Perché troppa scelta aumenta l’insoddisfazione? Un tabù occidentale è sempre forte. Ma la storia che Barry Schwartz racconta è molto convincente. Troppa scelta vuol dire troppa responsabilità su chi deve scegliere, troppa paura, troppa autocolpevolizzazione, aspettative troppo elevate. Troppa scelta non è libertà è paralisi, dice Schwartz.
Può essere per questo che se qualcuno si prende la responsabilità di qualcosa noi gli siamo grati. Limita la nostra libertà, ma ci aiuta a scegliere. La libertà non è essere competenti su tutto, ma scegliere nella convinzione di avere fatto tutto il possibile per decidere bene.
Affidarsi a un dittatore non è libertà. Fare tutto da soli non è libertà.
Quale sarà il punto di equilibrio tra troppa scelta e troppo poca? Ovviamente non c’è una risposta generale. Ma, se Schwartz ha ragione, almeno sappiamo che non è la crescita infinita delle opzioni a renderci felici.
Quindi la libertà e la felicità hanno a che fare con:
1. aumentare la conoscenza di come stanno le cose
2. aumentare i motivi consapevoli per cui ci fidiamo degli altri
3. avere un senso del limite che avvicina le aspettative alla realtà
Le politiche contro la libertà e la felicità sono quelle che fanno il contrario:
a. comprimono la cultura e la diffusione della conoscenza
b. spingono ad avere paura degli altri per motivi irrazionali
c. alimentano illimitatamente le aspettative.
Con queste strategie retoriche, quelle politiche fanno aumentare la dipendenza da chi si pensa possa soddisfare tutti i desideri.
La ricerca dell’equilibrio è una strada molto più complicata.
Scuola, conoscenza, pacatezza, costruiscono libertà e felicità. Chiunque presenti tutto questo come una rinuncia e ne parli come una perdita di tempo è un aspirante dittatore.
Per come l’abbiamo conosciuta finora, la televisione è un medium che alimenta le aspettative all’infinito, spinge a considerare il consumo come un elemento di soddisfazione illimitata, raccoglie molta audience quando diffonde la paura, fa credere che si possa scegliere tra tante cose e in realtà chiede semplicemente di continuare a guardare la tv.
La ricerca dell’equilibrio passa da media apparentemente più complicati, come quelli che si sviluppano con internet.
Internet non garantisce l’equilibrio. Anche perché il suo primo effetto è di aumentare la scelta, con il paradosso di Schwartz. Ma crea condizioni meno favorevoli al pensiero unico che fingendo di alimentare la scelta in realtà aumenta la dipendenza.
L’equilibrio non lo daranno i media. Lo troveremo noi.
Sarebbe da capire quanto fa comodo non essere liberi, ovvero se questo vantaggio (o comodità), riesce a superare il costo di assumersi le responsabilità (di scegliere). All’atto pratico sembra conveniente incatenarsi a qualcosa o semplicemente a qualche piccola illusione. Come quella di essere liberi cambiando canale. Famoso cavallo di troia del pluralismo televisivo e di tutte le magnificenze della moltiplicazione dei canali. Quando non bastavano più i canali sono arrivate le cartine di tornasole delle piattaforme.
Certo il concetto dell’abbondanza e dello spiazzamento a cui facevi riferimento, sembra essere confermato anche dall’economia cognitiva, con tanto verifiche dai programmi di ricerca a base neurologica.