A SocialCom2016 si discute dell’evoluzione della comunicazione. E ci sta anche un dibattito di giornalisti che parlano del futuro del loro mestiere.
Mi domando se questa discussione sul futuro dei giornali abbia un minimo di interesse al di fuori del mondo dei giornalisti e degli editori. Ho il sospetto che se ne parli con passione ma in modo vagamente autoreferenziale. Anzi, il punto è probabilmente proprio che il destino dei giornali è considerato rilevante solo nella misura in cui i giornali sono considerati rilevanti. Se i lettori – specialmente giovani – non leggono i giornali forse c’è da sospettare che non considerino rilevanti i giornali. E dunque si può inferire che non considerino rilevante il dibattito sul loro futuro.
E allora decido di dedicare il mio intervento a proporre un punto di vista diverso. Ecco gli appunti, come promemoria.
La società italiana è cambiata in modo drastico dal 2000 in poi. Come riassumere un cambiamento tanto radicale? La società italiana è entrata nell’euro, un sistema con tassi d’interesse bassi e con moneta relativamente forte rispetto alla liretta: e ha scoperto come questo abbia conseguenze profonde su mercati fondamentali come l’edilizia, le banche, la relazione con i mercati di esportazione. La Cina, che era un’economia grande come l’Italia nel 2000 ora è sei volte più grande. Il digitale era uno strumento ed è diventato l’ambiente e la vita quotidiana dell’infosfera. La quota di spettatori televisivi dei primi sette canali si è più o meno dimezzata come si drasticamente ridotto il numero di elettori che vanno a votare. E le copie di giornali di carta che sono vendute sono ormai meno di due terzi di quelle che erano nel 2000. Intanto, i ragazzi che non trovano lavoro sono di certo raddoppiati. E il problema numero uno delle famiglie è il lavoro e l’avvenire dei figli. Il tutto è avvenuto in un grande disorientamento, delegittimazione del passato e mancanza di prospettiva sul futuro. Se i giornali non danno risposte a questi problemi sono irrilevanti e quindi perdono lettori. Intanto, i social network consentono di consumare informazione. Se i giornali devono recuperare spazio devono collegarsi con questo insieme di fenomeni, che non sono il futuro, ma quello che è già avvenuto.
Se imparano a dare risposte, invece, trovano lettori e ricostruiscono i loro modelli di business. Chi fa un lavoro a valore aggiunto riesce forse a guadagnare: chi non genera valore riconoscibile per il suo pubblico di certo non produce a lungo un grande fatturato o utile. Occorre dunque sintonizzare il lavoro dei giornali con i problemi della società attuale e svolgere un lavoro di qualità, che porta valore. A quel punto i giornali possono ritrovare rilevanza e scegliere un modello di business. Se è la pubblicità si deve combattere per il traffico e l’attenzione di un grandissimo volume di utenti visto che ci si confronta con i grandi vincitori dell’evoluzione recente, come Google e Facebook. Se invece il modello di business è la vendita del servizio di informazione si può pensare a sviluppare una piattaforma innovativa e immaginare di conquistare un fatturato sostenibile sulla base della generazione di informazione definita da un metodo di ricerca accurato, indipendente, attento agli interessi del pubblico. Imho. (Dossier)
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