Una ricerca di Wpp sulle prospettive della pubblicità nel 2018 mostra che il duopolio di Google e Facebook arriverà all’84% del totale della spesa pubblicitaria online nel mondo esclusa la Cina (ne parla il Financial Times nell’articolo “Google and Facebook dominance to rise” che si legge a pagamento; ci sono altri articoli che ne parlano: The Drum, Hollywook Reporter).
La spesa pubblicitaria aumenterà del 4.3%, cioè di 23 miliardi, l’anno prossimo. E la maggior parte di questo aumento andrà a internet. Dunque quasi tutto a Google e Facebook.
In prospettiva, dunque, gli editori tradizionali hanno di fronte due strade: da un lato, l’opzione di trovare un pubblico pagante; dall’altro lato, tentare di vivere delle briciole della pubblicità. Naturalmente si possono inventare altri modelli, ma per ora queste solo le vie principali. Il pubblico pagante si trova se il servizio informativo è davvero di qualità: e ce n’è bisogno nell’epoca dell’incertezza sulle fonti e sulla qualità delle notizie. Le briciole di pubblicità si trovano con strategie alternative: tendenzialmente dovranno andare o nella direzione di coinvolgere gli inserzionisti in una forma di informazione di qualità; oppure dovranno accettare di trasformare i prodotti editoriali in semplice entertainment orientato a cercare attenzione senza rapporto con l’informazione. Ma la seconda scelta, che tenta molti editori, sarà probabilmente un boomerang nel momento in cui anche la pubblicità si troverà a fare in conti con il contesto fake che rende meno credibile tutto, compresa appunto la pubblicità. Cercare contesti credibili potrebbe diventare un argomento innovativo per i pubblicitari avvertiti e un’opportunità per gli editori intelligenti. Imho.
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