Il dibattito suscitato dall’uscita della bozza di decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti è vasto e inquietante. Non era mai successo che una bozza di decisione della Corte Suprema uscisse come un’indiscrezione su un giornale. E questo ha suscitato polemiche almeno pari a quelle generate dal contenuto della “ipotetica” sentenza. Il contenuto è a sua volta devastante per l’assetto dei diritti in America: si tratterebbe dell’abrogazione di una precedente sentenza della Corte Suprema che impediva agli stati di votare leggi contro l’aborto. In questo modo ora la parola torna ai parlamenti degli stati che potranno decidere di abolire il diritto all’aborto. Lo scoop è di Politico.
La bozza di sentenza è questa, firmata dal giudice Samuel Alito.
Propublica ha mostrato un lato particolarmente inquietante della questione. Il giudice Alito in effetti si riferisce a una fonte del diritto che si poteva pensare superata. Per avvalorare la sua tesi, Alito chiama in causa le opinioni di un influente giudice inglese della fine del Seicento, Matthew Hale. Hale ha un curriculum di tutto rispetto nel quadro della lotta contro i diritti delle donne. Anche se ai suoi tempi ormai si metteva in dubbio che le streghe esistessero, ha condannato almeno tre donne a morte perché le ha giudicate appunto “streghe”. E nel suo lavoro di interprete della legge ha creato (senza potersi avvalere di precedenti) una regola secondo la quale il marito non può essere accusato di violenza sessuale contro la moglie perché, riassumendo il “pensiero” di Hale, con il contratto matrimoniale la donna si è data al marito e non si può ritirare. L’inchiesta di Propublica consente di vedere la profonda misoginia che si trova nella cultura di alcuni giudici della Corte Suprema.
Difficile non cominciare a dubitare della capacità degli Stati Uniti di confrontarsi con altre civiltà, come per esempio quella islamica, cercando di porsi come il punto di vista modernizzatore.
“Supreme Court” by Mark Fischer is marked with CC BY-SA 2.0.
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