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Valore e prezzo. Fine e mezzo. Felicità e mercato

Il valore sta al prezzo come il fine sta al mezzo e la felicità sta al mercato.

È un’affermazione che potrebbe valere una riflessione. Mariana Mazzucato è certamente andata oltre lo slogan con il suo libro, Il valore di tutto, Laterza 2018. Non è una nuova teoria del valore. Ne è forse la premessa. Perché dimostra che ogni idea di valore può essere legittima nei diversi contesti storici. Ma consente di criticare l’attuale idea di valore. E di farci desiderare di averne una più adatta alle sfide della contemporaneità.

In passato il valore poteva essere anche connesso al lavoro, al capitale, all’imprenditorialità, all’innovazione, persino alla politica. Oggi sembra schiacciato sull’idea marginalista che solo ciò che ha un prezzo possa avere un valore. Si tratta di una costruzione del più grande storytelling dell’ultimo mezzo secolo, ma di certo funziona sulla mente di persone che si accontentano: il mercato giudica ciò che ha valore attribuendo un prezzo alle cose; se nessuno è disposto a pagare un prezzo per le cose disponibili, queste non hanno un valore dimostrabile.

È un’idea attraente, banalizzante, distruttiva.

Mazzucato ricorda giustamente la frase di Oscar Wilde: «Il cinico è colui che conosce il prezzo di ogni cosa, ma non conosce il valore di niente».

Nel valore, c’è qualcosa di superiore alla ragione di scambio etichettata da un prezzo. C’è un’aspirazione a qualcosa di più importante.

Mazzucato mostra l’enorme disastro prodotto dalla visione marginalista: 1. ha confuso le idee su chi siano i generatori di valore e chi si limiti a estrarlo parassitariamente; 2. ha reso più difficile distinguere tra il profitto e la rendita; 3. ha banalizzato il ruolo dello Stato; 4. ha reso insignificante il ruolo dei commons; 5. ha indotto a dimenticare il dibattito sui fini a favore della concentrazione ossessiva sui mezzi; 6. ha fatto credere che l’economia possa accontentarsi di pensare che il benessere coincida con il consumo e lo sviluppo umano con la crescita del Pil; e così via. Tutto questo ha prodotto forme di legislazione favorevole al mercato finanziario e al capitalismo più becero, mentre ha posto in secondo piano ciò che veramente conta per gli umani e per il pianeta.

Ma se, come dice Mazzucato, non ci sono prove che la speculazione finanziaria produca valore; se l’innovazione privata deriva fondamentalmente da investimenti pubblici in ricerca; se il valore e il prezzo non coincidono in assoluto ma solo nella logica imposta dalla teoria – dall’ideologia – marginalista; allora si può cominciare a ridiscutere i fondamentali dell’economia. Se, come dice Fernand Braudel, il capitalismo non è il mercato né è particolarmente propenso a sostenere la concorrenza e il benessere della popolazione, essendo essenzialmente una struttura sociale organizzata intorno alla conquista e al mantenimento di un potere economico. Se, come dice Karl Polanyi, l’idea del mercato autoregolato e indipendente dalle strutture sociali è un’invenzione particolarmente adatta a favorire i rivolgimenti sociali necessari a gestire la rivoluzione industriale. E se, come mostra l’economia della felicità, i fini sono un argomento di analisi economica; se non tutto ciò che è desiderabile è cristallizzabile nel prezzo; se il Pil non è una misura dello sviluppo umano; se la sostenibilità planetaria non si raggiunge lasciando spazio soltanto al capitalismo e alla sola finalità di aumentare il profitto; allora l’economia può tornare a porsi domande interessanti.

O meglio, può tornare a dialogare con la realtà e la società. Che nel frattempo l’hanno considerata tecnocraticamente poco propensa ad ascoltare e rispondere a tono alle domande.

Che società vogliamo? Come facciamo a deciderlo insieme? Come recuperiamo il valore di ciò che abbiamo in comune? Che cos’è oggi l’ingiustizia? Che cosa possiamo fare per definire gli obiettivi ai quali dedicare le risorse? Come possiamo pensare un futuro per il quale valga la pena di dedicare la vita?

Non sarà l’economia da sola a rispondere. Ma l’economia parteciperà alla riflessione e contribuirà alle risposte se si porrà il problema del valore. E questo libro di Mariana Mazzucato aiuta a ripartire in questa direzione.

Un’ottima recensione:
How to retool our concept of value, Nature

Vedi anche:
Media ecology, fuor di metafora
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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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