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«I comici sono i nuovi intellettuali della sfera pubblica»

«I comici sono visti come i nuovi intellettuali della sfera pubblica» dice Isaac Lee, capo delle news e digital officer di Univision in un memo interno. «Questo avviene perché sono visti come più reali, autentici e capaci di tagliare attraverso tutte le boiate che si dicono ogni giorno» (Digiday). Lo ha scritto commentando l’acquisizione da parte della media company di lingua spagnola Univision di una quota di The Onion, una media company di satira. «Il genere satirico sta giocando un ruolo crescente nella nostra cultura come veicolo per il pubblico che vuole esplorare, dibattere e comprendere le grandi idee del nostro tempo. Ha anche dimostrato di essere particolarmente coinvolgente per il pubblico giovane dei millennial» (<a href="http://www.nytimes.com/2016/01/20/business/media/univision-buying-large-stake-in-the-onion.html").

L’Italia è avanzata in questo settore con Maurizio Crozza e Checco Zalone. Ma ha anche aperto strade nuove nella relazione tra comicità e politica con l’esperienza di Beppe Grillo. In America è eccellente il lavoro di informazione pubblica per via satirica di John Oliver. E nel mondo britannico vale la pena di ricordare il radicalismo di Russell Brand.

Se l’analisi di Lee è realistica c’è un altro fronte di riflessione per il sistema dell’informazione giornalistica. Perché i comici che si informano e riescono a dare notizie e commenti in modo credibile a una grande quantità di persone, mentre li divertono, costituiscono anche una nuova forma di concorrenza per i giornali e in particolare i servizi giornalistici televisivi. Il branding è quello del loro personaggio, le limitazioni opinionistiche sono sotto il loro controllo, i modelli di business piuttosto leggeri e redditizi, la quantità dell’audience è spesso piuttosto elevata: e questo li rende formidabili concorrenti. La sola cosa che potrebbe favorire i giornali è la strategia civica di fondare il loro servizio sulla qualità del metodo di ricerca dell’informazione, l’accuratezza nell’espressione dell’informazione, il recupero di indipendenza e completezza. Uno spazio che i giornali hanno spesso lasciato libero in passato.

Espandersi nei teatri, peraltro, per i giornali e i giornalisti è un’opzione fondamentale. Il teatro è un luogo pubblico che per la sua forma e la sua posizione nella città assume un valore simbolico straordinario per la costruzione dell’opinione pubblica.

La comicità sa usare il teatro molto meglio del giornalismo, a parte eccezioni. La domanda di teatro di qualità e di luoghi pubblici intelligenti è chiarissima. Ma una società non può vivere soltanto come assemblaggio di tribù opinionistiche come quelle che i mondi di senso comici possono costruire. Il giornalismo deve superare questa gabbia tribale nella quale si è rinchiusa in passato. Su questo può essere migliore di altre forme di distribuzione dell’informazione, su diversi media, compreso il teatro. Ma un fatto è chiaro: o serve la civiltà o serve le tribù. E se sceglie quest’ultima strada si troverà – già si trova – di fronte ad altri e più bravi ed efficienti concorrenti.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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