Se Montesqueu ci potesse perdonare, una traslazione del suo concetto di equilibrio dei poteri all’epoca della conoscenza potrebbe essere definita “equilibrio dei saperi”. E questa sottolineatura del valore “costituzionale” della dinamica dell’informazione, della conoscenza e della cultura ci consente di considerare il senso fondamentale dei media nel quadro della formazione della convivenza civile.
Come in ogni costruzione intellettuale che serve a interpretare un sistema complesso, la metafora dell’ecosistema aiuta. Ed è chiaro che indirizza a individuare in un equilibrio di forze e punti di vista l’obiettivo di una regolamentazione che possa contemporaneamente favorire la creatività e il rispetto reciproco, la libertà e la giustizia. I valori dell’innovazione e quelli della pace. Un equilibrio tra l’individuale e il collettivo è in fondo un percorso di saggezza sia per la persona che per la società.
L’ecosistema politico può essere dominato da un potere sproporzionatamente superiore che conculca una parte della società senza dover affrontare i giusti contrappesi. Ma può anche essere inquinato da saperi distorti, parziali, manipolatori. In entrambi i casi la democrazia soffre. E la società soffre.
Questo approccio pone al centro del dibattito non tanto la qualità delle persone che vengono scelte democraticamente per rappresentare la società, ma la struttura dei media che influenzano i saperi in base ai quali quelle persone vengono scelte e le altre decisioni vengono operate. Come si diceva in un post di pochi giorni fa, le piattaforme mediatiche influenzano i saperi proprio per la loro conformazione strutturale e non solo per l’uso che se ne fa.
I saperi sono di natura diversa ma se li si taglia dal punto di vista della tensione verso le decisioni afferenti la convivenza sembrano potersi raggruppare in saperi che scaldano e rinsaldano le relazioni e saperi che favoriscono le decisioni, i primi forse più emotivi ed emozionanti, i secondi più razionali.
Tutti sono necessari, ma la prevalenza dell’uno sugli altri è foriera di grandi sofferenze. E il metodo con il quale le informazioni sono condivise influisce sull’equilibrio dei saperi. Il design delle piattaforme con le quali le persone si informano, raccolgono le loro opinioni, le discutono e aggregano, decidono soluzioni mutualistiche, domandano soluzioni politiche, decidono amministrativamente o politicamente, è parte integrante dell’equilibrio dei saperi. La maturazione della democrazia e la qualità della repubblica hanno bisogno di un’evoluzione profonda dei media e della consapevolezza di chi ne disegna il codice, l’interfaccia, la struttura, la metafora. E poi di chi li usa e li vive.
Per questo i media civici non sono solo definibili come tali solo in base allo scopo con il quale sono usati, al modo di Jenkins. La ricerca per la costruzione dei media civici riguarda anche la loro struttura, interfaccia e metafora. Inoltre, l’equilibrio dei saperi ha bisogno di media che siano disegnati per l’insieme dei modi di formazione delle idee e delle decisioni. Non basta una piattaforma per fare questo: la moltiplicazione delle piattaforme è necessaria, probabilmente, almeno in questa fase. Anche se alla fine questa produce una sorta di dispersione dell’attenzione e delle operatività. I media usati per fare campagna elettorale, per esempio, tendono a favorire le relazioni tra simili in base a tensioni emotive o ideologiche. I media usati per raccogliere informazioni hanno bisogno di una ragionevole metodologia di valutazione critica. I media usati per decidere hanno bisogno di regole che favoriscano la capacità di tener conto delle compatibilità tra le decisioni e il quadro delle risorse. Se n’è parlato nello studio sui media civici realizzato con il Senato italiano.
Oggi la conferenza di Nexa su internet e democrazia. Ecco qualche appunto.
Peppino Ortoleva.
Si tende a stabilire un rapporto biunivoco tra internet e democrazia e a vedere un rapporto causale del tipo “internet va bene alla democrazia” o “internet fa male alla democrazia”. Intendo la democrazia, à la Toqueville, come “forma di governo”, “condizione umana” e “mentalità”. Tra politica e antropologia.
Nel rapporto tra internet e democrazia dobbiamo parlare del rapporto tra due sistemi. La democrazia è un sistema. Internet è un sistema, che fa parte del sistema dei media. E questi sistemi a loro volta sono degli “ambienti”. Internet si muove in un ambiente che può essere più o meno democratico. E la democrazia vive in un ambiente del quale fa parte internet. E i sistemi si adattano all’ambiente. Emerge un approccio ecologico.
Il tema è dunque duplice. “Democrazia nell’epoca di internet”. “Internet nel contesto della democrazia”.
Perché emerga nella società un movimento significativo per il coinvolgimento delle persone con tensione emotiva che attiri anche chi non fa parte del movimento ci sono quattro condizioni:
1. Lo scoprirsi di un vuoto nei sistemi pre-esistenti
2. Canali di trasmissione
3. Un mito
4. Capacità dei membri di riconoscersi nel movimento
Se questo è vero internet è stato essenziale nella nascita dei movimenti degli ultimi tempi. Casomai è stato troppo importante. Il popolo viola aveva un colore identitario, differente dai colori degli altri movimenti. Si organizza con la rete. E la rete assume un ruolo centrale: orizzontalità proiettata sul movimento. Un mito del presente. Internet si presenta come una narrazione del presente, cosa che contrasta con un elemento di progettualità e afferma una condizione di esistenza: “ci siamo”. L’acquisizione di una voce del movimento è costruita su internet che permette di avere molte voci contemporaneamente. Insomma, la rete diventa l’orizzonte stesso del movimento. E connota il movimento con il carattere della volatilità.
Questo per internet nella democrazia. Ma che cosa si può dire della democrazia nell’epoca di internet?
La democrazia va avanti per “prova ed errore”. Oggi è in crisi. Non necessariamente nel senso negativo del termine. Citazione di James Madison. La democrazia non ha paura del conflitto. Le fazioni si reggono degli interessi contrapposti. Interessi essenzialmente economici. La crisi della distinzione destra-sinistra sta nel fatto che si sta perdendo la distinzione tra gli interessi perché prima di tutto intere aree del sociale sono escluse non solo dal benessere ma dall’economia. Ecco il bisogno di acquisire una voce diversa e internet è pronto ma per dare una voce che esiste e basta.
La democrazia come forma di governo è universalista. Parte dall’idea che gli esseri umani sono nati uguali (Jefferson). Quello che sta succedendo da una quarantina d’anni è un altro modo di concepire la democrazia: come qualcosa che riguarda esseri non identici ma che si devono accettare reciprocamente nella loro costitutiva diversità. “Vogliamo gli stessi diritti a partire dal fatto che non siamo come voi”. L’universalismo va nelle ideologie e nelle religioni. Conseguenza. Come si fa a creare un modello condiviso di società in un mondo in cui la diversità è un valore in sé. La rete è una scorciatoia in questo contesto perché dà voce a tutti nella loro diversità. Ma è sufficiente? In un contesto in cui le differenze non sono solo nei fatti ma nelle identità, internet non è un’illusione ottica?
Quando parlo della critica di internet invito a tener presente che ci sono implicazioni ideologiche nella presenza stessa della rete. Si parla di internet come di una cosa “naturale”. Il marketing della rete è stato capace di farci vedere internet come una cosa oggettiva, naturale.
Un’altra rete è possibile!
Commento
Appunto: la rete può essere usata anche per alimentare una capacità di decisione democratica in un contesto di diversità costituive, purché si sviluppino piattaforme che si occupino della relazione civica tra le persone. Il loro design può essere orientato a sottolineare le diversità e la costruzione di identità, oppure orientato a sottolineare il metodo della discussione che può essere portata avanti costruttivamente da gruppi socialmente, economicamente, culturalmente e, alla fine, identitariamente diversi. Un’altra rete è possibile, o almeno altre piattaforme sono possibili.
Fabio Chiusi fa un grande affresco delle attività democratiche su internet (dalle consultazioni alle petizioni). Lorenzo Benussi spiega come è stata fatta la consultazione sulla costituzione. Emerge una chiara varietà di tentativi. E un punto qualificante di dibattito: se le istituzioni non si impegnano a usare in qualche modo trasparente e dichiarato anticipatamente le opinioni emergenti dalle consultazioni queste attività restano criticabili, specialmente quando le iniziative sono proposte dalle stesse istituzioni. Pizzetti dice che non ci può essere nessun obbligo per il politico di prendere in considerazione quanto è emerso nelle consultazioni. Ecco le slide di Chiusi.
Elena Pavan sviluppa la relazione tra media e movimenti, in particolare Se non ora quando. Ecco i suoi paper. Ecco una sua presentazione di qualche settimana fa. Giovanni Arata mostra come le strutture delle piattaforme siano adottate in modo privilegiato per specifici utilizzi.
Appunti per la relazione che propongo oggi a Nexa:
1. Il punto di partenza è quella frase di Peppino Ortoleva sulla democrazia come sistema che si rivolge non più a individui nati uguali ma a gruppi costitutivamente diversi. La discussione sui media civici è un’evoluzione in questo senso dell’idea di Henry Jenkins che si adatta a un contesto di gruppi costitutivamente diversi (non basta che usino la rete per scopi che ciascuno di essi ritiene civici). E tenta di trovare design di piattaforme che facciano leva sull’idea di Lawrence Lessig secondo il quale il codice del software e il codice delle regole interagiscono; e sull’idea di BJ Fogg delle tecnologie persuasive. Il tema è disegnare l’interfaccia, gli algoritmi e la metafora in modo che favoriscano il dialogo civico tra gruppi costitutivamente diversi.
2. Il secondo punto di partenza è che la democrazia è in crisi, cioè in trasformazione. E come diceva Mary Kaldor: “La democrazia formale si è diffusa nel mondo negli ultimi anni. Ma i cittadini sono frustrati perché non sentono di poter influire davvero sulle decisioni che contano. Il punto è questo: la democrazia è il sistema che i cittadini hanno per influire nelle decisioni. E allora la domanda non è solo come internet può aumentare la capacità dei cittadini di influire. Ma inquadrata in un dibattito sulla riforma delle istituzioni nel senso che abbiano a loro volta un impatto su ciò che conta”.
3. Il contributo delle piattaforme dunque non va né esagerato né disdegnato. Si tratta di una ricerca e in questo senso è in pieno svolgimento. Una ricerca sulla relazione tra struttura (e licenza) del software, struttura (e licenza) delle regole di comportamento implicite nel software, design dell’interfaccia, soluzioni di priming, agenda setting e framing, oltre che metafora del contesto nel quale avvengono le condivisioni.
4. Occorre tener conto del fatto che si parla di una dimensione complessa di condivisione che prevede un metodo civico per:
– condivisione di informazioni
– condivisione di opinioni
– raccolta di istanze
– aggregazione di istanze
– campagne di opinione
– decisioni su azioni che possono essere gestite dai cittadini in chiave mutualistica
– decisioni su azioni che vanno gestite dalle istituzioni
5. Sono state fatte le prime sperimentazioni, su FactCheking, Timu e Civici (Fondazione Ahref) e molte altre piattaforme:
– La dichiarazione civica sul metodo per la condivisione di informazione si ispira ai principi di accuratezza, legalità, indipendenza e completezza che sostanzia una sorta di epistemologia dell’informazione
– Il civismo della raccolta di opinioni si può instillare con un’interfaccia che limita il numero di interventi articolati, che punta sul priming di opinioni autorevoli iniziali, che lascia piena libertà sul numero dei commenti, con un indicatore sintetico di opinione e comprensibilità dell’opinione
– il civismo dell’attività di aggregazione delle istanze è in elaborazione
– il civismo dell’attività di condivisione delle istanze con le istituzioni ha bisogno di una presa di responsabilità delle istituzioni intorno a come useranno le istanze emergenti
6. Fatte le sperimentazioni osserviamo che:
– più aumenta l’impegno più diminuisce la numerosità della partecipazione
– più è difficile il metodo o il patto da adottare esplicitamente più si separano le attività
– se manca un impegno delle istituzioni a tener conto delle istanze emergenti queste attività hanno una minore credibilità
7. Ipotesi:
– Non c’è problema se ci sono molte piattaforme. L’importante è che siano interoperabili e facilmente connesse. Una discussione su standard metodologici è necessaria
– Una pluralità di piattaforme è probabilmente il solo design che può servire per equilibrare emotività e razionalità nella discussione
– Contesto della decisione: in rapporto all’istituzione o in rapporto alla competizione elettorale. La visione di lungo termine richiede che sia superata la concentrazione delle attività nei periodi di competizione elettorale.
– Licenze: probabilmente il software open source risolve solo il tema della collaborazione tra softwaristi, ma non la collaborazione sulla qualità della relazione tra codice software e codice di comportamento; la soluzione possibile è la condivisione del software in chiave libera mentre l’uso della piattaforma in chiave civica ha bisogno dell’accettazione di un’ispirazione di ricerca sui media civici che può incarnarsi in una presa di responsabilità esplicita che si dimostra con una dichiarazione sull’utilizzo della piattaforma (che può emergere da un’analogia con la dichiarazione sulla licenza creative commons che consente il riutilizzo completo dell’opera d’autore purché per esempio non sia commercializzata). Questo aspetto è dunque in fase di elaborazione. Di certo, però, questo genere di dichiarazioni dovrebbe tendere a qualche standard, per essere civico, mentre le piattaforme possono essere ovviamente una pluralità.
Vedi anche:
Mary Kaldor e il dibattito su internet e democrazia a Strasburgo
Da Strasburgo a Torino per Nexa: Internet e democrazia. Appunti sui media civici
Media Civici. Informazione di mutuo soccorso. Il contributo di Vincenzo Moretti
Media civici a Bologna. Iperbole 2020
Costellazione di iniziative emergenti
Post interessante e con spunti interpretativi degni di nota. Complimenti, Emanuela