Home » Approfondimenti » Attenzione media » Conversando di simbiosi
Attenzione media media

Conversando di simbiosi

Massimo Russo ha pubblicato una critica del mio piccolo paper sulla strategia della disattenzione, ho risposto e lui ha risposto ancora con qualche domanda.

Per rispondere premetto che dal mio punto di vista occorre vedere il medium delle persone che si va sviluppando su internet come un medium, appunto, distinto da altri media e da altri sistemi editoriali: da altri media, perché ovviamente funziona in modo diverso da televisione o giornali di carta; da altri sistemi editoriali, perché non è basato sulle strategie aziendali di major più o meno grandi (che usano uno o più media compreso internet). Dobbiamo dunque distinguere i problemi che sorgono dal punto di vista mediatico e dal punto di vista editoriale. Mediaticamente ed editorialmente, la maggiore differenza sta nel fatto che il medium di cui stiamo parlando è fatto dalle persone che si esprimono e si connettono usando le piattaforme disponibili in rete per offrire al resto del mondo la loro capacità di generare senso senza necessariamente perseguire un modello di business monetario. Questo è il pubblico attivo che va dai blog a Flickr, da YouTube a Facebook, che usa ed è usato da Google, che usa ed è usato dai provider di accesso alla rete. Questo mondo mediatico è attraversato anche dai contenuti che gli editori tradizionali immettono online, ma non si confonde con questi. E compete per il tempo mediatico, per l’attenzione, per la fiducia e la credibilità con altri mezzi come la tv o il giornale.
Detto questo, Massimo Russo si fa delle domande e io tento di proporre delle risposte:
1 e 2. Come fa il pubblico attivo a fidarsi delle piattaforme giganti? Non c’è altro motivo per fidarsi che guardare ai fatti. Nei motori di ricerca: fintantoché Google non inquinerà la sua search con gli interessi dei pubblicitari ma restituirà un servizio vero agli utenti sarà apprezzato, dovesse lasciarsi tentare da una strategia più manipolatoria finirebbe col dover affrontare la critica degli utenti che comincerebbero a cercare delle alternative (e prima o poi le troverebbero). Nei social network: Facebook sta molto attenta a cercare il consenso degli utenti e quando – come spesso capita – fa una gaffe, la ritira tempestivamente sotto il peso delle critiche; segno che sa che potrebbe essere abbandonata velocemente. Nei provider di accesso: fino a che avremo la possibilità di scegliere e fino a che, anche grazie al lavoro di Nexa e altri, sapremo quando le piattaforme di accesso sono neutrali e quanto non lo sono, le piattaforme di accesso dovranno fare attenzione a come manipolano il traffico. Tutto questo per dire soltanto che: se le piattaforme traggono il loro valore dagli utenti, faranno bene a trattarli bene; se le piattaforme volessero trasformarsi in forme di sfruttamento unilaterale e manipolatorio degli utenti, rischierebbero il valore del loro business.

3. Gli editori tradizionali dovrebbero cambiare modello di business? Gli editori tradizionali non non persone che si esprimono e connettono. Sono aziende che tentano di sviluppare un business sulla base del bisogno di informazione o entertainment professionale. Che il loro modello di business debba cambiare è chiaro. Che la crossmedialità per loro sia necessaria è evidente. Che siano destinati a scomparire non è necessario. Il bisogno di informazione ed entertainment professionale non è sparito. Le persone continuano a coltivarlo. Ma non è chiaro quanto e come sono disposte a pagarlo. Questo è il problema. Da questo discende che gli editori tradizionali servono e che devono sbrigarsi a trasformare il loro business al servizio delle persone: non è la prima volta che un modello di business diventa obsoleto; e non è la prima volta che si deve inventare, con sincera apertura mentale, qualcosa di diverso.
4. Internet è altro dalla società? No. È una dimensione mediatica diversa pienamente inserita nell’insieme delle dinamiche sociali. Offre alle dinamiche sociali un mezzo in più per esprimersi e svilupparsi. E anche in questo modo, innovando, partecipa.
5. Chi sono gli squali? Manipolatori, venditori di fumo, creatori di bisogni virtuali, generatori di paure inesistenti… Ce n’è una gamma molto vasta. Per noi si tratta di difenderci prima di tutto con la consapevolezza. E poi sviluppare forme di difesa puntuali. (Hai presente il software di Nexa per vedere se la rete che usiamo è neutrale?). Infine, costruire una cultura mediaticamente più civile per fare emergere un racconto della società che possa darci una prospettiva non apocalittica ma razionalmente ed empiricamente costruttiva.
Quanto alla questione della “simbiosi”. Ovviamente ogni metafora si può discutere. Riporto qui quando dice Edoardo Boncinelli nella sua Prima lezione di Biologia (Laterza).
«Gli organismi viventi appartenenti alle varie comunità interagiscono fra di loro in mille maniere diverse e sarebbe impossibile catalogarle tutte. (…). Questi rapporti andranno dalle forme di competizione più aspra, nelle quali nessuno dei due organismi ci guadagna qualcosa (…) a quelle di protocooperazione e mutualismo, in virtù delle quali aumenta la probabilità di sopravvivenza di entrambi gli organismi implicati. (…)». Tra questi estremi, Boncinelli elenca le forme intermedie della predazione, del parassitismo e del commensalismo. «Si parla invece di simbiosi quando due organismi convivono fisicamente in un’associazione molto stretta. La relazione simbiotica è trasversale rispetto alle forme di competizione o di cooperazione delle quali abbiamo appena parlato. Le due specie che vivono in simbiosi possono infatti intrattenere di volta in volta rapporti di parassitismo, commensalismo, protocooperazione o mutualismo. Esistono innumerevoli esempi di simbiosi nelle quali partecipano tipi di organismi molto diversi, come funghi e piante, piante e batteri, funghi e alghe, attinie e pesci o meduse e alghe. L’esempio più spesso citato è forse quello dei licheni, un’associazione simbiotica di funghi e alghe. Negli ambienti anche più avversi, nei quali né l’uno né l’altra potrebbero vivere da soli, l’alga realizza la fotosintesi e offre così composti organici alla voracità del fungo, che coopera a sua volta offrendo un riparo e conservando quel poco di umidità che è disponibile».
In effetti, ci voleva forse proprio una simbiosi per far nascere e crescere un nuovo medium in un ambiente avverso come quello dei media tradizionali…
(Quanto ai nomi e ai cognomi di questo scambio di post. Ne abbiamo già scherzato: alla tua simpatica critica “mi chiami per cognome, vuoi tenere le distanze” rispondo che nel tuo primo post hai fatto lo stesso. Ma ammetto che nel tuo primo post tu hai scritto De Biase 5 volte, mentre io ho scritto Russo 9 volte… quindi hai più ragione di me… ma non è stato per tenere le distanze :-).

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi