Il dibattito sul copyright e il monopolio Siae, ieri alla Festa dell’Unità di Torino, è stato preceduto da polemiche più o meno comprensibili sull’annunciata presenza di Gigi D’Alessio, cantautore. E giusto prima dell’inizio ha subito un ulteriore colpo: annunciando l’imminente dibattito, una dei responsabili e speaker della festa ha definito “tassa” la raccolta di Siae per il diritto d’autore, il che ha indotto l’artista Giovanni Caccamo, che avrebbe dovuto partecipare, a rinunciare per protesta.
Alla fine c’erano rappresentanti delle società di raccolta, etichette, artisti (post di ieri). Per un bel dibattito, aperto e franco, su quale sia il metodo migliore per raccogliere il diritto d’autore: un dibattito che normalmente si sarebbe svolto davanti a una trentina di persone, avvocati, attivisti, internettari… Invece c’era un padiglione pieno, con la gente in piedi, bambini seduti per terra, signore in prima fila, persone stipate in ogni angolo con i cellulari in mano, pronti a riprendere il momento clou della serata. Il momento che hanno pazientemente aspettato per più di un’ora, ascoltando e non capendo (dichiaratamente) il dibattito: con pazienza, gentilezza, benevolenza. Ma anche enorme distacco. Che diceva: chissenefrega di come raccolgono il copyright?
Alla fine ha parlato Gigi ed è stato il momento della verità. Nel senso che era l’unico motivo vero per stare lì: ascoltare una persona amata dire quello che vuole sperando che poi canti qualcosa. E Gigi D’Alessio è stato bravo. Ha spiegato come campa uno che fa musica, è stato spiritoso, ha persino cantato, senza strumenti: il pubblico si è alzato in piedi, le signore hanno accennato un passo di danza, tutti si sono divertiti. E poi è finita. Nessuna conclusione era possibile. La popolarità era in un’altra dimensione rispetto alla discussione.
Prima, tanto per avere argomenti da usare nelle presentazioni degli interventi al dibattito, avevo chiesto a un bambino (sui cinque anni), seduto per terra davanti a tutti, come ascoltasse la musica. Ha spiegato che accende l’iPad e la sente. Ho chiesto: Spotify? Ha risposto: wifi. Ma alla mia prima domanda su “come ascolti la musica” lui aveva risposto solo: “la musica è bellissima”. Quello è ciò che conta.
Tutta la filiera industriale sta dietro e non arriva a chi è in realtà semplicemente coinvolto dall’arte.
In Europa si stanno prendendo decisioni sul copyright che possono essere criticate (forse). Il dibattito ha una storia lunga e complessa. La musica è il laboratorio per tutto il resto. L’oligopolio delle quattro etichette dei cd degli anni Novanta. La rottura del sistema con il p2p di mp3 online. La paranoica lotta alla pirateria che ha messo gli editori contro il loro pubblico e viceversa. L’emergere di soluzioni come iTunes e lo streaming che nel tempo hanno ridato una struttura al sistema. L’attuale ritorno a una sorta di normalità rinnovata e sempre in ebollizione. Ma la vera ricerca è sempre stata quella di una soluzione proporzionata: una soluzione che desse al pubblico modo di pagare il giusto ai loro beniamini, una soluzione che non diventasse un sistema di polizia tale da impedire ogni innovazione, una soluzione che consentisse anche di partecipare alla generazione di cultura che spesso è remix e divertimento semplice con le opere che sono pubblico dominio (e che a sua volta va protetto). Una soluzione proporzionata.
La tecnologia può rendere tutto più facile, con la trasparenza, la capillarità analitica della raccolta di informazioni sull’uso delle opere, la fine delle forme autocratiche e poco chiare di raccolta. I fatti dicono che si sta andando in questa direzione.
La paranoia sul diritto d’autore deve finire. Il pubblico lo dice con chiarezza. Perché la musica è bellezza.
ps. Gigi D’Alessio ha fatto notare che era la sua prima volta a una Festa dell’Unità. Può essere cambiato lui. Può essere cambiata la Festa dell’Unità. Oppure può essere che si cerchi qualcosa di più profondo che unisce. Di certo, al pubblico, non interessava nulla delle polemiche, della politica, dei debiti. Interessavano le canzoni. Anche questo merita una riflessione.
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