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Alla Camera per “industria 4.0”. Un bel pomeriggio di politica civile

La X Commissione della Camera ha approvato all’unanimità la relazione conoscitiva sull’industria 4.0. E ha presentato i risultati ieri, con il presidente Guglielmo Epifani, il deputato Lorenzo Basso, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia. Non si è esercitato il potere, ieri, si è fatto esercizio di possibilità (#evviva).

Il motivo della bellezza politica del pomeriggio di ieri è stata la emozionante superiorità di un metodo democratico intelligente. Riassumo. Il Parlamento è il luogo nel quale sono rappresentate più direttamente le persone dello Stato e dunque ha la possibilità di svolgere il ruolo dell’istituzione che fa da ponte tra la società e la politica. Se la popolazione non sente che il suo Parlamento svolge questo ruolo si allontana dalla politica e passa all’antipolitica. Se il Parlamento rappresenta la popolazione nelle sue articolazioni e diversità allora un cattivo governo viene semplicemente sbattuto fuori dalle stanze dei bottoni alla prima occasione, le istituzioni mantengono legittimità, l’opposizione non diventa sistemica. Il Parlamento in quanto composto da eletti, vicini agli elettori e tali da rappresentarli, è il luogo nel quale si può riflettere e deliberare prima di decidere: si possono sentire tutte le diverse opinioni, si possono mettere insieme i fatti, si può valutare l’insieme delle opzioni migliori. E a quel punto le decisioni possono essere prese a maggioranza, come di solito, oppure possono andare anche all’unanimità: quando riguardano una visione del mondo e una prospettiva che accomuna tutti gli italiani. Che va oltre gli schieramenti e serve al bene comune. Succede di solito che i parlamentari si azzannino divisi in partiti, ma può succedere che votino all’unanimità, come alla X Commissione che studiava l’industria 4.0. E come in passato in aula votando l’emendamento costituzionale sulla centralizzazione del coordinamento informatico dello Stato proposto da Stefano Quintarelli e Antonio Palmieri. E come votando la Dichiarazione dei diritti in internet.

La deliberazione è una fase importantissima. Altrimenti si decide senza informazione e senza valutazione delle alternative. In base a schieramenti, non per il bene comune. Il Parlamento non è l’assemblea degli azionisti del Governo. È l’organo costituzionale nel quale tutte le diverse componenti della società trovano rappresentanza, mettono in comune le informazioni e deliberano, prima di decidere. In teoria (che, come si sa, coincide con la pratica solo in teoria, ma non in pratica). Il Governo è della maggioranza e non ha nel suo interno la rappresentanza delle diversità, per questo ha bisogno del Parlamento.

La X Commissione, dunque, ha votato all’unanimità sull’industria 4.0 dopo aver sentito in audizione tutte le componenti della società e dell’economia. Ha prodotto uno studio eccellente e proposto cinque pilastri di approccio politico al tema, decisivo per l’economia italiana (Indagine conoscitiva industria 4.0, delibera e pdf). I pilastri sono una governance inclusiva ed efficace, la modernizzazione delle infrastrutture abilitanti, l’accelerazione del contributo dell’istruzione alla creazione delle competenze necessarie, l’aumento dell’attenzione per la ricerca e per l’open innovation (Epifani). L’indagine conoscitiva va letta: Epifani e Basso l’hanno illustrata con competenza e passione. Il ministro Calenda ha insistito sull’approccio basato sull’offerta di opportunità e dunque l’aumento degli investimenti come risposta fondamentale alla sfida. Il presidente Boccia ha impersonato lo spirito collaborativo di un sistema industriale consapevole del proprio ruolo per il paese. Non una parola “di parte” è uscita ieri dai vari interventi (Sole).

Le decisioni seguiranno. Dal governo sono attese presto. Gli industriali ci lavorano per forza. L’industria 4.0 è una grande trasformazione manifatturiera per un paese che si fonda sulla manifattura. Questa volta, l’Italia non può stare alla finestra e “consumare” tecnologia: questa volta è chiamata a fare innovazione.

Questo percorso è stato un bel momento. Può essere la norma? Ci vuole un cambiamento costituzionale per renderlo la norma oppure serve un cambiamento culturale?

Non sappiamo come andrà il referendum costituzionale. Ma sappiamo che in ogni caso ci vuole un cambiamento culturale. E la pratica di usare i media civici per informarsi in modo sensato, per deliberare in modo aperto e intelligente, per preparare le decisioni in modo intelligente, appare un contributo fondamentale al cambiamento culturale necessario al rinnovamento della democrazia.

I momenti come quello di ieri sono possibili quando il senso del bene comune prevale a livello culturale sul senso dell’interesse di parte. I media civici sono uno strumento per aumentare lo spazio nel quale si sente il bene comune. Imho.

Vedi:
Media Civici. Informazione di mutuo soccorso
Da Strasburgo a Torino per Nexa: Internet e democrazia. Appunti sui media civici

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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