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Ocse: dove i lavoratori stanno bene la produttività è maggiore. I datori di lavoro avvertiti lo sanno. In Italia non lo sanno tutti

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L’Ocse ha pubblicato un database molto significativo sulle condizioni dei lavoratori nei diversi paesi. La qualità delle condizioni dei lavoratori sono migliori in Australia, Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Norvegia e Svizzera. I paesi dove i lavoratori stanno peggio sono: Estonia, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Turchia (Ocse, pdf).

I paesi virtuosi sono forti in almeno due delle tre dimensioni della qualità delle condizioni dei lavoratori considerate dall’Ocse (vedi i grafici), trovate rispondendo alle seguenti domande:

– Earnings quality. How does employment contribute to material living conditions? How are earnings distributed across the workforce?
– Labour market security. What is the level of risk of becoming and staying unemployed? What are the economic consequences for workers of being laid off?
– The quality of the working environment. Having a job is not just about money. What is the nature and content of the work? How much pressure does it involve? Working-time arrangements, workplace relationships, opportunities for training and work-life balance are also important factors.

Da notare che una delle principali cause di crisi strutturale italiana è la scarsa produttività. Che è collegata anche alla scarsa qualità delle condizioni dei lavoratori. Evidentemente, si deve innescare un circolo virtuoso. E perché abbia un effetto rilevabile dalle statistiche dovrebbe coinvolgere tutto il paese: in effetti, le statistiche sull’Italia sono sempre falsate dalla forte disomogeneità dell’economia del territorio italiano.

Ci si può domandare: arriva prima il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e poi la produttività e la crescita, oppure arriva prima la crescita e poi il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Ma è una domanda diversa nelle diverse economie. In particolare, se un’economia si sta sviluppando è chiaro che prima viene la crescita e poi le migliori condizioni dei lavoratori. Ma sarebbe interessante sapere se vale anche in un’economia già sviluppata che affronta una crisi o una trasformazione: si potrebbe ipotizzare che, al contrario, una condizione dei lavoratori migliore consenta di affrontare le crisi e le trasformazioni in modo più solido, anche per motivi sociali e culturali. Ma questa è solo un’ipotesi.

Il database è consultabile qui.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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