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Umanamente aumentati: individui, dividui, plurali

Di solito, non si guarda il cannocchiale. Lo strumento allunga lo sguardo oltre il limite al quale sono confinate le lenti naturalmente contenute nell’occhio. Di solito, si guardano le stelle.

Allo stesso modo, non si guarda lo schermo del telefono. Ci si guarda dentro. Lo strumento elettronico allunga lo sguardo in tutte le direzioni, lo curva dietro la porta, lo lancia verso la piazza, lo porta alla presenza di un’altra persona che si trova in un altro continente, lo riporta a casa per controllare che tutto vada bene quando non siamo presenti…: insomma, la vista si infila, oltre lo schermo, nei cavi e nelle onde delle telecomunicazioni per guardare quello che inquadra l’occhio dell’ultima telecamera cui si vuole collegare il telefono.

In questo senso, il telefono è proprio una protesi. Ciò che l’occhio vede non è lo schermo ma ciò che esso mostra. Non si guarda il telefono ma insieme al telefono. E insieme a tutti coloro che contribuiscono a produrre ciò che si vede.

Lo sguardo prostetico che si allunga nel telefono non è individuale, in effetti. È densamente influenzato dalla tecnologia, da chi la progetta, dagli altri utenti della piattaforma sociale che costituisce l’interfaccia con il mondo che hanno contribuito alla selezione di ciò che si vede.

Mauro Carbone nota brillantemente che nel momento in cui si condivide un gesto considerato intimo e individuale con altre persone – ricorda a proposito l’amore per un’intelligenza artificiale che costituisce il tema del film Lei/Her (di Spike Jonze, Usa 2013) – si mette in discussione il concetto di individuo. «Non dimentichiamo infatti che quest’ultimo termine – su cui sappiamo bene quanto la modernità si fondi – significa, letteralmente e spavaldamente, “indivisibile”». In realtà, condividendo un’esperienza così intima, la persona non è più individuo ma “dividuo” dice Carbone (Mauro Carbone, Filosofia-schermi, Raffaello Cortina).

La vista costituisce un esempio particolarmente chiaro. Ma – come mostra “Lei” – la protesi aumenta l’umano e divide l’individuo in molti modi, entrando profondamente nelle operazioni di elaborazione, memorizzazione, comunicazione. E quella protesi elettronica che è il telefono non fa semplicemente aumentare le capacità del corpo: influenza le scelte e i comportamenti, ne modifica il senso.

In questo modo, peraltro, la coscienza – freudianamente il filtro che seleziona ciò che esce dalla dimensione che resta nell’inconscio – non è più del tutto individuale. Il filtro è insieme personale, tecnologico, algoritmico e sociale. Dunque non individuale, non collettivo, ma plurale.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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