Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
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Mercoledì, 19 dicembre 2007
 

Time ritorna al vertice

L'anno scorso la persona dell'anno per Time era stata "You". Tutti gli internettari del mondo si erano sentiti coinvolti. Con un po' di ritardo, Time aveva scelto di onorare il pubblico attivo dei media digitali con la sua copertina più importante.

Quest'anno la cover di Time è per Putin. Si torna alla normalità. (Gli altri in lizza erano Al Gore, J.K. Rowling, Hu Jintao, David Petraeus). Time torna top-down.


5:18:43 PM    comment [];

Ieri ho visitato il Ted della Bocconi
I problemi dell'insegnamento universitario online

I ragazzi del Ted della Bocconi, guidati da Luigi Proserpio, si occupano di sviluppare i modi attraverso i quali le lezioni della Sda Bocconi possono essere viste attraverso internet. La loro idea fondamentale è quella di usare la tecnologia e non farsi usare dalla tecnologia. Cercano di costruire una forma e un linguaggio adatti a migliorare la fruizione delle lezioni online.

Non c'è nulla di più noioso di una lezione vista su un computer con un professore che parla inquadrato da una telecamera fissa da una finestrella mentre il resto del video mostra le slide. In quel modo non c'è autorità del professore, non c'è performance, non c'è altro che trasferimento di informazioni. E dall'altra parte c'è solo lo sforzo di seguire.

Quelli del Ted stanno sviluppando forme nuove. Molte telecamere. Inquadrature che cambiano velocemente. Una sigla diventente. La cultura del linguaggio televisivo entra nella lezione. Da qui si può partire.

Credo che ci sia una profonda meditazione da fare sul ruolo dei professori che propongono le loro lezioni online. Il sapere che trasmettono è spesso già in rete da qualche parte. La loro performance "televisiva" può essere divertente e sintetica. Per l'addestramento va bene. Ma per la formazione?

Per la formazione occorre ripensare alle forme che sottolineano l'autorità del professore. E la sua necessità.

Il primo tema è quello di contestualizzare la lezione. Nell'aula universitaria il professore è l'autorità per definizione. Ma online? I ragazzi online vivono in un'ipertrofico presente nel quale tutti i dati sono a disposizione, ma non sono presentati in una prospettiva storicamente interpretabile. Il bisogno che emerge in questa ipertrofia del presente è quello di interpretare storicamente i dati. E lo story telling che mette in prospettiva le informazioni può essere una modalità espositiva che ridà al professore il senso della sua necessità.

Il secondo tema è quello della qualificazione delle informazioni disponibili. Google offre una gerarchia delle informazioni basata sulla quantità di link che hanno conquistato. Ma l'università può e deve dare di più. Per esempio insegnare a criticare la qualità delle informazioni disponibili. Attraverso per esempio l'analisi della genealogia delle idee che può aiutare i ragazzi a interpretare la qualità delle informazioni che trovano in rete. E' un lavoro di ricerca per il trasferimento della qualità culturale dell'università nel mondo piatto della rete.

Ed è un lavoro collaborativo che può coinvolgere i professori, portandoli a confrontarsi in modo attivo con internet. Senza subirne la concorrenza passivamente. E senza ignorarla.

Il terzo tema è l'apprendimento informale che avviene attraverso le conversazioni che si sviluppano in rete. E a questo chi studia l'insegnamento online deve dedicare attenzione in termini di qualità delle piattaforme dedicate alla conversazione, di libertà di espressione e connessione tra i ragazzi, di osservazione di quanto avviene. Alimentando la conversazione con disponibilità e informazione mirata.

L'insegnamento universitario all'epoca di internet cambia. Si internazionalizza. Si rende più efficiente. E trasforma i suoi linguaggi. Ma come ogni altra pratica culturale, si deve porre domande sul suo ruolo. E rispondere con una ricerca sincera e aperta. Da questo punto di vista, il meglio deve ancora arrivare. Complimenti al Ted per lo spirito con il quale lavora e la libertà di approccio al problema che dimostra.

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10:49:47 AM    comment [];

Quello che c'è tra il delitto e il castigo

C'è la voglia di vendetta. C'è la paura. C'è la ribellione contro l'ingiustizia. Tra il delitto e il castigo c'è la cultura di una società e c'è il ricordo ancestrale della violenza animale necessaria alla lotta per la sopravvivenza. La città è una giungla, ma al posto della natura c'è la cultura. Nulla è dato e tutto è discutibile.

Nella nostra cultura c'è ancora spazio per i comportamenti tipici di un mondo nel quale si lotta ogni giorno per la sopravvivenza. Lo dimostra il fatto che la legittima difesa è accettata. E' considerata un fatto quasi naturale.

La vendetta di una famiglia che si fa giustizia in proprio per il controllo del territorio eventualmente invaso da un'altra famiglia è invece considerata legalmente inaccettabile, perché si pone in alternativa allo stato, anche se è culturalmente accettata in certi contesti nei quali la legittimità dello stato è in discussione.

Ma la pena di morte è la più mostruosa delle interpretazioni culturali della violenza animale della quale conserviamo il ricordo ancestrale. Ed la forma di vendetta sociale decisa a freddo dallo stato che si fa interprete delle logiche della faida. E' la somma delle più clamorose assurdità derivanti dalla teoria del controllo del popolo da parte di una classe dirigente aliena e antidemocratica.

La moratoria della pena di morte cambia il concetto di stato, di classe dirigente, di vendetta sociale e di legge della giungla. E' un progresso della cultura. Ed è la dimostrazione che l'utopia non è un'inutile perdita di tempo.       

Altri interventi, via BlogBabel: Jph86 - me, my thoughts, Fiore blog, Nuvola viola, La mia proposta alla destra, Lameduck - L'orizzonte degli eventi, Solleviamoci, Orfini, Appunti italiani, Giacomo Rizzo, A piedi nudi, Sconfinando, Panktalk.


10:27:38 AM    comment [];


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