Luca De Biase
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Lunedì, 7 gennaio 2008
 

Vent'anni di Gates

Ho cominciato a parlare con Bill Gates nel 1994. Ma lo seguivo da qualche anno. Steve Jobs era una stella del passato e la Microsoft un gruppo di persone intelligenti. Pure troppo. Da allora l'ho incontrato una decina di volte. Poi ho smesso. Mentre Steve Jobs tornava sul palcoscenico.

Ieri ha smesso anche lui. Con l'ultimo show da capo azienda, a Las Vegas. Tra qualche giorno tutti staremo pensando a Steve Jobs e al suo prossimo MacWorld.

Nel 1986, Gates aveva proposto alla Apple un accordo che avrebbe cambiato il corso della storia. "Voi avete il miglior sistema operativo, noi le applicazioni. Fate diventare standard il Macintosh, scrivendolo in modo che giri su Intel. Noi con la nostra suite di programmi per scrivere, fare i conti e le presentazioni di prenderemo cura delle attività principali degli utenti". Jobs non era già più nell'azienda che aveva fondato. Ma anche lui, non ne dubito, avrebbe rifiutato. Perché la Apple ha valore se è speciale, differente. Non può essere lo standard. La Microsoft invece è fatta per conquistare la posizione di standard e per difenderla con le unghie e con i denti. Da allora è stato così.

Dal 1994, Gates è cresciuto. Prima si faticava a convincere un giornale italiano a pubblicare un'intervista con lui. Poi è diventato la star che conosciamo, anche se attraeva soprattutto per via dei soldi che aveva accumulato. In realtà, le sue idee sembravano sempre un po' indietro rispetto ai fatti. Come per tutto il 1995, quando è uscito con il nuovo sistema operativo e la prima versione di "The road ahead" che non dedicava una riga a internet. Sul finire di quell'anno magico, mentre la Netscape aveva conquistato il 90 per cento degli allora pochi navigatori sul web, Gates decise la sterzata che ricordiamo, lanciò l'Explorer e si diede alla rincorsa del rivale. Arrivando a schiacciarlo.

La gente della Microsoft nel frattempo è cambiata molto. Il gruppo che si occupa di Windows e Office è sempre piuttosto prudente. I gruppi che si occupano di Xbox e Msn, invece, sembrano lanciati nell'innovazione. Quelli dello Zune faticano a farsi notare. L'antropologia della Microsoft si è frantumata: da una parte sembra una sorta di piccola Ibm, dall'altra fa il piccolo outsider (anche se dispone di troppi soldi per sembrare davvero affamata di invenzioni fondamentali).

Gates ha cercato a lungo una nuova vita. Il suo ruolo lo ha costretto a fare il visionario. E anche ieri a Las Vegas ha proposto i suoi scenari. Ma non è in quel ruolo che Gates fa sognare. E' nell'intelligenza con la quale definisce e persegue le sue strategie. Sembra uno scacchista più che un pioniere. Ma un fondo di grandezza ce l'ha.

E' per questo che ora fa il filantropo. La sua Fondazione è interessante non per la quantità di soldi che gestisce ma per il modo in cui li gestisce. Tanto che Warren Buffett gli ha affidato la sua parte di denaro destinato alla filantropia. Questa sua nuova vita, già controversa ma chiaramente interessante, è tutta da leggere. E, per la prima volta, da questo punto di vista, anche Steve Jobs lo insegue.                

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