007) Leggere quello che gli amici hanno scritto (21 gennaio 2007) Leggere quello che gli altri leggono (14 gennaio 2007) Leggere per viaggiare (7 gennaio 2007) Leggere per meditare (31 dicembre 2006) Leggere per citare (24 dicembre 2006) Gli occhiali per leggere (17 dicembre 2006) Leggere, leggerezza, legge (10 dicembre 2006) Leggere o non leggere (3 dicembre 2006) Leggere per lavorare o lavorare per leggere? (26 novembre 2006)
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