Deve esserci un preciso momento in cui il possibile muore nel potere.
Una persona lotta per cambiare le cose, riesce a ottenere i mezzi per realizzare i suoi obiettivi, comincia a usarli e si trova a dover scegliere: tra consumare quei mezzi per compiere il cambiamento che voleva o difenderli da chi glieli vuole portare via.
Visto dall’esterno, quel momento si riconosce solo dai suoi frutti nel tempo.
Ma per la persona è in un preciso sistema di relazioni: se quello che fa discende da ciò che voleva fare, o se quello che fa deriva dalle richieste o dalle pressioni o dalle azioni altrui.
Il possibile diventa potere quando il potente opera le sue scelte per mantenere il potere decidendo non in base a un programma che si è dato ma in base alla necessità di accontentare qualcuno, evitare rotture di scatole da qualche altro, cercare consenso e negare il dissenso. Sono i momenti in cui il potere può diventare violento ma è certamente stupido.
La – potenziale – grandezza del possibile si vede quando qualcuno fa ciò che ritiene giusto. La tragicomica meschinità del potere si vede quando il senso affonda nello strumento e vi si perde.
[…] potrei dirvi che sto molto riflettendo sulle poche e apodittiche righe che ha scritto Luca De Biase sulla natura del potere: e che mi piacciono molto e che magari le riprenderò un giorno, per provare a dire cose che […]
[…] La X Commissione della Camera ha approvato all’unanimità la relazione conoscitiva sull’industria 4.0. E ha presentato i risultati ieri, con il presidente Guglielmo Epifani, il deputato Lorenzo Basso, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia. Non si è esercitato il potere, ieri, si è fatto esercizio di possibilità (#evviva). […]