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Il punto di vista di una piattaforma

Le piattaforme che servono a re-intermediare certi mercati per lo scambio di lavori, servizi, prodotti, non sono neutrali né corrispondono tout-court alla “modernizzazione” ma piuttosto riflettono il punto di vista e i valori di chi le ha progettate. Se sono adottate da molte persone hanno conseguenze importanti e diffondono quei valori. Il loro codice incarna le regole imposte a queste forme di re-intermediazione e diventa il nuovo codice del lavoro o del commercio per gli interessati. Tipicamente, anche se mettono insieme diversissimi soggetti, nel loro progetto prevale un punto di vista: in certi casi, le piattaforme pensano con la mentalità del datore di lavoro che offre servizi al pubblico pagante, in altri si concentrano sui servizi che facilitano chi fa pubblicità per aumentare le vendite, oppure sono fatte per migliorare il marketing verso i consumatori. Si direbbe che finora siano state scritte soprattutto dal punto di vista di chi compra lavoro e di chi vende prodotti. Ma potrebbero essere fatte invece piattaforme che uniscono le forze delle parti contraenti deboli, i lavoratori e i consumatori. È quello che pensano ad Harvard e Sheffield. E quegli studi sono esempi della continua riprogettabilità della rete. Se Uber sembra fatta apposta per trarre vantaggio da persone disposte a gig-lavorare, una piattaforma che riunisca quelle persone in una sorta di agenzia capace di ricontrattare le condizioni mettendo insieme lavoratori e consumatori per ridiscutere le condizioni decise unilateralmente dalla piattaforma potrebbe anche funzionare. Ma non sarà la lotta corporativa o di parte a vincere in quel caso: sarà la generazione di un valore maggiore… una bella sfida.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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