Ieri al dibattito “Reset democracy: Political Participation and Digitalization: Risk or Opportunity for Our Democracy?” organizzato dall’istituto italiano di cultura a Bruxelles e dall’omologo istituto tedesco, il moderatore Jacopo Barigazzi ha ricordato le tre questioni poste da Tim Berners-Lee sulle cure delle quali ha bisogno il web (Three challenges for the web, according to its inventor).
Che cosa non va nel web di oggi secondo il suo inventore? Dice, appunto Tim Berners-Lee:
1) We’ve lost control of our personal data
2) It’s too easy for misinformation to spread on the web
3) Political advertising online needs transparency and understanding
Barigazzi chiedeva ai relatori della serata: e voi che cosa pensate che manchi al web oggi?
Ho risposto, ispirato dalle suggestioni di Tim Berners-Lee: il senso di responsabilità degli internettiani. La rete e il web sono tecnologie che appartengono a tutti, sono dei commons in un certo senso, non sono statali e non sono private. Come ogni bene comune hanno bisogno di manutenzione, devono essere difese, devono essere apprezzate dalla comunità che le può usare e per il fatto che sono apprezzate devono essere salvaguardate. È possibile, come ha dimostrato Elinor Ostrom (foto), ma occorre consapevolezza, organizzazione, capacità di aggregazione e di azione. Come l’oceano più pescoso può diventare un deserto se non si impedisce la pesca eccessiva, così internet può diventare culturalmente sterile se si lascia alle compagnie e ai governi di sfruttarla oltre ogni limite. Questo può essere evitato soltanto se gli internettiani riconquistano il senso di responsabilità originario che serviva alla manutenzione della rete. Se non si lasciano trasformare in consumatori della rete e restano una comunità capace di conoscere il valore del bene comune della conoscenza che su internet si è sviluppato e può continuare a svilupparsi. Per i costruttori del web, questa concezione era in un certo senso “naturale”: per i miliardi di utenti attuali è una riconquista più ovviamente “culturale”. Ma assomiglia alla riconquista della consapevolezza ecologica delle popolazioni attraversate dall’industrializzazione. Imho.
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