Luca De Biase An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
Plus news about media and cultures.
Sono ufficialmente nominati i nuovi vertici di Telcom Italia. Le promesse sono importanti. Franco Bernabè lascerà ogni altro incarico e venderà tutte le sue partecipazioni per concentrarsi sulla guida del gruppo telefonico. Che vuole rilanciare. Colpisce in particolare l'idea da lui espressa secondo la quale di dismissioni se ne sono già fatte troppe e che sia il tempo di crescere.
Non si vende Telecom Italia Media, dunque. Come non si vende la rete. E' questo che intende? E quali sono state le dismissioni di troppo? Gli immobili, ceduti alla Pirelli Re, per esempio?
Vedremo. Di certo c'è che è ora di augurare buon lavoro a questi nuovi manager. Era tempo che ci fosse qualcuno con la voglia di decidere. La Telecom Italia può piacere o no: ma è un punto di riferimento troppo importante per il paese.
Come resistere. Sono stato inviato dal giornale a tenere una lezione su blog e giornalismo dei cittadini a un corso organizzato da AnsaMed. E l'ho messa giù dura. Il nuovo medium orizzontale e il compito dei giornalisti: comprendere che il mondo è cambiato sulla spinta del pubblico attivo, trovare e praticare un nuovo spirito di servizio adatto ai segni dei tempi. Gli studenti venivano da tutte le sponde del Mediterraneo. E tra ricordi di Fernand Braudel, episodi bloggari, analisi mediologiche, ho sparpagliato un sacco di parole in giro nella sala. Ma quello che conta è quello che mi hanno raccontato gli studenti.
Soprattutto quelli che venivano da Algeria, Siria, Egitto... Qualcuno a voluto parlare della sua esperienza. Il timore della censura. Il bisogno di informazione libera. La speranza dei blog. La fatica dei blog. Le discussioni interminabili con gli avversari. O con i nemici israeliani. La soddisfazione di discutere anche se non si arriva neppure vicino a mettersi d'accordo. E la paura di scrivere blog: non solo la paura dei governi troppo invadenti; soprattutto la paura dei connazionali troppo accesi. Minacciosi.
Ci si domanda qualche volta che significa avere un'informazione libera. Si fanno discorsi sottili sulla nostra libertà di espressione. Poi si parla con gente notevole come quella che ho incontrato oggi. E si scopre che la vita può essere molto più complicata della nostra. Che c'è bisogno di informazione come dell'aria. E che quell'aria può mancare.
A proposito del post di ieri sulla professionalità emergente per il video su web, grazie a Gparker ho visto l'interessantissimo I.Channel. Gli occhi del protagonista si incontrano misteriosamente con gli invadenti obiettivi di onnipresenti telecamere nascoste. Una presenza silenziosa e paranoica. Che guarda il protagonista mentre tenta di immaginarsi chi lo guarda. Storia impietosa. Che svolta nel momento in cui comincia il dialogo con l'entità. Avviene con gli sms. E si scopre che anche il pubblico può inviare sms e messaggi vari che poi entrano nella storia...