VeniceSessions, dunque. Si comincia con una riduzione del libro di Daniel Glattauer, “Le ho mai raccontato del vento del Nord”. La regia è di Daniele Abbado. L’attrice è Giovanna Bozzolo. Musica: Maurizio Martuscello, effetti visivi: Enzo Varriale, produzione Roma-Europa: FAbrizio Grifasi e Monique Veaute. Una storia stupita: due persone che si scambiano mail, entrambe “interessate a un perfetto sconosciuto”.
Maurizio Ferraris, filosofo, per porre le domande sull’amore nell’epoca digitale. “Come cambia l’altro nell’epoca di internet”. Cambiamento quantitativo, qualitativo, in meglio. La tesi: non è vero che si passa dall’autentico all’inautentico. È la scomparsa della solitudine. Siamo sempre costantemente connessi. E siamo costantemente registrati. L’essenza dello stare insieme è condividere dei documenti, da sempre. Ma qualcosa sta cambiando un poco nella quantità. L’alterità è l’ingiunzione a rispondere. Ne emerge una responsabilità che nasce dalla registrazione. La chiamata non risposta si trova sul telefono e occorre rispondere. Le tecnologie non cambiano la sostanza, ma pervadono più spazi. La realtà è che in passato la situazione non era sostanzialmente diversa. Le tecnologie del passato non sono autentiche e quelle moderne non sono quelle inautentiche: il presente è semplicemente più nuovo del passato. E ci sono limiti nell’amore, oggi e in passato.
Paolo Barberis, imprenditore. Dating. Si faceva con il computer. Se ne parlava in televisione. I luoghi di incontro, anche tra sconosciuti, sono sempre esistiti. Ma il computer connesso a internet ha moltiplicato le possibilità. Il tema del dating è stato far passare dall’incontro online all’incontro reale. E questo ha portato a servizi orientati a trovare le persone con le qualità giuste. Ora il fenomeno si concentra sull’energia che si mette nel dating. E ci porta alla modalità del gioco. Quando giochiamo pensiamo che tutto sia possibile. Siamo supermotivati, troviamo una trama sociale che unisce, ci divertiamo, pensiamo di poter raggiungere un obiettivo epico. Il dating diventa un gioco di ruolo. Nel quale costruiamo la propria personalità. L’amore è un grande gioco.
(Ferraris ha citato Werther. Barberis ha citato Manuele D’Amore. Uhmm…)
Esther Perel, psicologa e sessuologa. Il futuro non è più quello di una volta, diceva Paul Valéry. L’amore romantico? La grande rivoluzione è stata la contraccezione. Una grande liberazione delle donne. Con qualche conseguenza. Il sesso è diventato un desiderio svincolato dalla riproduzione. E la soddisfazione del matrimonio si è confusa con la soddisfazione sessuale. Che è diventata un obbligo. Molte contraddizioni: il conforto del matrimonio e contemporaneamente la sorpresa dell’avventura, intimità ed esplorazione, grandi confusioni, dalle quali non sembriamo capaci di uscire. Internet aggiunge qualcosa all’intimità. Sostituendo il guardarsi negli occhi con l’idea di rispondere subito. Occorre conoscere la mente del partner. Romanticismo su internet? Anonimato è parte del mix. Il virtuale è intrinsecamente immaginazione. Quindi è sorpresa, curiosità, novità. Ma è incertezza tollerabile, un rischio che non mette a rischio il confort della vita quotidiana “reale”. Anche la privacy è quella che scegliamo di salvaguardare, il che ci concede di condividere quello che vogliamo più liberamente. Il concetto dell’infedeltà emozionale è connesso a tutto questo. Che porta alla pratica dei flirt. Come divertimento, forse troppo accessibile. Una sorta di liberazione senza desiderio. In questo contesto, l’immaginazione diventa una dimensione più intima e interessante di quella reale. Cercando di armonizzare e recuperare i pezzi della personalità che nella vita quotidiana si sono persi.
Daniel Grippi, fondatore di Diaspora. Internet è evoluto in un social network e sta andando fuori controllo. Cioè non sappiamo a chi diamo le nostre notizie e chi le usa davvero. Ho solo 21 anni. Sono cresciuto con i computer. E sono cresciuto con i social network. Mi sto ancora domandando come davvero socializziamo con i computer. Per me il blog è stato lo strumento per avere un’identità online. Ho cominciato nel 2002. Ed era da subito una forma di comunicazione tra le persone. Da subito era un social network di persone con un blog, dove si interagiva con gli altri più che pubblicare le proprie cose. MySpace era un po’ troppo impersonale. Facebook era differente, era un vero e proprio esplicito network: che ti dava la possibilità di esporti in un circolo di persone che era più ampio della tua normale cerchia di persone. Persone nuove. Ma anche lì è diventato un po’ folle: cominciavo a ricevere richieste di amicizia da parte di persone che non conoscevo. E mi pareva sgarbato non accettare. Ma la confusione era grande. Avere per amici persone che non conosci non è una condizione facile da vivere. In realtà, diventa broadcast. E poi si commecializza. È gratis, nel senso che non devi usare la tua carta di credito. Ma l’informazione è comunque venduta ai pubblicitari. Ora dunque ho pensato di fare Diaspora. Primo vogliamo risolvere il problema del controllo. Fare sapere esattamente che cosa succede: chi sono le persone connesse e come viene usata l’informazione. Si può condividere quello che si vuole. Ma tu sei sempre in possesso dei tuoi dati. Non c’è pubblicità, “currently”. E poi cambiamo la parola “amici”: cerchiamo un’altra parola. Aspects. Il punto di vista adatto ai diversi “luoghi” nei quali hai un ruolo.
John Naughton, scrittore. La mia vita stata sconvolta da un amicizia nata online, con l’email. Abbiamo enorme bisogno di un senso di prospettiva. Stiamo vivendo la più grande trasformazione del modo di comunicare dal tempo dell’invenzione della stampa. La stampa ha cambiato la società e la cultura in modo fondamentale, ma quando è stata inventata nessuno aveva la più pallida idea che la stampa avrebbe avuto quelle conseguenze. Allora: anche per le conseguenze di internet “è troppo presto per dirlo”. Sappiamo che ha abilitato forme di comunicazione abbastanza nuove. Come la comunicazione testuale in tempo reale. Non è chiara la conseguenza. Ma di certo ha a che fare con il cambiamento del concetto di “amicizia”, come ha appena detto Daniel, che è stato reso possibile da Facebook. E ha cambiato anche il concetto di relazione, visto che si dichiara il proprio stato affettivo sul profilo di Facebook.
Luca Chittaro, docente di design dell’interfaccia. Uno strato di software media le relazioni. E questo ha delle conseguenze. Molti strati di software. Telefono, sms, email, chat, forum, instant messaging, webcam, blog, microblog, social network, mondi virtuali… Show me the password to your heart. Problemi: le usiamo portandoci dietro aspettative e automatismi tipici del mondo fisico. Per esempio: la norma sociale della reciprocità. Se qualcuno ci fa un dono dobbiamo contraccambiare. Ma Facebook dimostra che la regola di reciprocità sta cambiando. Evolviamo una nuova reciprocità, sapendo che possiamo farlo solo per le persone che contano davvero per noi. Evolviamo imparando l’interazione uomo-macchina: in due modi, uno è l’adattamento (il senso di amicizia diventa fluido…), l’altro è la re-invenzione (chi progetta una tecnologia pensava a uno scopo ma la gente troverà uno scopo diverso per utilizzarla). Si re-inventano le regole di reciprocità, si re-inventa l’intimità… Sta emergendo il concetto di social buffer: scegliendo tra i vari strumenti a nostra disposizione possiamo aumentare o diminuire il senso di intimità che riserviamo alle altre persone. Si nota che se le comunicazioni sono positive si tende a usare lo strumento sincrono, se le comunicazioni sono a valenza negativa allora si torna alla comunicazione asincrona. Online social perception = self generated + system generated + friends generated.
Monic
a Fabris, presidente Gpf. Anche la casalinga di Voghera è connessa. Si interroga e analizza. Una metaconversazione attraversa questi strumenti. E il tema è che abbiamo a che fare con strumenti che non sappiamo dove ci porteranno. Non abbiamo tratto una vera conclusione. Forse perché è troppo presto per trovarla. Ma vediamo le evidenze. Nessuno si dichiara impoverito. Tutti in modo diverso avvertono una quota di maggiore felicità relazionale. Ma emergono grandi dubbi. Problemi, contraddizioni, criticità che non sono aspetti negativi ma questioni aperte. La relazione è considerata molto più ampia della comunicazione: ma il non c’è il rischio di trasformare la comunicazione con la relazione? Comunicare con qualcuno non rischia di far credere che esista una relazione? La comunicazione è oggetto anche di fraintendimento e decodifiche aberranti, la relazione è invece chiara. Sta di fatto che l’esplosione di comunicazioni ha fatto aumentare il numero di relazioni. C’è un overload di informazione: ma ormai c’è anche un overload di relazioni. E il rischio avvertito da molti è che non ci sia tempo per coltivare tutte le relazioni che si sono così create. Si comprende che si porrà il problema di dare una priorità alle relazioni, gerarchizzarle. Cercheranno piattaforme che sappiano discriminare il grado di importanza delle relazioni. Tipologie: vicinanza+brevità, vicinanza+durata, lontananza+brevità, lontananza+durata. Nella tradizione avevamo soprattutto vicinanza+durata. Le comunicazioni online hanno aumentato anche le relazioni lontananza+durata. Ma aumentano anche vicinanza+brevità e lontananza+brevità. L’amore che normalmente è situato in vicinanza+durata si propaga anche alle altre situazioni. Maturazione di valori che rischiano di entrare in conflitto.
Giuliano Castigliego, psicanalista. Amore romantico. Saffo. Il corpo che sente, l’emozione enorme che genera addirittura dipendenza, il confine con la morte e la vergogna. Si constata che nella rete il corpo è assente. Si pensa che il sentimento in rete parte dalla testa e va alle emozioni. Si sostiene addirittura che le tecnologie aumentino la velocità di ogni processo. In realtà, si scopre che coesistono le forme di relazione tradizionale con i nuovi contesti. Etnografia dell’online dating, Dombrovsky, la catalogazione dei partner come se le relazioni fossero su eBay. Si tende a vivere questi criteri in modo razionalissimo. Ma questi pensieri si sciolgono quando si vede la fotografia e l’incontro in carne e ossa. Nella rete si costruiscono identità, compresa la corporeità virtuale. Consente di entrare in una dimensione che ci fa vivere dimensioni necessarie, chimeriche, che ci fanno esplorare parti di noi e delle nostre relazioni. Le chimere virtuali sono connesse a un bisogno di protezione e un’espressione della paura del contatto. Maschere che ci proteggono un po’. Abbiamo paura della nostra vulnerabilità. Quanto più l’epoca ci chiede di essere individui che corrono la propria vita, tanto più abbiamo paura di noi stessi o della nostra capacità di essere ciò che la società ci chiede di essere. E connesso a questo è anche il sistema scientifico per scegliere i partner, organizzato in modo da guidare la qualità chimica delle relazioni. Il riscontro clinico è ragazzi incapaci di lasciarsi andare a un rapporto duraturo, con la dipendenza psicologica che è insita nel rapporto. Gettando le maschere di cui abbiamo parlato. Arrivando attraverso l’amore a perdere la vergogna.
Insomma.
Stiamo parlando di una questione dotata ovviamente di una dimensione di lunga durata molto più importante della fenomenologia recente. Stiamo accorgendoci che l’autenticità dell’esperienza che stiamo facendo in questi tempi non è minore di quella dell’esperienza che facevamo nei tempi precedenti. Ci rendiamo anche conto che il digitale ha una conseguenza quantitativa importante, nella moltiplicazione delle relazioni e nella moltiplicazione dei tipi di relazione coesistenti e conviventi. La qualità del cambiamento forse è connessa con quell’aspetto quantitativo. Anche se è troppo presto per raccontarla. E soprattutto anche se abbiamo bisogno di arrivare finalmente a raccontarla. Con una prospettiva interpretativa leggibile. Quella che oggi sembra proprio essere ciò che più ci manca.
Luca davvero pensi che Manuele D’Amorefosse reale e una citazione? uhmmmm ^^