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Escalation Apple vs. FBI

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Le notizie si susseguono e la vicenda Apple vs. FBI sta crescendo e si va precisando. Si tratta di un’escalation. Sembra che nessuna delle parti sia orientata a cedere. E che il rilancio sia destinato a continuare.

Per comprendere forse vale la pena di riassumere alcuni punti. Perché si ha l’impressione che gli argomenti dei sostenitori dell’FBI siano più immediati ed emozionali, mentre quelli dei sostenitori della Apple richiedono uno sforzo di concentrazione che non tutti sono disposti a compiere. Sicché la maggioranza – risicata – degli americani dà ragione all’FBI e Trump cavalca il semplicismo. Ci si è trovato invischiato Bill Gates che non aveva ben approfondito e sulle prime aveva dato ragione all’FBI per poi ripensarci. Ma la posizione della Apple merita di essere compresa meglio. Se non altro per capire perché Tim Cook ha deciso di giocarsi così tanto. Dovesse perdere infatti e fosse dunque costretto ad aprire quell’iPhone aziendale usato dal presunto terrorista, dopo quello che ha detto, Cook si troverebbe in grandi difficoltà e non potrebbe più dire che i suoi prodotti sono sicuri per la protezione dei dati dei loro utilizzatori (vedi un post precedente qui).

Un paragone sta cominciando a circolare per venire in aiuto della comprensibilità della posizione della Apple: la richiesta dell’FBI è simile a un ordine rivolto a un costruttore di casseforti che imponga di costruire una chiave speciale che le apra tutte per poi andare con quella chiave ad aprire le casseforti dove un giudice ritiene che gli inquirenti debbano poter entrare per vedere se trovano qualcosa di utile per le loro indagini. Se quella chiave venisse costruita non ci sarebbero più casseforti sicure, perché non solo il governo potrebbe abusarne ma anche i criminali potrebbero trovare il modo di entrarne in possesso. Nel caso Apple, poi, la questione è ancora più delicata, perché si tratterebbe di costruire una tecnologia nuova, non soltanto una chiave: una sorta di nuovo sistema operativo che superi quello attuale. E che uno spiritoso tecnologo come Dan Guido ha chiamato FBiOS (BoingBoing). A pensarci bene sarebbe un precedente particolarmente strano: sarebbe come se tutte le case produttrici di tecnologia dovessero costruire qualunque cosa il governo chieda loro per aiutare la repressione del crimine: una pretesa infinita e pericolosamente distante dal loro compito normale (ProPublica).

Insomma. Trump pensa che la Apple dovrebbe sbrigarsi a obbedire, punto e basta: nel quadro della lotta al terrorismo il potere dello stato è infinito e le sue pretese possono essere sproporzionate. La Apple pensa che sia un’assurda e agghiacciante pretesa: da un lato, il suo mestiere è fare prodotti sicuri per i dati dei clienti non fare nuovi prodotti che li rendano meno o per nulla sicuri; dall’altro, la proporzione tra sicurezza e privacy è fondamentale e irrinunciabile.

Per questo, due notizie vanno sottolineate. La Apple sta progettando prodotti ancora più inviolabili (NyTimes). E l’FBI sta chiedendo di poter aprire altri nove telefoni (NyTimes). È una vera e propria escalation. È come se entrambe le posizioni si radicalizzassero. La Apple sembra voler sostenere che pur potendo perdere questa battaglia, renderà la guerra sempre più difficile per l’FBI. E d’altra parte l’FBI sembra voler affermare che ha il diritto di chiedere lo sblocco di qualunque telefono alla sua casa produttrice. E non sembra avere intenzione di fermarsi di fronte a nulla: social network, motori di ricerca, termostati connessi e internet delle cose… Sicché tutte le aziende che comprendono la rete si stanno opponendo all’FBI. Come dice Neil Richards intervistato sul New York Times (The Apple Case Will Grope Its Way Into Your Future):

“This case can’t be a one-time deal,” said Neil Richards, a professor at the Washington University School of Law. “This is about the future.”

Mr. Richards is the author of “Intellectual Privacy,” a book that examines the dangers of a society in which technology and law conspire to eliminate the possibility of thinking without fear of surveillance. He argues that intellectual creativity depends on a baseline measure of privacy, and that privacy is being eroded by cameras, microphones and sensors we’re all voluntarily surrounding ourselves with.

“If we care about free expression, we have to care about the ways in which we come up with interesting things to say in the first place,” he said. “And if we are always monitored, always watched, always recorded, we’re going to be much more reluctant to experiment with controversial, eccentric, weird, ‘deviant’ ideas — and most of the ideas that we care about deeply were once highly controversial.”

Secondo molti osservatori se ne uscirà soltanto con una nuova legge. Ma l’amministrazione di Barack Obama ha già fatto sapere che non chiederà una legge per consentire all’FBI di ottenere che le aziende di tecnologia siano costrette a obbedire agli ordini del Bureau. (Anzi). E se questo era ciò che voleva l’FBI facendo partire questa strana battaglia, l’0biettivo è per ora fallito. Certo che se al prossimo giro vincesse uno come Trump…

update: Intanto è arrivato il ricorso di Apple

Da tenere presente:

Apple can comply with the FBI court order
On the San Bernardino Suspect’s Apple ID Password Reset
Will the Internet of Things Enhance Democracy or Empower Autocrats?

Vedi anche:

Chi capisce la questione Apple vs. FBI – Bill Gates o Yochai Benkler?
Apple – Fbi… Più passa il tempo più ci si sente presi in giro
Donald Trump contro Tim Cook. La storia che sarà scritta dal caso Apple vs. FBI e il senso delle proporzioni
Meravigliosa vicenda Apple vs. FBI

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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