Mentre il dibattito sull’innovazione nel sistema politico affonda nel politichese, il nodo della questione non viene affrontato per mancanza di tempo e di profondità. Le votazioni online sono l’ultimo degli argomenti di una vera innovazione del sistema politico. Ma sembrano il primo e producono, anche per questo, polemiche fuorvianti. Il caso della votazione sul caso Salvini è stato un pessimo momento di questo dibattito. Ma consente di tornare sull’argomento in chiave di riflessione. Tento umilmente di farlo per punti, rispondendo alla domanda: qual è l’impatto reale e potenziale della digitalizzazione nell’ambito della pratica politica in una democrazia occidentale?
1. In assenza di una riflessione sull’evoluzione del sistema politico e sociale, la traslazione del luogo del dibattito pubblico in rete non modifica la sostanza della dinamica politica che si era sviluppata all’epoca della televisione (politica come promozione di brand e personaggi in cerca di consenso da concretizzare alle elezioni), ma nello stesso tempo si adegua alla traiettoria evolutiva del sistema mediatico sulla scorta dei vincoli insiti nelle piattaforme più utilizzate (aggregazione algoritmica dell’attenzione in cluser di pensieri convenzionali). Conseguenza: ulteriore disincentivo alla qualità del dibattito e ulteriore incentivo alla ricerca del consenso in termini di feedback immediato da parte dei brand e dei personaggi in competizione per i voti. Corollario: gli obiettivi della politica vengono perseguiti esclusivamente nei termini e nelle forme che servono alla raccolta di voti. Il problema non è nella ricerca di voti: è nell’appiattimento di tutta la questione politica sulla ricerca di voti.
2. La politica di spessore contiene alcuni processi che non possono essere dimenticati. Il primo processo è quello che genera l’informazione su come stanno le cose: un’informazione ottenuta con un metodo accettato da tutte le parti in causa genera uno spazio di incontro culturale fondamentale, uno spazio nel quale i fatti sono gli stessi per tutti anche se le opinioni dividono. Il secondo processo è la deliberazione che serve a comprendere quali sono le scelte migliori: il discernimento sulle conseguenze delle azioni non può essere lasciato a convinzioni schematiche e preconcette ma ha bisogno a sua volta di un metodo di deliberazione che serva a soppesare le alternative e a scegliere le teorie più sostenute dai fatti, per consentire un confronto che si allarghi poi alle visioni del mondo alternative e soprattutto agli alternativi sistemi valoriali. Il terzo processo è quello delle votazioni, ma riesce bene solo se sono stati svolti bene i primi due.
3. L’innovazione digitale può condurre alla predisposizione di piattaforme che facilitino i processi di generazione di informazione e di deliberazione in modi che in passato erano impensabili. Può avvenire approfondendo tutti i temi in gioco: la struttura dell’interfaccia, i sistemi incentivanti impliciti nelle piattaforme, i pregiudizi impliciti negli algoritmi utilizzati e persino nell’intelligenza artificiale cui si fa ricorso, e così via.
La democrazia diretta, nella quale tutti votano su tutto, resta un’utopia interessante ma difficilmente praticabile, in generale. Inoltre, forse rischierebbe di appiattire il dibattito sulle singole questioni al pensiero mediamente diffuso intorno a esse: è pur vero che per ciascuna questione esistono persone che hanno una conoscenza maggiore, o per esperienza o per studio; il problema è quello di riuscire a contemperare la valorizzazione delle conoscenze di chi sa di più delle questioni con la visione del bene comune che in generale è incarnata dall’insieme della società. A questo serve la repubblica: a dare al bene comune uno spazio di attenzione costituzionalmente garantito, anche contro il volere delle maggioranze, a tutela delle minoranze; impedendo la prevalenza dei gruppi più forti, siano essi tecnocratici o populisti. Le piattaforme esistenti possono sembrare in grado di disintermediare i sistemi di informazione, deliberazione, votazione, ma di fatto reintermediano sulla base dei principi di interfaccia e di algoritmo di chi le ha progettate. Le piattaforme del futuro e le costituzioni del futuro devono essere pensate insieme per garantire allo stesso tempo la qualità del dibattito e la partecipazione di tutti. L’innovazione nella politica non si deve fermare di fronte alle difficoltà dell’applicazione del digitale che vediamo oggi: deve essere semplicemente pensata meglio.
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Assolutamente da leggere, a proposito delle dinamiche dell’attenzione nell’attuale configurazione dei social network: Trend of Narratives in the Age of Misinformation (di Alessandro Bessi, Fabiana Zollo, Michela Del Vicario, Antonio Scala, Guido Caldarelli, Walter Quattrociocchi).
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