Al festival del giornalismo culturale il dibattito è ricco come la concentrazione di cervelli che si avvicenda sul palco organizzato da Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini. Certo, il tema è talmente vasto che le ore non bastano mai. Qualche accenno ancora alla questione della carta e del web mentre altrove si scopre che la carta ha uno specifico valore per la concentrazione e l’apprendimento e mentre il digitale avanza inarrestabile nel flusso della vita quotidiana. Qualche spunto sulla realtà dei modelli di business che se sono crossmediali sono più sani. Un giusto tributo alla funzione del giornalismo culturale come sistema di valutazione del “meglio” nell’ambito del “tanto” che circola in rete. Ma un fatto va sottolineato: se siamo nell’epoca della conoscenza e se il giornalismo ha una funzione, il tema del giornalismo culturale è strategico. Soprattutto se connette il sistema dei “prodotti” dell’industria culturale all’enorme trasformazione storica che ne sta ridefinendo il senso e i confini attraverso l’innovazione cognitiva e che sembra sospingere l’evoluzione della specie proprio per via culturale. La cultura non è il suo prodotto ma si mangia eccome: perché è la sorgente del valore nell’economia della conoscenza.
25/04/2015 10:01
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La cultura non è il suo prodotto
25/04/2015 10:01
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Luca De Biase
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