Ieri al Festival delle resistenze di Bolzano ci si chiedeva: che cos’è la resistenza oggi? che cosa significa oggi resistere e dunque quali sono le forme di resistenza contemporanea? Dopo il “resistere, resistere, resistere” di Francesco Saverio Borrelli rivolto al ventennio berlusconiano e che richiamava esplicitamente il precedente ventennio fascista è finita la seconda resistenza?
In alcuni paesi – Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Russia – ci sono le rivoluzioni. In Italia c’è la Resistenza. O il Risorgimento. Le parole ribelli italiane hanno un sapore vicino alla continuità o al recupero del passato e meno evocativo di un’idea di cambiamento radicale come la parole “rivoluzione”.
Si osservava nel 2011, giusto prima della fine eurodiretta del regime berlusconiano, ma dopo la primavera araba, se gli italiani si sarebbero mai ribellati (The case for an Italian rebellion; seguito in italiano; perché non si ribellano).
L’Italia uscita dalla guerra sconfitta e con una sovranità limitata non si è mai del tutto affrancata. Non ha fatto in conti con i crimini fascisti attraverso una catarsi analoga a Norimberga. È stata eterodiretta da stranieri, come gli americani, i vaticani, i sovietici. Persino dopo il 1989 e dopo Mani Pulite ha rifiutato di maturare. E alla fine del ventennio berlusconiano ha trovato la via più facile: quella di farsi dettare da Bruxelles il suo destino politico.
La bellezza del risorgimento è intonsa, pur nella sua ambiguità. Una liberazione forse élitaria, letteraria, romantica, patriottica, nelle intenzioni; ma concretizzata per via di un mix di eroismo garibaldino e calcolo piemontese; e sfociata in qualche decennio di sovranità. Il fascismo ne è stato il culmine, la parodia e la fine. I crimini fascisti non sono stati compresi dall’Italia e sono finiti in una sorta di storia altrui. Questa mancata metabolizzazione della storia fascista ha continuato a tormentare il seguito della storia italiana. Invece, l’Italia ha concentrato l’attenzione sulla resistenza.
Con la resistenza gli italiani sono riusciti a sentirsi un popolo vincitore in uno stato sconfitto.
La bellezza della resistenza resta nella memoria popolare di chi ne ha vissuto i brevi intensi momenti. La resistenza è stata compiuta da un piccolo gruppo di coraggiosi che si opponevano a un potere autoritario, interpretando così il bene di tutti, offrendo la propria vita per la libertà. Un gesto storico cristallino. Puro. Che in Italia è raro.
È possibile in Italia abbeverarsi a quella purezza senza finire presto nel tritacarne del cinismo?
La resistenza ha resistito nel mito fondativo dell’Italia repubblicana grazie alla costituzione che ha dato forma intellettuale e istituzionale a un programma di pacificazione superiore alla partigianeria.
Già. Perché agli occhi dei cinici, la resistenza è eroica fintantoché è oppressa; i resistenti sono uniti fino a che il potere autoritario è incombente; appena i resistenti diventano vincenti rischiano di dividersi in relazione ai diversi punti di vista e ai diversi significati di libertà; a quel punto occorre una grande elaborazione intellettuale per trasformare la loro lotta in un passaggio di progresso democratico, un’elaborazione che riesca a solidificare il passaggio storico in una condizione di libertà e giustizia costituzionalmente orientata al bene comune, altrimenti si rischia una lotta per bande o un nuovo autoritarismo.
Ebbene che cos’è la resistenza oggi? In questo momento storico, abbiamo di fronte un nuovo autoritarismo? oppure abbiamo un’elaborazione intellettuale di portata sufficiente a tenere insieme i risultati di una lotta a un autoritarismo superato?
Chi volesse per forza fare paralleli storici (francamente improponibili) potrebbe dire che ci troviamo di fronte a una versione in tono molto minore del passaggio precedente. La resistenza borghese ed eurodiretta contro l’autoritarismo di plastica del regime precedente è sfociata in una fase costituente nella quale però la partigianeria non è superata se non per esaurimento delle forze, mentre l’elaborazione progettuale che guida l’attuale fase di ricostruzione non appare particolarmente sofisticata, ancorché si mostri molto pragmatica.
Questi paralleli sono sempre insoddisfacenti.
Oggi, in realtà, l’autoritarismo si è articolato in una quantità di forme più sofisticate e imprendibili che soggiogano una parte significativa della società italiana: la mafiosità criminosa di una parte dell’economia, la corruzione impunita di una parte della vita pubblica, il conformismo tradizionalista che impedisce l’evoluzione dei diritti civili, la finanza consociativa che governa tante banche locali, il muro di gomma di tanti luoghi della conservazione di posizioni di rendita, pubbliche e private: si formano centri di potere inattaccabili che crollano da soli di solito solo quando si sono esauriti o quando finalmente arriva una spallata esogena. Di fronte a questi centri di potere autoritario, ci sono sempre alcuni eroici resistenti che continuano a svolgere il loro compito in modo onesto.
La resistenza oggi è dunque un modello di comportamento che lascia sperare che quando la storia avrà vinto contro i prepotenti ci sarà un modello di società pronto a portare avanti il progresso civile. Una rete sociale sana che qualche volta riesce a dare la spallata. Nella speranza che il regime attuale riesca a dimostrarsi fino in fondo adatto a portare avanti il lavoro di modernizzazione che è cominciato.
ottimo blog! grazie a te Luca , leggo sempre il tuo blog
Bel blog complimenti per l’articolo !