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Post Industrial Journalism. Anderson, Bell, Shirky

C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky hanno terminato il loro grande rapporto sul giornalismo, la sua crisi, la sua trasformazione, il suo futuro. Che in una parola si sintetizza in: sopravvivere. (via Nieman, Tedeschini)

Il titolo è Post-industrial journalism. Adapting to the present. E va letto assolutamente, con attenzione e molta calma.

Il cambiamento che descrive associa l’innovazione tecnologica, il nuovo mestiere giornalistico, le trasformazioni nel pubblico.

Al di là di questa segnalazione e in relazione ai temi che si vedranno nei prossimi post, il testo va messo in prospettiva.

Il giornalismo che dipende dal business editoriale subisce le conseguenze organizzative della trasformazione di quel settore. L’era industriale aveva definito l’editoria in base a una sorta di filiera produttiva della quale gli editori controllavano ogni passaggio chiave, la tecnologia, il copyright, la distribuzione, il prezzo. Lo spazio limitato sul quale si poteva pubblicare e l’accesso limitato a quello che si era pubblicato garantivano il valore aggiunto per gli editori e di conseguenza una larga parte degli stipendi dei giornalisti.

L’era post-industriale è una sfida alla linearità del business editoriale. L’innovazione tecnologica dalla quale gli editori sono stati largamente esclusi è stata portata avanti dalle imprese digitali e sulla logica delle piattaforme. I giornalisti stanno cercando di adattarsi a questo presente.

Ma il concetto di “post-industriale” richiama un passaggio storico destinato a trascorrere velocemente. Chi osserva il fenomeno dice che il prossimo stadio è quello dell'”epoca della conoscenza”. In questo contesto, la generazione di valore è connessa in gran parte alla ricerca. E chiede al giornalismo di tornare ad essere ricerca, oltre che cura della selezione di informazioni da fornire al pubblico. Il sapere artigiano del giornalismo si unisce alla ricerca e alla generazione di conoscenza per arrivare, se riesce, a servire il pubblico del futuro. E a supporto di questo lavoro, le tecnologie digitali – editoriali o non editoriali – sono in evoluzione. Probabile che il giornalismo si adatti al cambiamento. Meno facile che si adattino gli editori che non agiscono presto. Ma tutto questo spiega perché questa fase di trasformazione, dolorosa e complessa, porta gli autori a suggerire che l’obiettivo immediato è, appunto, “sopravvivere”. Intanto, il pubblico, le piattaforme, i media civici, matureranno. E l’essenziale emergerà. Il compito è riuscire a distinguere ciò che è importante: per scoprire, in mezzo al vasto insieme di novità, la dimensione di più lunga durata dell’innovazione.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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