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Una critica radicale della soluzione algoritmica al problema del falso online

Non è possibile affrontare il falso sui social network senza il ricorso a un po’ di algoritmi, visto il gigantismo del numero di post prodotti dal miliardo e rotti di persone che in media sono per esempio su Facebook ogni giorno. Ma gli algoritmi non possono risolvere il problema del falso sui social senza prendere in considerazione un insieme di operazioni editoriali, perché in fin dei conti la questione è politica, dice Henry Farrell che insegna scienza politica e affari internazionali alla George Washington University (chronicle). Chi ha ragione?

Farrell è convinto che la forza e la debolezza di Silicon Valley sia quella di pensare che ogni problema abbia una soluzione ingegneristica. Ma gli algoritmi non sono mai neutrali. E poi, si potrebbe aggiungere, si possono sempre hackerare… Farrell dice che Facebook prima o poi si dovrò prendere la responsabilità “politica” di “editare” quello che viene pubblicato sulla sua piattaforma.

D’altra parte non ci può non vedere che anche volendo, Facebook non potrebbe “editare” nulla senza ricorrere ad algoritmi, vista la massa di post che si pubblicano ogni secondo. Come se ne esce?

Il tema è di prendere consapevolezza del fatto che una piattaforma ha una struttura di incentivi, ha algoritmi, ha interfacce che non sono neutrali rispetto ai comportamenti degli utenti. Ma come gli utenti imparano a usarla, essendone condizionati, così la struttura può imparare e aggiustarsi rispetto ai comportamenti degli utenti. Sappiamo che l’algoritmo di Google e Facebook si è modificato nel tempo per fronteggiare il comportamento di chi sapeva sfruttare troppo bene la logica di quelle piattaforme. L’adattamento è stato condotto in base all’incentivo fondamentale di quelle piattaforme: la raccolta pubblicitaria, il cui valore scadeva se gli utenti più esperti hackeravano le piattaforme. In futuro, potrebbe inserirsi anche il valore informativo che a sua volta non dovrebbe scadere. Se questo non sarà fatto dalle piattaforme che esistono, l’adattamento sarà condotto da piattaforme che ancora non esistono. Il bello di internet è che si può sempre inventare la prossima grande cosa. Che se funzionerà sarà perché verrà costruita con una progettualità diversa, con una sensibilità politica più precisa rispetto a quella delle piattaforme precedenti, sulla base dell’esperienza fatta da quelle e alla ricerca di una nuova esperienza. Ihmo.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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