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Smart city, smart working, smart company? Il futuro di smart è wise

Ecologia. Qualità della vita. Lavoro intelligente. Riporto gli appunti scritti per la lezione a Trentino School of Management, oggi al progetto MASP, e le idee emerse grazie agli organizzatori e agli altri relatori, Luca Mercalli e Domenico De Masi. 

Evoluzione: Si diceva che lo smart working non è  il remote working. Perché dobbiamo parlare di “wise working”?

1. Il dibattito sul lavoro è incessante, ovviamente, ma si è concentrato sul rapporto tra tecnologia e persone da quando una serie di studi hanno messo in luce la possibilità che l’intelligenza artificiale e la robotica fossero destinate a sostituire il lavoro umano in maniera massiccia. Nel corso di un quinquennio questa questione è passata dall’allarme irrazionale alla valutazione documentata. Il consenso oggi è concentrato intorno a quello che sostiene l’Ocse e il gruppo guidato da Stefano Scarpetta. In pratica ci sarà nelle prossime decadi una vera e propria sostituzione delle persone con automazione cognitiva nel 14% dei mestieri, mentre ci sarà una trasformazione profonda dei mestieri in almeno il 30% dei casi. Ma come sarà questa trasformazione? La sfida non è soltanto a imparare cose nuove. La sfida è a organizzare il lavoro in modo nuovo. Con molto più contributo umano nelle dimensioni che l’automazione non può coprire. Insomma, la questione è di introdurre una dinamica nel lavoro che ne aumenti l’umanità, alimenti l’apprendimento, mantenga la motivazione.

2. Nel corso della clausura decisa per contenere la velocità di contagio del Covid-19 e mitigare la crisi del sistema sanitario, il lavoro è stato riorganizzato drasticamente andando a cercare soluzioni preconfezionate. Quello che le piattaforme offrivano era un insieme di soluzioni per simulare le riunioni che si svolgevano di persona in un contesto digitale, con una quantità di vantaggi straordinari che si sono sperimentati e con una quantità di limitazioni che si sono sofferte. Si è parlato di questa applicazione improvvisa e talvolta improvvisata delle piattaforme al lavoro come smart working. Era certamente una forma di remote working che aveva una certa qualità smart. Ma possiamo dire che sia questa la fine della storia?

3. Conciliare le conseguenze urbanistiche, familiari, lavorative dei cambiamenti introdotti durante i lock-down richiederà un miglioramento generale del progetto di utilizzo delle tecnologie al servizio della qualità della vita – professionale e non – e delle modalità creative del suo sviluppo. Dare a questa riprogettazione il compito di accelerare la risposta umana alla crisi ambientale richiederà un pensiero molto più profondo. Luca Mercalli sottolinea l’esigenza di fare in fretta: la crisi climatica non avrà vaccini, dice: occorre anticipare lo scenari catastrofico di causare la trasformazione del pianeta in un ambiente ostile alla vita. Del resto, la spinta della creatività che genera il valore nel contesto dell’economia della conoscenza ha bisogno di persone che riescono a contribuire con grande partecipazione ai progetti sociali, culturali ed economici ai quali si dedicano. Probabilmente la riprogettazione dovrà appunto garantire una tripla forma di ingaggio, tre forme di “remunerazione” di chi lavora: una buona soddisfazione economica, un continuo miglioramento cognitivo con occasioni di apprendimento importanti nel corso di tutta la vita lavorativa, una forte motivazione al progetto d’impresa connessa al suo effetto sociale, culturale, ambientale. 

Questo però probabilmente non si può più chiamare solo smart working. Come dice Domenico De Masi per fare un lavoro smart occorre che produca cose smart in modo smart: «Abbiamo bisogno di creatività, ma le aziende attuali sono pensate soprattutto per la esecutività». Insomma, c’è bisogno di un cambiamento radicale. Probabilmente si deve fare un salto di qualità progettuale. E chiamarlo wise working.

È evidente che il sistema del wise working richiede un passaggio di paradigma nell’attività aziendale e non solo. La fine della fase ossessivamente neoliberista è probabilmente nelle cose. Il successo della saggezza nei confronti della violenza, invece, non è scontato, purtroppo. La saggezza è sempre una conquista.

Vedi:
Il lavoro del futuro. Il libro /1
Il lavoro del futuro. Il libro /2
Il lavoro del futuro. Il libro /3

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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