Nella piccola vicenda italiana del contributo per la copia privata sono riusciti a trascinare diversi autori amati dal pubblico. Evidentemente senza perdere tempo a spiegare bene loro di che cosa stavano parlando. È un’impressione che, soggettivamente, mi pare avvalorata dal comunicato stampa alla fine del post precedente.
Ma è ancora più chiara con la comunicazione di Benigni e Bertolucci di ieri, all’Ansa. Dicono che l’equo compenso sulla copia privata «non è una tassa ma un giusto corrispettivo per chi produce creatività in questo Paese cercando e sperando di aiutarlo a migliorare». La parola chiave è “giusto”. Che sia legale è vero, visto che c’è una legge, ma questo non consente di definirlo “giusto” considerando che lo devono pagare tutti anche se non si fanno nessuna copia privata di niente.
E qui c’è il salto logico più interessante. Quando i due registi si dimostrano che convinti che il contributo dovrebbe essere pagato dalle aziende che producono smartphone e altri device: «Le aziende che scaricano sui consumatori un loro obbligo compiono un atto ingiustificato a difesa degli interessi finanziari di coloro che molto prendono e pochissimo restituiscono alla nostra cultura». Non si capisce proprio da dove nasca questa convinzione secondo la quale il contributo dovrebbe essere pagato dai produttori e non dai consumatori considerato che la Siae afferma chiaramente che si tratta di un contributo vantaggioso per i consumatori: «La Copia Privata è il compenso che si applica, tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore. In questo modo ognuno può effettuare una copia con grande risparmio rispetto all’acquisto di un altro originale». Da notare quel “si applica … in cambio della possibilità di effettuare registrazioni”: chi le effettua se non il consumatore? E dunque con chi è lo scambio? E dunque chi lo deve pagare il contributo? Evidentemente il consumatore (ho appena riguardato il sito Siae ed è ancora uguale a come l’ho citato; non so se cambierà in futuro).
Questa battaglia è sulla logica. Non sulla sostanza. Perché la sostanza è che il diritto d’autore merita una ricompensa. Ma merita una ricompensa giusta e pagata da chi effettivamente fa uso del diritto d’autore non da chi si compra un telefono per fare le mille altre cose che consente. E tanto meno, parrebbe, da chi vende quel telefono. Ci vuole altro per compensare giustamente gli autori e per punire i produttori della loro tendenza a eludere le tasse.
Ma questa è una piccola questione. Come si sa, chi parla di copia privata non deve alludere in nessun caso al fatto questo contributo potrebbe essere pensato come una compensazione per la pirateria come impone la Corte europea. Eppure, esplicitamente o implicitamente, in nome della salvaguardia dei diritti degli editori (e forse degli autori) si stanno commettendo errori e si stanno sostenendo opinioni illogiche e ingiuste.
Benigni e Bertolucci si sono prestati a fare da soldati in una piccola guerra. Ma forse potrebbero dare un’occhiata alla grande immagine di ciò che sta accadendo. E guardarsi un film. Bellissimo:
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Quando ho letto che Benigni (non uno qualsiasi) parlava della tassa SIAE come ne parla Franceschini mi sono venuti i brividi.
Il mondo sta forse impazzendo?
Fortunatamente ancora qualcuno che ragiona esiste.
In ogni caso la mia stima per benigni è sprofondata. Quando si fanno dichiarazioni del genere si ci dovrebbe informare un minimo cosa che evidentemente benigni non ha fatto.