Jane Jacobs ha scritto The Death and Life of Great American Cities nel 1961. In quel lavoro seminale ha osservato come la salvezza delle città dipenda dai pedoni: una città viva è una città con un’intensa vita di persone che camminano.
La città sana – per Jacobs – è fatta di quartieri nei quali si svolgono più attività: si abita, si commercia, si produce, si fa cultura, e così via. È fatta di isolati non troppo grandi. È fatta di edifici di epoca e condizioni diverse. È densamente popolata.
Osservando i big data lasciati dagli utenti di telefonini nelle città italiane, Marco De Nadai, Jacopo Staiano, Roberto Larcher, Nicu Sebe, Daniele Quercia, Bruno Lepri hanno testato le idee di Jacobs. E hanno scoperto che, nonostante che le città italiane di oggi siano molto diverse da quelle americane degli anni Sessanta, le condizioni intuite da Jacobs si rivelano in generale significative per spiegare un’abbondante uso della città a piedi (The Death and Life of Great Italian Cities: A Mobile Phone Data Perspective, Cornell University).
La questione è quella di immaginare come si potrebbero progettare soluzioni che eventualmente correggano le condizioni strutturali che non corrispondano a quelle di Jacobs. Mettiamo per esempio che gli isolati sono troppo grandi perché sono la base di un enorme grattacielo che occupa tutto l’isolato. Perché questo riduce il passeggio? Perché per andare da un punto a un altro diverso bisogna camminare molto e quindi si preferisce andare con un mezzo. Come si corregge? Per esempio con dei negozi ambulanti? Con dei punti di attrazione sul marciapiede? Certo, ottime idee. Oppure si potrebbe ridurre l’impatto del non andare a piedi: con macchine che si guidano da sole per andare da un punto camminabile a un altro non troppo lontano.
In questo senso, i mezzi che non sono troppo diversi dal camminare aiutano: i piccoli tram di San Francisco sui quali si sale quasi al volo restando appesi ai fianchi sono molto “pedonosi” (vedremo se questa passa alla Crusca). E questo potrebbe succedere anche a mezzi aperti che si guidano da soli e si spostano in aree precise della città per connettere zone pedonali.
Le auto che si guidano da sole possono essere immaginare per sostituire le auto attuali. Ma è – a mio parere – probabile che generino anche nuovi casi d’uso e progetti diversi: alcuni di essi avranno un senso consumistico, ma altri avranno un senso urbanistico, per la sostenibilità, la pedonalizzazione, il divertimento, l’estetica e la simbologia della città.
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