Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
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Domenica, 13 gennaio 2008
 

Renato Soru

Sono un giornalista. Ma anche un giornalista può avere degli amici. E io sono orgoglioso di essere amico di Renato Soru. Eravamo negli stessi anni all'università Bocconi. E ci siamo incontrati di nuovo nel 1998 agli inizi della sua vicenda nelle telecomunicazioni. L'ho visto crescere. L'ho visto mettere insieme la sua Tiscali e lanciarla verso traguardi straordinari mantenendo però sempre la sua cultura misurata, visionaria e concreta. L'ho visto poi lasciare la sua impresa per tentare di diventare governatore della Sardegna. E devo ammettere che lì per lì non ci ho creduto: pensavo che si sarebbe annoiato presto. Sbagliavo.

Come governatore ha lavorato per la sua terra con una coerenza e una preparazione che sono state pari solo al suo coraggio. Un articolo di oggi pubblicato da Repubblica e firmato da Giovanni Marria Bellu (che non riesco a trovare online) ne dà conto. Ha tagliato spese regionali decise dal predecessore e destinate a immobiliaristi proprietari di giornali e tv locali. Ha bloccato la speculazione edilizia sulla costa. Ha avviato una ridefinizione dello sviluppo della Sardegna basata sugli investimenti in ricerca, tecnologia e cultura. Ha lanciato vasti programmi di riqualificazione urbana. Ha connesso di più la Sardegna con il resto del mondo per il trasporto merci e persone, combattendo anche contro il monopolio della Tirrenia (senza per ora riuscire a vincerlo). Ha messo in piedi uno dei portali regionali più visitati d'Italia, ricco di informazioni per la trasparenza delle decisioni. Sta seguendo il programma che si era impegnato a realizzare in sede di elezioni. E ha avviato la raccolta differenziata dei rifiuti.

Ora affronta le proteste per la sua decisione di dare una mano nello smaltimento dei rifiuti della Campania. Nell'articolo Soru dimostra che con la raccolta differenziata finora realizzata la Sardegna produce centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti in meno. Risparmia una tale quantità di rifiuti che quelli che accoglierà dalla Campania sono una bazzecola: l'1,5 per cento di quella che ha risparmiato. E dice che si può fare di più visto che città come Olbia, Oristano e Cagliari non hanno ancora avviato la raccolta differenziata. Il bello è che Soru, nell'articolo, non sottolinea come quelle città siano governate dal centrodestra: dunque i politici che protestano contro la decisione di Soru di accogliere un po' di rifiuti dalla Campania sono della stessa parte politica che non avvia la raccolta differenziata nelle città che governa, causando un inutile accumulo di rifiuti che, facendo i calcoli, probabilmente si rivelerebbe maggiore della quantità che arriverà dalla Campania.

La cultura dei fatti che Soru incarna nelle sue argomentazioni non gli impedisce di prendere decisioni di solidarietà nei confronti di un territorio che, come la Campania, attraversa una crisi gravissima. E insegna qualcosa: se si discute di fatti e non di pregiudizi, l'informazione migliora e le decisioni si prendono consapevolmente. Vorrei che i sardi fossero molto, molto contenti del loro governatore.

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6:20:30 PM    comment [];

Non se ne può più

Definire "decisione criminale" l'introduzione di una legge da parte del parlamento - per quanto la si voglia criticare - apre la strada a ogni tipo di attività e cultura eversiva. Si dovrebbe criticare questo degrado del linguaggio politico. Imho.


5:42:15 PM    comment [];

Individuale e collettivo
Considerazioni intorno a wikipedia e knol

Ieri discutevo con Massimiliano Magrini, il capo di Google in Italia, delle differenze tra Wikipedia e Knol. Se n'è parlato parecchio in passato.

Siamo andati su questo discorso perché Magrini aveva citato l'idea che senza un modello di business un sistema è destinato a veder frenare la sua spinta innovativa. Io sostenevo che le motivazioni per l'innovazione possono essere diverse e portavo ad esempio Wikipedia. Così siamo andati a confrontare Wikipedia e Knol.

Knol punta sull'espressione dell'individuo che si mette in mostra e per questo contribuisce alla conoscenza. La sua innovatività tecnologica sarà sostenuta dal modello di business di Google. E il suo risultato sarà tendenzialmente basato sulla competizione tra gli individui che partecipano in base alla piattaforma messa a disposizione da Google. Il progetto collettivo è implicito nella piattaforma e nell'idea che un modello di business serve a sostenere il processo innovativo.

Wikipedia parte da un progetto collettivo. Il progetto è esplicito e si impone con le sue regole sul comportamento individuale. Le singole persone non appaiono. E' il volontariato e il sistema di valori dei partecipanti e dei sostenitori a rendere possibile il processo. L'interesse individuale è soltanto quello di partecipare al progetto collettivo.

Perché dovrebbe esserci una superiorità del primo o del secondo modello? A priori, si può dire soltanto che la competizione tra i due modelli darà una risposta. Probabilmente però ci saranno argomenti sui quali vince il primo, altri argomenti sui quali vince il secondo, e altri ancora nei quali i modelli si integrano armonicamente.

Il tema è importante per comprendere dove va in generale il medium orizzontale nato con internet. Come ce lo immaginiamo? Fatto di molti nodi anonimi che producono e trasmettono informazioni o come un insieme di tante aspiranti star che cercano di emergere in un mare magnum caotico?

Penso che ci siano argomenti nei quali siamo abituati a pensare che sia meglio puntare sullo spirito di servizio (informazione, reference) e altri argomenti sui quali siamo abituati a pensare che sia meglio la competizione individuale (entertainment). Ma queste non sono regole assolute. Si può elaborare di più. Direi per esempio che è più probabile che una buona informazione venga da un buono spirito di servizio (ma la probabilità di scoop è maggiore se c'è anche il gioco della competizione), così come è più probabile che le cose più divertenti emergano da chi cerca attenzione per sé (anche se la qualità artistica va compresa e criticata con spirito di servizio). Di certo questa è una discussione infinita. E di per se, penso, feconda.

In fonto, il capitolo finale di Guerra e Pace non pone una soluzione. Ma racconta di un continuo rimando tra le grandi dinamiche storiche e la forza innovativa dei singoli individui. E così credo che funzionino le cose anche nella blogosfera.

Questo offre la possibilità anche di chiosare la questione tanto discussa delle classifiche. Hanno ragione i sostenitori delle classifiche dei blog o quelli che non le amano? Ovviamente il blog perfetto non esiste. E non sarà certo l'abolizione delle classifiche o la maniacale consultazione delle stesse a generarlo. Credo che anche qui, la dinamica incentivante per gli individui e la sottolineatura dei progetti comuni siano entrambe parte integrante dell'antropologia dei partecipanti al medium della rete. Quello che conta è che tutti i partecipanti siano consapevoli che si vive in simbiosi e che siamo parte di un ecosistema. Altrimenti si rischia tutti.


2:05:24 PM    comment [];

Musica da laboratorio

L'anno scorso il numero di cd musicali venduti in America è diminuito del 19 per cento rispetto al 2006. Nella prima metà del 2007 è diminuito - rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente - in Italia del 12 per cento, in Francia, Spagna e Giappone del 9 per cento. L'erosione del mercato dei cd sta avanzando a ritmi molto veloci. E la vendita di brani online riesce solo a ridurre la portata del fenomeno: anche perché le major ne hanno avuto troppa paura finora e solo recentemente hanno accettato di prendere in considerazione l'ipotesi di fornire i brani online a pagamento senza forme di Drm che ne limitassero l'uso e ne rendessero complicato il mercato.

Il mondo dei prodotti culturali sta cambiando velocemente, come sappiamo, nel nuovo contesto dei media digitali. E un laboratorio fondamentale è quello della musica. L'Economist, Wired e anche Nòva, non cessano di dedicare a questo comparto un'attenzione crescente.

Per l'Economist, in particolare, non è detto che le major riescano a superare la crisi. Il titolo è "from major to minor". In parte è colpa loro: non hanno accettato il cambiamento, lo hanno osteggiato e rifiutato, riducendosi a combattere il loro stesso pubblico a suon di cause in tribunale e soprattutto diminuendo costantemente il valore dei loro prodotti (cioè aumentando la protezione del loro copyright). In parte non è colpa loro: il sistema nel suo complesso ha aperto opportunità per outsider e ridotto le difese dei poteri tradizionali. Nuove aziende emergono in questo settore. Le vecchie, come spesso succede, devono cambiare.

Le conseguenze per gli artisti sono importanti ma non necessariamente negative. David Byrne, su Wired, dice che le possibilità espressive non sono ridotte, anzi forse addirittura migliorate. La conduzione industriale della produzione organizzata dalle major non era necessariamente la condizione migliore possibile per la qualità artistica. Le performance fisiche sono rivalutate. I vincoli contrattuali sono potenzialmente liberati. Il marketing viene tendenzialmente personalizzato.

Da questo laboratorio si traggono considerazioni interessanti anche per gli altri settori della produzione intellettuale. Le strutture della intermediazione cambiano in funzione della riduzione del potere assoluto delle gerarchie mediatiche tradizionali a una condizione più relativa. E gli autori si liberano da una sorta di "gabbia dorata" nella quale erano confinati, con due conseguenze: meno vincoli e meno oro. Ne emerge un sistema più aperto, che chiede sostanzialmente - almeno ai professionisti - un lavoro di maggiore qualità e intelligenza.

Il pubblico a sua volta ha molto più controllo critico e più opportunità espressive. Ma anche per il pubblico attivo le responsabilità crescono. La sua partecipazione alla produzione artistica è più precisa: non più solo passiva fruizione e neppure soltanto accesso piratesco alla produzione. Ma critica e la competenza del pubblico attivo sono destinate a contribuire significativamente alla selezione degli artisti di qualità. Ma se questo avvenisse, e almeno in parte avviene, il processo innovativo partito con i nuovi media avrà conseguenze fondamentalmente positive.

Una maggiore sofisticazione nel pubblico attivo potrebbe passare proprio dall'emergere di funzioni critiche fondamentali. Nel pubblico attivo devono emergere, ed emergono, personalità in grado di favorire il senso della prospettiva storica, il raffinamento del gusto, il contributo all'informazione e la partecipazione alla produzione artistica. L'arte non è un insieme di gesti artistici: è insieme espressione e riconoscimento. E' nell'incontro dell'artista con il suo pubblico. Entrambi contribuiscono al suo sviluppo.

(Un contributo al pensiero di sistema sui nuovi media digitali da Luca Grandicelli).

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11:27:41 AM    comment [];

Bookblogging
Leggere nella complessità
Rubrica settimanale casuale ma non troppo sui libri che prendo in mano

Settimana conclusa il 13 gennaio 2008
Sto leggendo
Alberto De Toni e Luca Comello, Viaggio nella complessità, Marsilio
Ho acquistato
Pierangelo Dacrema, La dittatura del Pil, Marsilio
Ho ricevuto
Marzio A. Romani (a cura di), Costruire la classe dirigente, Egea
Marcello Cini, Il supermarket di Prometeo, Codice Edizioni

Il mondo industriale e il pensiero lineare erano culturalmente simili. Un mondo che produceva con le linee di montaggio poteva svilupparsi tranquillamente organizzandosi attorno a un pensiero che riduceva l'insieme economico e sociale a un sistema di equazioni lineari risolvibile come un modello meccanico. Nell'epoca della conoscenza e della globalizzazione, invece, siamo consapevoli che ogni elemento è connesso a ogni altro e che dunque gli sviluppi possono essere davvero imprevedibili. Nell'ecosistema dell'innovazione, i fatti culturali e quelli tecnologici, le scoperte scientifiche e i comportamenti individuali, le precondizioni geografiche e le forme dei media, sono collegati e influiscono sui risultati insieme a molti altri elementi di contesto.

Immagine di Viaggio nella complessitàPer questo la riflessione sulla teoria della complessità è un esercizio fecondo e ineludibile.

Ci sono molti libri su questa materia. Bello, per esempio, il libro di Mark Taylor ("Il momento della complessità") già citato qui in precedenza.

Il lavoro di Alberto De Toni e Luca Comello - scritto in modo chiaro e stimolante - dedica particolare attenzione ai tentativi di "traduzione" della teoria della complessità in un linguaggio adatto al management.

Si tratta di un compito essenziale. Il management è ancora legato alla cultura ottocentesca dei modelli lineari destinati a gestire le risorse materiali in modo efficiente. Ma oggi le risorse sono fondamentalmente immateriali. La forza propulsiva viene fondamentalmente dalle persone. E i sistemi tendono fondamentalmente a prendere la forma di reti, quindi tendono ad assumere dinamiche di auto-organizzazione (nel bene e nel male). Il management si deve accordare con la forza dell'innovazione (o della resistenza all'innovazione) che funziona bottom-up, senza pensare che tutto possa essere gestito in modo top-down. La sua funzione decisiva diventa l'elaborazione della visione e del progetto comune del gruppo di persone che collaborano a un'azienda, cercando di valorizzarne le capacità. Il progetto organizzativo sarà un insieme di sistemi di lettura e ascolto della realtà, di espressione e dialogo con gli interlocutori esterni e interni, di risposta immediata al cambiamento, di riaggiustamento continuo degli obiettivi, di apprendimento e di riflessione sull'esperienza, mentre sarà meno concentrato  soltanto sull'assegnazione di compiti.

Questo peraltro significa anche che si dovrebbe affrontare il tema per ora poco esplorato della ridefinizione dei principi del bilancio.

Ne parlavo con Enzo Badalotti, autore di un articolo molto importante pubblicato su Nòva24 giovedì scorso. Come si può andare avanti con un sistema di bilancio che non tiene conto di quello che è davvero importante! Non tiene conto della motivazione dei collaboratori, della loro capacità di innovare, della qualità delle loro relazioni con i clienti e i fornitori, della lungimiranza della visione e del progetto comune dell'azienda; oppure dei rischi connessi alla possibilità che i clienti si arrabbino o si disamorino dei prodotti dell'azienda; oppure della competizione delle forme gratuite, eventualmente emergenti, di soddisfazione delle esigenze che i prodotti dell'azienda soddisfano. Il bilancio è ancora la cultura fondamentale del management. Va innovato in modo da dare più importanza e più peso a ciò che conta nel lungo termine, nella progettualità e nella squadra di collaboratori. La teoria della complessità potrebbe essere, forse, un punto di partenza.


Le puntate precedenti di questa specie di "rubrica"...
Leggere una storica scomparsa - 2 (6 gennaio 2008)
Leggere una storia scomparsa (31 dicembre 2007)
Il senso e la visione (22 dicembre 2007)
L'Italia e gli italiani (16 dicembre 2007)
La complessità della conoscenza (9 dicembre 2007)
L'organizzazione informale (2 dicembre 2007)
Il comune senso del capitalismo (4 novembre 2007)
Il gioco della matematica (28 ottobre 2007)
Numeri da leggere (7 ottobre 2007)
Fantadesign da leggere (30 settembre 2007)
Vivere una lettura filosofica della politica / 2 (23 settembre 2007)
Vivere una lettura filosofica della politica (16 settembre 2007)
Leggere il video partecipativo (5 agosto 2007)
L'identità delle vittime (29 luglio 2007)
La poesia di un amico è il titolo del racconto della tua vita (22 luglio 2007)
Leggere l'incomprensione (15 luglio 2007)
Il destino di leggere (8 luglio 2007)
Leggere la razza padrina (1 luglio 2007)
Leggere un incontro di civiltà (24 giugno 2007)
Lettura bella e popolare (17 giugno 2007)
Ricchezza della lettura in rete (3 giugno 2007)
Mutazioni nella lettura (27 maggio 2007)
Leggere nel futuro della città (20 maggio 2007)
Leggere il segreto di un inventore (13 maggio 2007)
L'organizzazione da leggere (6 maggio 2007)
La felicità di leggere (29 aprile 2007)
La scommessa di leggere (22 aprile 2007)
Leggere nel pensiero (15 aprile 2007)
Leggere nella mente digitale (8 aprile 2007)
Leggere nella rete (1 aprile 2007)
Leggere gli effetti dell'autobiografia (25 marzo 2007)
Leggere memi (18 marzo 2007)
Leggere l'identità del reporter (11 marzo 2007)
Leggere gli scenari (4 marzo 2007)
Leggere di quelli che lavorano (25 febbraio 2007)
Leggere dentro e fuori (18 febbraio 2007)
Leggere parole chiave (11 febbraio 2007)
Leggere appunti su ciò che non può essere scritto (4 febbraio 2007)
Rileggere quello che va riletto (28 gennaio 2007)
Leggere quello che gli amici hanno scritto (21 gennaio 2007)
Leggere quello che gli altri leggono (14 gennaio 2007)
Leggere per viaggiare (7 gennaio 2007)
Leggere per meditare (31 dicembre 2006)
Leggere per citare (24 dicembre 2006)
Gli occhiali per leggere (17 dicembre 2006)
Leggere, leggerezza, legge (10 dicembre 2006)
Leggere o non leggere (3 dicembre 2006)
Leggere per lavorare o lavorare per leggere? (26 novembre 2006)


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Scrivono di libri: Clelia Mazzini (Akatalēpsìa), Luisa Carrada (Il mestiere di scrivere), Stefania Mola (Squilibri), Ste (melodiainotturna), Ossimora (Antonia nella notte), Remo Bassini (Appunti), Seia Montanelli (Paese d'Ottobre), Renee (Book of the day), Mitì Vigliero (Placida Signora), Gian Paolo Serino (Satisfiction), Gattostanco, Gabriella Alù (Non solo Proust), Patrizia Bruce (Dimmi, cosa leggi?), Angèle Paoli (Terres del femmes), Alessio (L'Aleph). E... Vibrisse, Lipperatura, Litteratitudine. Wittgenstein, talvolta. E inoltre: Bottega di Lettura, Penna e mouse, Bookrepublic. La Frusta. Zam. Booksblog. E MilanoNera. E Sottotomo... BooksWebTv.

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In libreria: Economia della felicità, dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli


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Appunti su economia e felicità

In libreria:
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Feltrinelli Editore


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