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Apple – FBI… Più passa il tempo più ci si sente presi in giro

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Più arrivano informazioni sulla vicenda che oppone la Apple all’FBI, meno questa vicenda sembra trasparente e comprensibile. La reazione di Apple è sembrata a molti sproporzionata: chi la vuole vedere solo come una questione di marketing non riesce a capire come Tim Cook, per fare la figura del combattente per la privacy, abbia pensato di giocarsi l’azienda (NyTimes). In effetti, dovesse perdere, Cook non potrebbe più dire che i suoi iPhone sono sicuri. Difficile pensare che sia stato un moto irrazionale a spingere Cook: più probabile è che la sua posizione sia effettivamente difficile. In realtà, a forza di leggere su questa vicenda viene da pensare che l’FBI abbia trovato un modo per “incastrare” la Apple. L’FBI ha collegato la sua richiesta di sbloccare un iPhone alla strage di San Bernardino: di fronte a questo genere di cose si abbassano le barriere del senso critico e quindi un tizio come Donald Trump ha potuto dire ai suoi seguaci che la Apple sbaglia a non aiutare il paese a perseguire il terrorismo.

Ma se si leggono i fatti che man mano emergono si scopre che il telefono personale del presunto “terrorista” morto era già stato distrutto, ma si viene a sapere che il telefono di cui si parla era un iPhone di proprietà dell’azienda per la quale il presunto “terrorista” lavorava e dunque l’Fbi ha già potuto vedere tutto quello che voleva o quasi (MDM, per esempio, oppure altri sistemi), ma non è riuscita a bucare il sistema di immissione del pin… Si può certamente introdurre un nuovo software che risolva questo problema ma è impossibile farlo creando un software che funzioni una sola volta, e senza far venire all’FBI la voglia di chiedere la stessa cosa molte e molte altre volte. Per molti cedere ora sarebbe pericoloso (Maverick). Per Cook sarebbe molto pericoloso (Apple).

La Apple continua a metterla giù dura (Apple) spalleggiata dagli altri OTT (NyTimes), e non dagli operatori telefonici (uhmmm). La paura fa accettare misure contro la libertà che altrimenti non sarebbero accettate: è precisamente per questo certe volte chi vuole ottenere qualcosa dalle persone che altrimenti non concederebbero alimenta la paura, o la sfrutta (vedi anche: Harvard, Don’t Panic). La FBI sa già praticamente tutto del presunto “terrorista”. Il Bureau è già entrato anche nell’iCloud, oltre che in tutto quello che è consentito nell’iPhone da parte dell’azienda. Che cosa vuole l’FBI? Sbaglierò: ma non ha bisogno di leggere il telefono. Vuole piuttosto affermare il principio che nessuna tecnologia prodotta in America deve essere più forte della capacità del Bureau di bucarla. Un principio che in passato ha reso possibile la sorveglianza di massa dell’NSA. Una forma di sorveglianza che dopo lo scandalo innescato da Snowden è diventata un poco più difficile da praticare.

Vedi anche:
Donald Trump contro Tim Cook. La storia che sarà scritta dal caso Apple vs. FBI e il senso delle proporzioni
Meravigliosa vicenda Apple vs. FBI

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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