|
Giovedì, 13 dicembre 2007
|
|
|
La Rai era già privatizzata, dunque
Sarà stato pubblicato in modo sbagliato. Sarà stata violata la legge. La Repubblica, se ha sbagliato, pagherà. E non solo in termini giuridici. Anche in termini di credibilità. Ma sta di fatto che ora gli italiani sanno che la Rai è già privatizzata da tempo.
Perché le azioni di alcuni dei suoi funzionari strategici sono - secondo gli articoli di Repubblica - già da tempo funzionali più a interessi privati che al servizio pubblico. Il marketing strategico - fanno capire gli articoli di Repubblica - si occupava di gestire l'immagine del premier in collaborazione con la tv privata che gli appartiene. Il presidente della produzione delle fiction - dicono gli articoli di Repubblica - si occupava di favorire il tentativo del capo dell'opposizione di portare dalla sua parte alcuni senatori della maggioranza, per essere a sua volta favorito nella sua costituenda impresa privata (che tra l'altro avrebbe avuto nella tv privata del capo dell'opposizione un cliente fondamentale). Le relazioni gerarchiche di quei funzionari non facevano capo all'azienda ma a interessi privati.
Niente di nuovo, si dirà. La Rai è da sempre al servizio di questo o di quello. Ma è pur vero che quei casi sono diversi per un punto: qualunque potente italiano ha ottenuto favori da qualcuno in Rai, ma mai quel potente poteva disporre contemporaneamente di favori in Rai e di obbedienza in Mediaset.
Certo, qualcuno potrebbe dire che la privatizzazione è un'altra cosa. Ma ne siamo proprio sicuri?
La novità, quella vera, sta arrivando da altrove. La tv del caos creativo, quella della rete, che già oggi erode lo share alla vecchia tv, potrebbe erodere anche i vecchi centri di potere. Vedremo.
(A proposito: dove sono i pirati? in rete o in tv?)
10:59:45 PM
|
|
Bernard-Henry Lévy e le difficoltà della sinistra
Bernard-Henry Lévy, ricordando Jean-Paul Sartre, dice che la sinistra in Europa è un cadavere. Perché non ha concettualizzato la sua storia. Di certo c'è che non ha la capacità di indicare un modello di società verso il quale vuole tendere. Non indica la strategia ma una enorme, complicatissima tattica.
E' una tattica nella quale i punti qualificanti sono: - compatibilità di bilancio, lotta all'evasione fiscale, vaga attività di redistribuzione a favore dei ceti a reddito più debole - tentativo di allentare le tensioni sociali attraverso forme di aiuto mirate e riduzione degli ambiti di conflittualità - aggregazione di molte ideologie in un grande mosaico, nel quale ogni tessera riesce a ottenere per la sua constituency qualche vantaggio in termini di potere o di denaro pubblico
Non riesce a influire in modo preciso e puntuale sulle questioni di sistema, tipo la salvaguardia dell'equilibrio repubblicano dei poteri, il contenimento delle distorsioni nel sistema televisivo, il tema del conflitto di interessi, l'intervento sulle aree territoriali per l'avvio di opere pubbliche di valore nazionale ma di forte impatto locale (rigassifitatori, centrali eoliche, sistema di raccolta dei rifiuti in Campania...) e così via.
Ne consegue una situazione di sofferenza nella popolazione. L'azione del governo delle sinistre appare alla popolazione basata sulla richiesta di sacrifici ai quali non corrisponde un chiaro miglioramento dei servizi pubblici. Questo dipende da due fattori: - un sistema mediatico che sembra moltiplicare all'infinito le aspettative nella popolazione (promesse politiche, invito al consumo, aperture ideologiche) a fronte di risultati molto contenuti - una visione strategica limitata che non mostra la strada che la società sta percorrendo per costruire un mondo migliore.
Insomma, dal punto di vista simbolico siamo poco sostenuti nei sacrifici. E la percezione dei sacrifici in rapporto ai risultati è molto amplificata dal meccanismo mediatico.
E' necessario costruire qualcosa di nuovo. E puntare su un sistema mediatico che consenta di abbassare il livello irrazionale delle aspettative, spieghi meglio i risultati che si ottengono e si possono ottenere, nel quadro di una visione strategica attraente e soddisfacente. La mancanza di un progetto, da questo punto di vista, è proprio il lato più grave. Ma accanto a questo occorre coltivare un modo di comunicare la progettualità che serva a uscire dalla banalizzazione immediata della televisione e aiuti a spiegare meglio le complicate questioni nelle quali siamo immersi, attraverso la partecipazione e non solo la comunicazione top-down. La rete è una grande occasione in questo senso. Ma bisogna cominciare a comprenderla davvero.
Un discorso analogo peraltro meriterebbe di essere fatto per la destra. Ma è meno attuale.
12:49:56 PM
|
|
|
|
© Copyright
2008
Luca De Biase.
Last update:
2-01-2008; 9:17:25.
This theme is based on the SoundWaves
(blue) Manila theme. |
|
Appunti su economia e felicità
In libreria: Economia della Felicità Dalla blogosfera al valore del dono Feltrinelli Editore
Il mago d'ebiz
Crossroads
Nòva100
(Nòva24Ora!)
Rivolta e rivoluzione
Giornalismo dell'innovazione
Appunti: reti, Benkler, Castells
Politica/ blog
Politica/ scienza
Retorica catastrofica
Scienza/ paura
Informazione/ comunicazione
Regole/ telecomunicazioni
Urgenze/ giovani
Chi ha ucciso i giornali?
Ho visto, in Giappone...
Due passi a San Francisco
Ai poster l'ardua sentenza
Planisfero personale
First Monday
Ted
Seed Magazine
Reporters sans Frontières
EquiLiber
Doors of perception
Newseum
Jornalismo & internet
Top100 Qix
Top100 Qix/LucaDeBiase
Future Exploration
CiteUlike
LibraryThing
Ted
|