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iPad, i giornali sono applicazioni

Dove si vendono i giornali per l’iPad? Che cosa sono i giornali, secondo chi ha progettato la nuova tavoletta? Che opportunità hanno gli editori di giornali e i giornalisti adesso? 

L’iPad si carica di contenuti creandoli, oppure attingendo al web, oppure comprandoli da iTunes, musica e film, AppStore, software, iBooks, libri. Dunque, almeno finora, non c’è un’edicola.
Dove si possono vendere i giornali per l’iPad? La risposta a questa domanda è anche un geniale suggerimento per rispondere alla domanda preliminare: “che cosa sono i giornali?”
I giornali sono flussi di notizie e progetti speciali, sono testi, audio e video, sono relazioni tra il pubblico attivo e le redazioni, sempre però con un taglio interpretativo speciale sintetizzato dalla testata. La forma dei giornali digitali è dunque quella dell’applicazione: è un software che mette insieme tutti gli elementi, compresa la struttura fondamentale che organizza le informazioni appoggiando l’interpretazione.
Per gli editori di giornali e giornalisti c’è cibo per la mente. Giustamente, dicono, che produrre le notizie costa. Ora devono produrre anche immaginazione, design. E costerà anche quello. Ma hanno trovato chi suggerisce una strada per uscire dalle secche.

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  • Non potrei essere più d’accordo. Sports illustrated e Wired Usa hanno già cominciato a immaginare cose bellissime… e direi molto interessanti anche dal punto di vista dell’advertising. Mi chiedo però se non dobbiamo immaginare i giornali sempre più come “lock-in platforms”, almeno in parte sulla scorta dei modelli di FB, Google e Youtube che sembrano quelli che funzionano meglio in rete.
    Questo vorrebbe dire che i giornali devono pensare sì al quotiodiano, ma anche a produrre contenuti che durano nel tempo, che possono essere fruiti più e più volte (la vecchia storia della settimanalizzazione, ma in maniera molto più intelligente).
    E magari dovrebbero pensare anche a sviluppare qualche pezzetto di software? Il mercato delle apps sembra vastissimo… come già dimostrato da IPhone.

  • Sull’idea di giornali come applicazioni segnalo questo pezzo piuttosto radicale dell’
    Huffington Post
    http://www.huffingtonpost.com/maya-baratz/in-the-app-economy-newspa_b_436929.html
    Nel mondo dei media contemporaneo, dice in sostanza, o sei una piattaforma (come Google, Facebook Apple-itunes-ipad) o sei costretto a diventare applicazione. Quotidiani e riviste, afferma, piattaforme non sono e dunque la loro strada è tracciata.
    D’accordo con Guido sul fatto che quello che Apple propone sia finalmente un supporto che consente di restituire sul digitale la ricchezza (anche estetica) della lettura cartacea. Resta da vedere se questo “applicazionizzarsi” di quotidiani e riviste non comporterà alla lunga anche qualche prezzo da pagare dal punto di vista della libertà di espressione visto che il “controllo” finale dei contenuti resta nella mani dei proprietari delle piattaforme. Vedremo

  • @Sergio
    spesso ora la differenza tra un giornale e un “sito” di notizie à già poco evidente, quantomeno sul flusso e sulla capacità di analisi (parlo della fruibilità su Internet).
    Il giornalismo (e il giornale) deve saper fare la differenza. Per ora ce la siamo cavata con poco.

  • Niente di male che i giornali diventino (anche) applicazioni. Ma se lo diventano sottomessi alle regole di un gatekeeper come Apple, allora no, facciamo un passo indietro sulla strada della democrazia

  • @Francesca
    sono un innamorato della carta stampata e, contemporaneamente, della tecnologia.
    Trovo che il giornale debba fare la differenza nell’approfondimento dei contenuti e nell’impaginazione.
    I lettori elettronici, invece, dovrebbero dare un’informazione più snella e rapida.
    Postilla: l’iPad non è un vero e proprio e-reader. E’ qualcosa che vorrebbe essere e fare tutto ma…

  • Forse non ho compreso bene io, ma a me pare che l’edicola ci sia eccome. E’, esattamente come l’app. Itunes, una app. a disposizione. Si chiama iBooks. Puoi vendere un abbonamento ad una rivista (come su kindle) o un libro, senza necessariamente dover creare una nuova applicazione.
    http://www.apple.com/ipad/features/
    L’applicaizone semmai diventa uno strumento abilitante al servizio che un generatore di informazioni può darti. In questo caso la differenza di offerta è insita nell’applicazione sviluppat. Mentre nel primo caso è sulla credibilità dell’interlocutore e sulla qualità dei contenuti.

  • ciao Pepe! scusa il ritardo… può essere che tu abbia ragione ovviamente, ma la tua ipotesi potrebbe funzionare solo in casi molto particolari: perché iBooks è un’applicazione che si scarica sul device e serve a comprare libri in formato ePub… che non è necessariamente il formato che vuoi usare per un giornale…

  • Ciao Luca, visto passare qs tuo pezzo ma nn fatto a tempo a commentare prima
    Io credo che l’edicola sia ancora e sempre iTunes. E che, come ho scritto, un sistema chiuso “in cima” come quello possa assicurare un modello di business – nonostante le recenti affermazioni di De Bortoli sull’applicazione del Corriere
    Credo molto molto interessante la strada dei giornali come applicazioni…

  • Io francamente la frase “I giornali sono applicazioni” non la capisco.
    iPad non è altro che un’altra declinazione di uno strumento che ha a bordo un browser, di conseguenza secondo me la frase giusta è “I giornali possono anche essere pubblicati su un sito”. Certo non è una novità, ma è la sostanza del fenomeno, il messaggio importante è che la grade opportunità è mettere in rete non una copia della versione cartacea del giornale, come si farebbe con iBooks o con Kindle, ma realizzare veri e propri siti di notizie multimediali come fanno sempre più giornali avvicinando tra l’altro giornali e tv.
    Personalmente uso con grande efficacia Kindle e per questo ho addirittura cambiato quotidiano, e il modello d’uso lo trovo particolarmente efficacie, molto più di quanto non succeda con un sito.
    La frase “i giornali sono applicazioni” confonde il viaggio con il mezzo di trasporto.
    Magari non ho capito qualche cosa…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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