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Il lavoro del futuro. La ricerca continua…

Molti commenti su tutte le piattaforme alle prime ipotesi emerse dalla ricerca sul lavoro del futuro. Grazie! Da vedere i commenti più articolati che si trovano su questo blog (e speriamo che continuino ad arrivare). Armando Toscano dice giustamente che si fa un gran parlare di come le varie nuove generazioni si affacciano al mondo del lavoro ma non si approfondisce mai il modo con il quale dopo un certo tempo queste riescono a modificarlo oppure sono costrette ad adattarsi. Daniele Alberti sottolinea il fatto che se cambia il lavoro deve anche cambiare la grammatica economica, la logica di fondo che ha storicamente generato la condizione presente. Raimondo Bruschi suggerisce di guardare all’estero e in particolare all’Oriente, dove si impara un’idea di efficienza da noi tutta da comprendere. Matteo Pievano ci aiuta a connettere la ricerca sul lavoro del futuro ai megatrend che sembrano guidare la prospettiva e in particolare i temi della sostenibilità, della responsabilità, dell’innovazione. Giampaolo ci propone di uscire dall’angolo narrativo nel quale ci siamo cacciati: se ci raccontiamo come ci raccontiamo diventa perfettamente razionale che poi si investa poco nell’educazione e nel futuro. Valeria Morea ripropone un suo intervento molto articolato ma in fondo razionalmente e consapevolmente ottimista: le opportunità sono straordinarie. Federico Bo è sempre in modalità apprendimento, Flavio Fassio ha vissuto nella tecnologia per trasformarsi in inventore di arte, Sebastiano Arillotta è preoccupato e propositivo… Questi riassunti servono per invogliare ad andare a leggere l’originale e a scrivere ancora. Anche per consigliare altre letture, come Fausta che suggerisce il libro di Linda Gratton e Andrew Scott (suppongo che sia The 100-Year Life: Living and Working in an Age of Longevity), che connette il lavoro del futuro e il grande trend demografico.

La ricerca sta prendendo una piega molto aperta, per ora. Ci siamo resi conto che esistono soprattutto in Italia dei disallineamenti tra la domanda e l’offerta di lavoro che denunciano di per sé una mancanza di visione comune sul lavoro del futuro (le famiglie non scelgono il percorso di studio per i figli in funzione di un’idea di lavoro emergente e d’altra parte le imprese non sono disposte a pagare molto di più le competenze rare mancando di segnalare al mercato la scarsità emergente). Per elaborare una visione del lavoro del futuro dobbiamo scendere dal carro della paura, sciogliere almeno un tema di incertezza: l’innovazione può sostituire un po’ di lavoro esistente e generare nuovo lavoro, ma di sicuro senza innovazione non si salvaguarda nessun lavoro. Il problema dell’innovazione che causa prima una diminuzione di lavoro e poi eventualmente genera nuovo lavoro si risolve cercando di alimentare una nuova cultura del lavoro. L’intelligenza artificiale sembra il luogo nel quale tutti questi nodi vengono al pettine: ha bisogno di lavoro, si teme che ne elimini, attualmente non lo sta facendo, alla lunga non lo farà se la comprendiamo…

Gli articoli che ne parlano sul Sole 24 Ore sono:
Il lavoro del futuro una realtà già in atto
Innovazione per abbracciare le opportunità
Come influenzerà il lavoro degli umani l’intelligenza artificiale?
(In proposito, l’Economist va nella stessa direzione: Artificial intelligence will create new kinds of work, edizione a pagamento).

Altri argomenti emersi nel frattempo:
L’ineguaglianza, l’ascensore sociale e il lavoro del futuro
Il vero problema dell’auto che si guida da sola. MIT
La ricerca ideologica della creatività automatica

Per scrivere altri commenti e magari mandarli al Sole 24 Ore: Il lavoro del futuro. Una ricerca. (Vuoi contribuire?)

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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