Mille equivoci più o meno in buona fede hanno contribuito a far pensare che internet sia una specie di luogo libero dalle regole e dunque innovativo. È un’affermazione del tutto sbagliata ma che fa parte di un frame ideologico che è stato capace di manipolare le coscienze degli occidentali in modo drammaticamente capillare. L’idea che le regole siano un freno alla libertà d’impresa è una posizione falsa e manipolatoria, ideologica, strumentale e pericolosa. Ma piace tanto ai banchieri internazionali, ai ceo di multinazionali globali, ai politici senza fantasia ma ricchi di finanziamenti da lobby interessate.
In realtà, la libertà, la concorrenza e l’innovazione discendono dalla forza delle regole che le proteggono contro i prepotenti, i monopolisti, i corrotti e corruttori, gli evasori fiscali e tutti i loro simili. E internet è stata casomai a lungo un luogo nel quale queste regole che proteggono la libertà, la concorrenza e l’innovazione sono state particolarmente forti, trasparenti, sostenute dalla tecnica e dall’etica originaria dell’apertura e della condivisione, molto simile a quella tipica dell’antropologia scientifica. Poi internet è diventata grande, ha attirato molti soldi, ha generato nuovi monopoli, la finanza e la politica hanno cominciato a interessarsene e libertà, concorrenza e innovazione sono state messe in discussione.
Spiega Stefano Rodotà: «Internet non è un luogo vuoto di regole. Al contrario, è sempre più regolato da Stati invadenti e imprese prepotenti. Con l’argomento, o il pretesto, della sicurezza gli ùStati limitano diritti fondamentali, impongono forme di censura, controllano lee persone in modi sempre più diffusi e penetranti. Le imprese esercitano un vero potere normativo, privato e planetario, con i loro “terms of service” – le condizioni generali di contratto con le quali, unilateralmente, regolano i loro rapporti con le persone alle quali forniscono beni e servizi tramite internet». Del resto, il codice è codice: la legge è scritta nel software del quale è composta l’infosfera, l’ambiente nel quale la popolazione vive una volta adottata internet.
Una democrazia non funziona se non discute criticamente le regole. Una costituzione serve a regolare i modi con i quali i poteri influiscono sulle regole. Un sistema di diritti umani ispira i modi con i quali le costituzioni regolano i regolatori. E la popolazione che vive nell’infosfera ha bisogno di una discussione critica sui diritti. Come quella che la Camera dei deputati ha svolto l’anno scorso arrivando a votare all’unanimità la sua Dichiarazione dei diritti in internet.
Il libro di Anna Masera e Guido Scorza, Internet, i nostri diritti con la prefazione di Stefano Rodotà dalla quale è tratto il brano riportato sopra, informa con la grandissima competenza degli autori sui diritti affermati da quella Dichiarazione, li spiega criticamente, facilita la loro comprensione per tutti. E va letto.
Credo che il libro sia davvero interessante.
A tal proposito, volevo sapere se era possibile trovarlo in vendita anche su altri siti.
Grazie.