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I robot al lavoro. E il 47% degli umani? Una nuova ricerca di Frey e Osborne

Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, ricercatori a Oxford, nel 2013 avevano scritto un paper supercitato che tra l’altro segnalava come il 47% dei lavoratori americani rischiassero di essere sostituiti da robot e altre macchine (The future of employment: how susceptible are jobs to computerisation?)

Based on these estimates, we examine ex- pected impacts of future computerisation on US labour market outcomes, with the primary objective of analysing the number of jobs at risk and the relationship between an occupation’s probability of computerisation, wages and educational attainment. According to our estimates, about 47 percent of total US employment is at risk.

Ora i due autori escono con un nuovo paper (Technology at work. The Future of Innovation and Employment). La fortissima innovatività del sistema del XXI secolo ha prodotto vantaggi distribuiti in modo non equo. I lavoratori non hanno tratto benefici, mentre gli azionisti sì.

As a result, many countries have witnessed significant declines in labour’s share of GDP. According to a 2013 study by Loukas Karabarbounis and Brent Neiman, 42 out of 59 countries experienced a fall in the share of GDP accruing to labour — a trend that is also found in emerging economies like China. Crucially, about half of this decline can be explained by the decrease in the relative price of investment goods, which in turn is driven by advances in computer-driven technologies, leading companies to substitute labour for capital in production. In the United States the decline in the labour share has been even more substantial when a small group of highly skilled workers with soaring income is excluded.

Instead of labour, the greatest beneficiaries of the digital age have been shareholders. According to a recent estimate, the three leading companies of Silicon Valley employed some 137,000 workers in 2014 with a combined market capitalisation of $1.09 trillion.4 By contrast, in 1990 the three largest companies in Detroit had a market capitalisation of $36 billion while collectively employing about 1.2 million workers.

Di fronte ai cambiamenti in atto e sulla spinta della on demand economy basata sulle piattaforme che gestiscono varie forme di lavoro “freelance”, però, secondo Roberto Ciccarelli, i lavoratori si stanno lentamente organizzando (CheFare).

Il fenomeno va dagli Stati Uniti dove la Freelancers Union ha raggiunto 220 mila soci alla Gran Bretagna dove ci sono 200 mila persone che lavorano in 400 cooperative usando le tecnologie della condivisione. In Spagna una cooperativa come Mondragon occupa più di 74 mila persone.

Le pratiche dell’auto-organizzazione e del mutualismo 2.0 rappresentano il futuro e un’alternativa alla sharing economy, « il reaganismo con altri mezzi» (Scholz): l’uso capitalistico che l’individuo fa della casa o della macchina, della forza-lavoro just-in-time per eseguire micro-lavori creativi, esecutivi, dell’intrattenimento. La «cooperazione di piattaforma» sta sviluppando proprie istituzioni e strumenti come la class action per rivendicare diritti individuali e sociali nelle città, come nei tribunali.

Realtà pressoché sconosciute in Italia, ancora concentrata sull’immagine ingenua della sharing economy come un’economia dei servizi on-demand via smartphone.

La forma che assumerà il lavoro nel futuro non è definita soltanto dalla convenienza a investire in macchine per sostituire umani, ma anche dal modo con il quale gli umani impareranno a riorganizzarsi. Non solo sul lavoro. Ma anche nell’attività di progettazione di macchine e piattaforme: non è obbligatorio che siano pensate per sostituire l’umano o il lavoratore dipendente; possono essere pensate non per moltiplicarne il valore, per facilitare la collaborazione, per rendere più semplice l’attività manuale e moltiplicare il contenuto di conoscenza dei prodotti…

Vedi:
The onrushing wave. Previous technological innovation has always delivered more long-run employment, not less. But things can change (Economist)
Cooperazione 2.0 Le alternative nella sharing economy (CheFare)

Vedi anche:
Cambia il lavoro nella “on demand economy”: freelance, contractors, digital labor, e altre ambiguità
Nuovo welfare e lavoro nell’èra digitale. Dibattito profondo in Francia a partire da uno studio di CNNum

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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