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Informazione: chi spera non aspetta

L’idea è che, con tutto quello che è successo nel sistema dell’informazione, concentrarsi sulla crisi dei giornali tradizionali è davvero anacronistico. Invece, vale la pena di concentrarsi sulle opportunità aperte dalla trasformazione in atto. E fare qualcosa subito per coglierle.

1. Il quadro organizzativo di riferimento è quello dell’ecosistema dell’informazione, nel quale coevolvono logiche di mercato dell’informazione, di dono dell’informazione, di segnalazione e ricerca di informazione. Ciascun soggetto può trovare il suo percorso e la sua “nicchia ecologica”. Sapendo che niente è facile. Ma che comunque se non ci si pone al servizio dell’ecosistema non si riesce. Cercare di vivere in un mondo a parte non funziona.

2. In particolare, la logica della scarsità di accesso allo spazio limitato dell’informazione, incarnata dai giornali tradizionali, è superata dalla quantità devastante delle alternative. Ora la scarsità fondamentale è quella di tempo e attenzione del pubblico. In questo senso, il valore è definito più dalla domanda che dall’offerta. Il che significa che l’offerta non può più imporsi alla domanda, ma piuttosto deve tentare di farsi adottare dalla domanda.

3. Una volta adottato, uno strumento di informazione gode di alcuni punti di forza che lo mantengono in funzione per un certo tempo. In particolare, valgono le logiche dei “beni esperienza” e le regole dell’effetto-rete. Uno strumento viene adottato in base a caratteristiche che lo rendono facile, persuasivo, attivo. Disegnato in modo da conquistare e gestire un effetto-rete. Con un “marchio” riconoscibile, che promette un valore chiaro e trasparente (anche nelle sue logiche produttive).

4. La dinamica che lancia l’effetto-rete e che costruisce il “bene esperienza” è la stessa che conquista il tempo e l’attenzione delle persone ma con un taglio preciso: non punta a invadere il tempo e l’attenzione; punta a farsi adottare dalle persone, in particolare nel tempo e nell’attenzione riservata all’informazione che genera nelle loro relazioni e nelle loro conversazioni. Non si entra in una conversazione con il megafono, ma con buoni argomenti, con una semplice empatia, con una forte e riconoscibile identità.

5. I giornali, in tutto questo, possono svolgere diversi ruoli. Snodo di informazioni già in circolazione, finanziamento di ricerche per trovare informazioni che non sono già in circolazione, interpretazione di dinamiche complesse: il tutto è incarnato in una linea editoriale trasparente, in un metodo di ricerca condiviso, in una testata capace di promettere e mantenere linea e metodo.

6. In questo modo, la logica del non profit e quella del profit si integrano. Non si difende il profit chiudendo un insieme di informazioni in un posto inaccessibile senza pagare il biglietto. Lo si difende entrando nelle conversazioni, dunque aprendosi ai flussi di informazione non profit. Sottolineando tutto con il valore aggiunto della qualità del metodo e della trasparenza. Il centro della generazione di profitto nel nuovo mondo dell’editoria è il posizionamento dei “prodotti” editoriali in funzione di servizio all’ecosistema, non in contrapposizione all’ecosistema. Ciò posto, i sistemi di accesso innovativi possono motivare strutture di scarsità nuove: dall’iPad al giornalismo a teatro. L’innovazione dei sistemi di accesso può essere perseguita solo come servizio a sua volta capace di iscriversi sul tempo e l’attenzione del pubblico.

7. Per creare nicchie ecologiche nelle quali gli editori possano ottenere un pagamento per i loro “prodotti”, non bastano i cancelli tradizionali: il nuovo modo per ottenerle è innovare, fare ricerca, sperimentare. Una quota crescente degli investimenti devono andare in questa direzione. Gli editori diventano aziende che mettono insieme storie, design, software, ripensando continuamente i loro modelli di business. E ascoltando tanto quanto parlano.

Sintesi?
Il giornale non è la sua carta
I giornali sono applicazioni per organizzare l’informazione
Il giornalismo non è la sua tessera
Il giornalismo è definito da un metodo trasparente di ricerca
Il centro propulsore della transizione è il pubblico attivo
La scarsità è il tempo e l’attenzione del pubblico
L’editoria diventa un business innovativo: ricerca, design, software
La conversazione delle persone è il luogo dove si riconosce il valore, si genera effetto-rete, si costruisce il “bene esperienza”
L’identità è il valore sintetico di un generatore di informazione
L’ecosistema dell’informazione ha la funzione di costruire la conoscenza condivisa
I poli di aggregazione dell’informazione hanno la funzione di costruire uno spazio culturale comune alla loro comunità di riferimento
La forma dello spazio culturale comune dipende dai sistemi incentivanti impliciti nei generatori di informazione
I soggetti interessati a dare a quello spazio comune un tratto di intelligenza collettiva libero, almeno un po’, dal populismo, possono contribuire offrendo qualità
La logica del non profit è particolarmente propulsiva per la qualità del contributo all’informazione condivisa: dal pubblico attivo alle fondazioni per lo sviluppo della ricerca giornalistica
La logica del profit è particolarmente propulsiva per l’innovazione nei sistemi di accesso, nel design, nella connessione tra i diversi soggetti della rete

(Già: oggi è dedicato a prendere appunti per il contributo di domani a Perugia).

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  • Complimenti Luca,
    una sintesi a una visione intelligente (come sempre del resto).
    Rimango perplesso sull’effettiva futura evoluzione degli editori esistenti lungo il percorso da te tracciato. Forse è più probabile (e più interessante) vedere l’emergere di nuovi editori nativi-digitali che non debbano fare i conti con la “backward compatibility” nei confronti della carta/tv.
    Ritieni che nasceranno anche in Italia editori internet-only che rivaleggino in qualità, professionalità, ampiezza del servizio con i grandi editori tradizionali esistenti?

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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