L’informazione falsa ai tempi del coronavirus è oggetto di una grande quantità di segnalazioni. Attività sacrosanta. Non passa ora che sui social non ci sia qualcuno che dice qualcosa di bestiale. Ovviamente quando sono i politici a darci dentro con le bufale, le cose si fanno pericolose. Ma paradossalmente è ancora peggio quando le bufale sono riprese dai giornali tradizionali, anche in forma di “opinioni controcorrente”. La discussione su quello che ha scritto Benedetta Paravia sulla Stampa impazza: la laureata in medicina legale che interessa a Dagospia e scrive di come il 5G possa essere correlato al coronavirus non è la causa ma la conseguenza di un problema. Open ha cercato di decodificare la questione. Le pubblicazioni che segnalano l’infondatezza della sua tesi si moltiplicano anche sulla stessa Stampa e Innocenzo Genna ha ricucito con pazienza i fili di ciò che invece si può sapere perché è documentato in materia. (Update: il pezzo di Paravia è stato alla fine cancellato dalla Stampa).
La retorica delle bufale motivate dalle affermazioni di qualche scienziato, va conosciuta. In molti casi si può osservare che l’intervistatore fa una domanda del tipo “è possibile che le onde elettromagnetiche abbattano le difese immunitarie aumentando il rischio di COVID-19?”. Normalmente uno scienziato risponderà che è possibile che ci sia un collegamento e in qualche caso aggiungerà che non è probabile o che non è stato sperimentato. L’intervistatore potrà mettere nel titolo che è possibile e andrà via contento. Facendo del male al suo pubblico e bene alle sue finanze.
Ma la retorica delle bufale non è l’unica questione da tener presente. Occorre guardare al sistema nel suo complesso. Da dove vengono e con quale meccanismo si diffondono le false notizie sul coronavirus? Reuters Institute ha sviluppato una ricerca tutta da leggere.
Ma oltre a combattere per rintuzzare l’avanzata delle fake nel territorio dell’informazione documentata, occorre combattere per allargare lo spazio dell’informazione di qualità nell’ecologia dei media.
Per questo occorre segnalare che proprio nel mezzo della pandemia, quando le persone cercano punti di riferimento attendibili e ne hanno bisogno per sopravvivere, il potere approfitta dell’urgenza e attacca la libertà di informazione. Ne parla il direttore generale dell’Organizzazione mondiale per la sanità che osserva come nell’epidemia ci sono problemi di libertà di stampa. COVID-19 is spawning a global press-freedom crackdown: «In his remarks to the media and the public, World Health Organization director general Tedros Adhanom has regularly emphasized that accurate, timely information is essential to fighting the COVID-19 pandemic. Yet around the world, governments are cracking down on journalists and implementing sweeping restrictions under the guise of combating misinformation and “fake news.”». E Reuters Institute aggiunge altre notizie: Healing words: how press freedom is being threatened by the coronavirus pandemic.
Nel frattempo, proprio per il fatto che le persone chiuse in casa vanno governate e accedono a una quantità di informazioni in più del solito, il sistema politico tenta, con ogni mezzo, di convincere le persone della validità delle sue scelte. Compreso rilasciando dati che danno idee distorte della realtà. Dovremo aspettare la fine della clausura per sapere quanti sono effettivamente i morti per coronavirus sul totale dei veri contaminati e quali sono state le cause delle peggiori concentrazioni di vittime. Niente di particolarmente nuovo sotto questo profilo.
Ma qualcosa di nuovo è comunque accaduto. Una parte del pubblico che in precedenza era distratta si è interessata al problema di come cercare informazioni corrette e documentate. Questo è un passaggio di consapevolezza sul tema dell’inquinamento dell’ecosistema mediatico che potrebbe preludere a qualcosa di serio, se chi è interessato a fare informazione correttamente saprà essere coerente con i propri intendimenti. L’ecologia dei media, un po’ come l’ecosistema “naturale” sono stati un po’ ripuliti dalle conseguenze dell’epidemia. Senza traffico delle auto, la val Padana è meno inquinata, come mostra l’Esa. E con il bisogno di notizie esatte l’attenzione per le fake si è un po’ ridotta, tanto che anche le piattaforme si sono occupate di ripulire un po’ il paesaggio. Si può fare di più. Perché non è una condizione duratura: occorre fare molta informazione di qualità per creare aree di valore nella mediasfera che la gente poi preferisca abitare.
Prima o poi, nella coscienza di una quota importante del pubblico, troverà spazio la convinzione che è meglio sapere come stanno le cose prima di discutere su come dovrebbero essere cambiate. Questo terribile passaggio che stiamo vivendo potrebbe costituire una tappa di questo percorso culturale.
I giornali hanno una responsabilità enorme in questo percorso. A causa della polarizzazione delle attività culturali delle persone, sono in grado di creare mondi di senso che possono generare percezioni distorte di ciò che avviene. Cnn ha mostrato dati alla mano come chi vede Fox News abbia una percezione della pericolosità del coronavirus molto diversa da quella del pubblico di altre testate: Here’s what you think of coronavirus if you watch Fox News. Non si tratta di opinioni diverse. Si tratta di un martellamento su certe interpretazioni, di uno scivolamento su certe notizie e un’insistenza su altre, che magari non si configura sempre come “fake” ma che genera una visione del mondo “fake” e adatta a una parte politica. È tempo di prestare molta più attenzione all’ecologia dei media.
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Penso…Interessanti i quattro scenari prospettati a seconda di come s’intendano innovazione e direzione, riprendono i principali modelli di management. Importante ricordare che il progresso è frutto di un’elaborazione che implica il serio coinvolgimento delle persone, uno studio autentico e attento ai contesti. Come il mondo della scuola e i dirigenti scolastici in primis realizzano nel loro “piccolo” quest’importante rielaborazione coinvolgendo la comunità scolastica nel percorso culturale, politico, intellettuale e valoriale? Quanto, invece, è ridotto a procedura amministrativa?