Non c’è oggi dimensione culturale ed economica più importante del sistema educativo. In questi anni di grande trasformazione, mentre si sviluppa l’economia della conoscenza, le responsabilità sociali delle scuole stanno aumentando. Che siano pubbliche o private, le scuole sono tutte chiamate a svolgere prima di tutto un ruolo al servizio della comunità. Se funzionano, sono l’incarnazione dell’ascensore sociale. Se non funzionano sono la dimostrazione che non c’è modo di cambiare l’assetto della società, di ridurre la diseguaglianza sociale, di aiutare i meritevoli. Per funzionare, a loro volta devono trasformarsi.
I problemi sono immensi. L’elaborazione di modelli nuovi, la conflittualità tra innovazione e conservazione, la ricerca di un pensiero adatto alla dimensione dei problemi richiedono un dinamismo culturale che talvolta incece si stempera in questioni di piccolo cabotaggio, nella banalità della difesa di interessi di breve termine.
Il caso dello Ied fa pensare. Lo ha fatto conoscere Maurizio Giannattasio in un articolo uscito sul Corriere intitolato “Milano, a rischio 211 lauree triennali «incongruenti»: scoppia il caso Ied”.
Lo Ied è una scuola professionalizzante. Ha una storia di mezzo secolo. Un network informale di alumni che in genere lo ricordano come un’esperienza positiva. Alti e bassi dal punto di vista qualitativo. Soprattutto un bisogno oggi importante di ridefinizione didattica e strategica, parallela alla trasformazione delle tecnologie e dei contesti economici nei quali i suoi studenti vanno poi a lavorare. Se ne rendeva conto probabilmente il fondatore, Francesco Morelli, personaggio complesso, certamente visionario, talvolta controverso, che però aveva avviato negli ultimi tempi della sua vita un ripensamento profondo, affidato a un amministratore delegato cresciuto come direttore dello Ied in Spagna e rinnovando il comitato scientifico (al quale contribuisco a tempo purtroppo molto limitato da un anno). Si trattava di rilanciare la qualità dell’Istituto, modernizzare la didattica, aprire nuovi filoni di ricerca e insegnamento più legati alla tecnologia, al business, all’ecologia, ai servizi. La scuola aveva bisogno di rinascere. Ma Morelli è mancato nel novembre scorso e da allora il rinnovamento si è interrotto in attesa dell’inevitabile riassetto.
Tutta la proprietà è andata a una Fondazione, guidata da un team di persone in parte designate in base all’interpretazione delle ultime volontà dello stesso Morelli, in parte da Triennale e Adi.
Lo Ied, Istituto europeo di design è nella bufera per una storia di titoli di studio falsati. Lo sappiamo grazie all’articolo di Giannattasio. E chi ha i documenti originali lo sa anche grazie a un’indagine interna disposta dall’ex presidente dello Ied, Luca Di Giacomo appoggiato soprattutto da uno dei membri del cda della Fondazione Morelli, il presidente della Triennale Stefano Boeri. L’indagine era stata a sua volta innescata dalle conseguenze di una decisione dell’amministratore delegato Riccardo Marzullo che aveva allontanato un dirigente dello Ied avendolo trovato colpevole di azioni che conducevano alla falsificazione di titoli di studio. Il comitato scientifico e alcuni direttori avevano a loro volta scritto una sorta di petizione interna per chiedere che persone che avevano compiuto azioni del genere non possano guidare lo Ied, né dall’interno dell’Istituto né dai suoi organismi proprietari. L’indagine insomma era un passo per conoscere lo stato di salute morale e organizzativo dello Ied. E poteva consentire al management di avviare un rinnovamento dell’Istituto.
Ma, proprio in attesa dei risultati dell’indagine, gli altri membri del cda della Fondazione, senza l’approvazione di Boeri, hanno deciso di convocare un’assemblea che ha cambiato quasi tutto il cda dello Ied, compresi il presidente Luca Di Giacomo e l’amministratore delegato Riccardo Marzullo.
Si configura una situazione nella quale gli innovatori, dotati di senso del ruolo civico e morale della scuola, consapevoli di dover adattare il funzionamento della scuola alle sfide della contemporaneità, oggi sono estromessi o ridotti in condizioni di non poter operare con chiarezza strategica.
Non può finire qui.
È possibile che in seguito alle scoperte recenti, la Fondazione Morelli debba essere commissariata. Ma il commissariamento deve a sua volta essere dotato di una strategia. E le autorità che se ne occuperanno avranno buon gioco a chiedere una mano a coloro che non avendo accettato di stare in silenzio di fronte a ciò che non andava allo Ied sono stati ridotti in condizioni di non poter incidere sull’organizzazione e il rilancio dell’Istituto. Imho.
Aggiornamento oggi di Luca Rinaldi sempre sul Corriere.
[…] Ho scritto pochi giorni fa dello IED e della sua crisi. […]