Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
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Sabato, 19 gennaio 2008
 

Sapienza e insipienza. Domani a San Pietro

E' stata una vera disdetta tutta questa discussione sulla lettera dei fisici contro la lezione del papa alla Sapienza. Una sconfitta mediatica per la scienza, un'occasione di appiattimento del dibattito su un argomento sciocco. Un sintomo di confusione generale.

Grazie per la discussione sulla vicenda della Sapienza. Credo che i commenti siano una lettura davvero interessante che posso riassumere ma che andrebbero letti. Paradigmi scientifici e ragione religiosa meno distanti di quanto si pensi, per Ivo Quartiroli. Presupposti completamente diversi, invece, per Roldano De Persio. Il dubbio come metodo, per Robert Castrucci. Fatto da analizzare fondamentalmente in chiave mediatica, per Giovanni Fontana. Una sofferenza per Sergio. Già, appunto: sicuramente una sofferenza. (Grazie a tutti, anche a coloro che non hanno lasciato un link).

Il problema epistemologico mi pare profondo e una discussione come questa lo dimostra. I valori e la partecipazione di tutti coloro che pensano in modo aperto e orientato alla ricerca emergono come contributi molto più alti di quelli che hanno prodotto i protagonisti originari della vicenda mediatica. Quanto a me, ho l'impressione che l'idea di poter confrontare il metodo scientifico con la ragione religiosa non sia esatta. E' più corretto, eventualmente, confrontare le degenerazioni dell'uno e dell'altra: un pensiero che rifiuta di coltivare i valori umani in nome di una superficiale generalizzazione antropologica della scienza positivista è povero e pericoloso; come è povero e pericoloso un pensiero religioso che rifiuta di accettare i risultati della ricerca scientifica contestandone aprioristicamente il metodo e arrogandosi il monopolio della verità anche al di fuori delle questioni legate alla ricerca spirituale.

(In proposito mi verrebbe da dire che per la ragione religiosa dovrebbe apparire ben più tragico, fondamentalmente antispirituale e distruttivo un altro pensiero "moderno" come il consumismo. Non meriterebbe questo tanta più attenzione da parte delle autorità spirituali del lavoro dei ricercatori di verità scientifiche?)

Ma vorrei ancora una volta chiosare lateralmente. Perché i grandi temi sono appassionanti, ma le misere diatribe di questi giorni vanno esorcizzate. Parlarne può far bene.

L'offensiva intellettuale della "ragione religiosa" è sotto gli occhi di tutti: si spiega forse come reazione agli enormi successi della scienza che ormai può trasformare la natura in modi e con conseguenze ancora incomprensibili (giocare sulle paure generate dall'incomprensibile è una tentazione per qualunque ideologia fideistica). È sotto gli occhi di tutti anche questa sorta di malriposto "minoranzismo" di alcuni fisici della Sapienza. Ma la comunicazione papale è riuscita a trasformare in un importante messaggio di censura una lettera inviata in novembre per criticare l'opportunità di far tenere una lezione a Ratzinger alla Sapienza. E' riuscita creare l'immagine di una scienza che censura e che, dunque, entra in contraddizione con se stessa, assimilandosi al pensiero delle organizzazioni fideistiche. E per converso è riuscita a dare alla Chiesa dell'Inquisizione l'immagine inopinata di vittima della censura.

Ora: è chiaro che al papa non mancano i modi per esprimersi. Ma quelli che domani andranno a manifestare solidarietà al papa in Piazza San Pietro non ne tengono conto. Penso che la Chiesa non dovrebbe far finta di essere vittima in Italia, perché in sostanza è il paese che più di ogni altro le offre spazio. Rischia inoltre che nel quadro di quel vittimismo si inseriscano persone la interpretano in chiave strumentale.

Ma è anche chiaro che chi voleva criticare la lezione del papa lo ha fatto in modo da prestare il fianco alla risposta efficacissima della comunicazione vaticana.

Il tema è ancora più povero se lo si guarda in termini politici. In una Roma a doppia sovranità, che ospita l'ultimo rappresentante diretto dell'impero romano di Costantino e che sembra vedere in questo passato un limite invalicabile per il proprio futuro, la scortesia (perché di questo e non di più si tratta) subita dal papa diventa un affronto: che consente a chi accetta quella gerarchia e quel passato di andare a manifestare la propria lealtà.

Le persone che hanno commesso quella scortesia possono essere criticate (anche, appunto, per aver commesso un grave errore di comunicazione). La loro posizione intellettuale sarebbe stata manifestata in modo più efficace se si fosse evitato di chiedere decisioni all'università sulla lezione del papa che potevano far pensare alla censura. Ma perché farne una questione tanto grande? E del resto gli studenti che volevano manifestare un dissenso con il papa non avevano il diritto di farlo? Perché il papa non ha voluto ascoltarli? Impossibile non ritenere che i motivi siano stati di tipo anche politico e non solo filosofico o spirituale. La comunicazione della Chiesa ha deciso di cogliere questa occasione per ottenere tre risultati: assimilare, attraverso i media, gli scienziati a un'organizzazione fideistica; far passare il papa come vittima, sempre attraverso i media; far vedere alla città eterna che criticare pubblicamente il papa a Roma è un grande affronto che obbliga i fedeli a contarsi in una grande manifestazione di lealtà come quella di domani a San Pietro e divide i laici in più e meno obbedienti.


12:52:43 PM    comment [];

I crucci di un partito online

Ne parlavo ieri sera a Bologna con un amico, coinvolto nel dibattito sulla presenza online del Pd. Un partito appena nato. Che nascendo ha dimostrato un bisogno diffuso di una politica un po' più bella. E una grande disponibilità alla partecipazione.

Ebbene, da quello che mi diceva l'amico, quel dibattito, per ora, è concentrato sulla produzione di un sito web ben fatto e senza pretese, con molta comunicazione e molto ufficio stampa e poca partecipazione. Ma come si pone, un partito come il Pd, nei confronti del medium orizzontale dei blog e dei social network? Di fronte a questa domanda, molti nel Pd si fanno la tipica domanda che si pongono le aziende un po' vecchiotte: e se poi li lasciamo partecipare e ci criticano?

Non è una domanda peregrina. Ma è una domanda sbagliata. Non è peregrina perché succederà. E' sbagliata perché la critica è parte del gioco. E ci sarà comunque, anche online e anche da parte di elettori e funzionari.

Ma c'è di più. La comunicazione di un partito oggi non è fatta solo di comunicati: è fatta, insieme, di comunicati, reazioni immediate rubate dai cronisti, progetti meditati, eventi e fatti... ma la comunicazione di un partito è fatta anche della struttura dei sistemi di comunicazione. Anche la struttura parla: si può dire che la piattaforma è il messaggio, almeno in parte.

Se fossi in quel partito mi preoccuperei meno della critica interna e più di ascoltare e di farmi comprendere. Tutti sanno che quello che si discute in un social network non è la posizione del partito ma la sostanza del dibattito e dello scambio di opinioni che porta a far emergere il contesto ideale e informativo - oltre che la dinamica della maturazione delle idee - che la posizione del partito deve interpretare. Si facciano i blog dei cittadini che partecipano. Si lancino proposte di lavoro: tipo informare su quello che succede localmente, dibattere le grandi questioni, discutere le forme dell'agenda politica. Non si dia a questo insieme di contenuti il valore della comunicazione politica: si dia alla struttura mediatica che fa vivere quella partecipazione - anche rischiosa e critica - il senso di simbolo della bellezza della politica che il nuovo partito vuole fare.

Ma se non se ne vuole occupare, il Pd, di tutto questo (e non è obbligato), perché si deve per scelta concentrare sul "marketing" delle sue attività, sappia che succederà ugualmente: che ci saranno ugualmente gli elettori critici con un blog e persino i funzionari di partito critici con un blog. E sarà un bene. Se il Pd non se ne vuole occupare, perde l'occasione di ascoltare e di contribuire a sviluppare sedi coerenti e funzionali nelle quali contribuire alla prospettiva e all'agenda del dibattito che online c'è e si svilupperà. E secondo me perde un'occasione - non l'unica naturalmente - di dimostrare che si può fare qualcosa di bello nella politica. Imho.


9:22:10 AM    comment [];

Ascoli domani
Nel dibattito su La città del futuro

C'è un'industria calzaturiera che si deve ripensare. C'è lo spazio di una fabbrica di venti ettari in pieno centro da bonificare e riqualificare. C'è una provincia che si divide tra Ascoli e Fermo. C'è una città bella e storicamente ricca da riprogettare. Ci sono giovani da liberare.

E' partito un consorzio universitario, guidato da Achille Buonfigli. Partecipano le autorità locali. E molte realtà della città. C'è il progetto della biennale del design. E c'è un distretto culturale da lanciare. Ma soprattutto c'è la consapevolezza di una città che si pensa.

Il dibattito di ieri ha fatto emergere, accanto all'esempio di Edimburgo o di Pesaro o di molte altre città, ha fatto emergere alcune direttrici di un discorso che vale per Ascoli come per molte altre città italiane. Ne riporto alcuni stralci, in forma di appunti.

La prospettiva del presente è ingombrata da un'idea di passato non come ricchezza ma come limite invalicabile. La paura e la mancanza di una narrazione comune condivisa sembrano alimentare l'inazione. Chiudendo il pensiero di molti in una sorta di gabbia. Per Pier Luigi Sacco c'è un dibattito di piccolo cabotaggio e di breve periodo, condotto sul filo di una falsità colossale: il pragmatismo utilitaristico è visto come l'unica dimensione concreta dell'azione. Non esiste - e può e deve essere ricreato - un futuro sul quale proiettare con senso storico e visione prospettica l'insieme delle riflessioni, dei sogni e delle opportunità. La competitività, l'accesso dei cittadini alla cultura, la capacità di ragionamento dei giovani sono variabili che corrono nella stessa direzione, secondo tutte le statistiche disponibili: le città ricche di cultura e di giovani attenti e critici sono anche le città più competitive. Il punto è evitare l'equivoco di pensare solo al risultato immediato e di considerare il sistema economico non come fine ma come mezzo. La cultura è il settore trainante dell'economia (654 miliardi di euro, il doppio del fatturato dell'automobile in Europa), ma la cultura è fatta di settori ad alto tasso di profitto (come i videogiochi) e settori che non producono profitto (come le performing arts): l'ecosistema della cultura ha bisogno di entrambe queste dimensioni per crescere in creatività e credibilità. Prospettiva e ispirazione vengono dalla cultura. Il museo di arte contemporanea è il sistema educativo necessario alla cittadinanza per pensare la contemporaneità, dice Ludovico Pratesi, direttore del Centro d'Arti Visive di Pesaro. La contemporaneità va raccontata con i codici della contemporaneità, dice Cristiano Seganfreddo, direttore di Fuori Biennale. Il design di una città deve liberarla, dice Riccardo Marini, city designer di Edimburgo.

Occorre trovare una prospettiva contemporanea, che parli all'esperienza delle persone, in modo da consentire la lettura della realtà con gli occhi adatti all'epoca della conoscenza. Perché solo così possiamo raccontarci il mondo in cui siamo e credere sul serio nel mondo che stiamo costruendo.

Se abbiamo paura, se non ci fidiamo più del nostro paese, se il pragmatismo utilitaristico distrugge la fiducia, non possiamo credere di poter progettare e realizzare il nostro futuro.

Innovare la città non significa pianificare uno sviluppo. Significa attivare le forze della città. Non si fa top down, ma bottom up. Il pensiero giusto non è lineare ma parte dalla teoria della complessità.

(Una considerazione. Un tempo si comprendeva internet con metafore che venivano dalla città. Oggi si comprende l'innovazione con metafore che vengono da internet. Sicché anche la città è una piattaforma aperta di relazioni tra persone e organizzazioni, un ecosistema delle idee e della convivenza. L'iniziativa innovativa è tanto più efficace nel complesso quanto più aperta e accogliente è la piattaforma).


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9:04:08 AM    comment [];


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